Surroi: l’Ue paga, l’Onu decide e il Kossovo va
sempre peggio
di Alessandro Gisotti
[07 dic 04]
Pristina. Strana coppia quella che
guida l’esecutivo kosovaro, formatosi la settimana scorsa. Il
presidente, Ibrahim Rugova, viene considerato un pacifista, addirittura
il “Gandhi dei Balcani”. Il premier, scelto da Rugova stesso, Ramush
Haradinaj, è invece un ex guerrigliero dell’Uck, ora sotto la lente di
ingrandimento del Tribunale internazionale dell’Aja, che indaga sul suo
non limpido passato. Un governo che non durerà a lungo. Questa, almeno,
è la convinzione di Veton Surroi, leader del partito “Ora”, che
incontriamo nella sua sede nel centro di Pristina. Il prossimo anno si
discuterà dello status del Kossovo, attualmente ancora provincia serba,
seppur sotto protettorato Onu. “Purtroppo – prevede Surroi – andremo
incontro ad una crisi di governo nella regione, tanto in Kossovo quanto
in Serbia. Sarà molto difficile la realizzazione di una chiara linea
politica capace di assumersi la responsabilità di continuare il processo
di normalizzazione”. Magnate dell’informazione kosovara, figlio di un
diplomatico, Surroi parla perfettamente l’inglese, persino con accento
americano. “Mi considero un riformista, come si intende in Europa
occidentale”, spiega. “Il mio movimento politico è l’unico che nella
campagna elettorale di ottobre non si è concentrato solo
sull’indipendenza del Kossovo. Abbiamo affrontato anche questioni come
l’economia agricola, la creazione dei posti di lavoro, il ritorno dei
rifugiati serbi”. Già, proprio nel rapporto con Belgrado, Surroi sembra
marcare le differenze rispetto agli altri politici kosovari. “Veniamo da
una realtà di apartheid durata quindici anni sotto Milosevic. Non credo
che la Serbia abbia il diritto di porre il veto sullo status del
Kossovo. Penso, però, che dobbiamo avere il coraggio di riconoscere i
diritti dei serbi kosovari. Il ritorno dei rifugiati è una richiesta
legittima da parte di Belgrado”.
Le idee di Surroi, a cui gli americani guardano con simpatia, non hanno
fatto breccia nell’elettorato. Alle elezioni del 23 ottobre, il partito
“Ora” – messo in corsa nel giro di pochi mesi – ha ottenuto sette seggi
parlamentari su 120. E’ andato bene a Pristina, male nelle campagne. Per
Surroi, è colpa delle forze conservatrici presenti nel Paese. “Il
sistema non è pensato per favorire un cambiamento. Ci sono molte
questioni in ballo e molte cause di conflitto. E’ come spostare un
carroarmato. Si può fare, ma ci vuole tempo”, sintetizza con una
metafora. “La gente – avverte – è stanca di questa situazione. La nostra
società soffre la peggiore stagnazione in Europa. Abbiamo il 70 per
cento di disoccupazione. Viviamo in un sistema economico che non crea
lavoro”. Perché è così difficile investire in Kossovo, chiediamo
all’imprenditore Surroi? “Qui gli ostacoli agli investimenti non sono
tanto legati alla sicurezza. Derivano piuttosto dall’eccessiva
burocrazia. Oggi abbiamo 4 livelli legislativi: le legge jugoslava dei
tempi di Tito, le regole dell’Unmik (la missione Onu a Pristina ndr), la
legislazione serba e quella kosovara. Quando hai quattro sistemi
legislativi significa che non ne hai neanche uno”. Eppure, gli
ricordiamo, l’Ue ha speso miliardi di euro per la ricostruzione del
Kossovo. Per Surroi, che pure guarda all’integrazione europea come un
obiettivo da perseguire, “l’Europa si trova in una situazione alquanto
curiosa. Sta pagando il conto di un complicato processo. Ma le decisioni
vengono prese al Palazzo di Vetro. Così, l’Unione Europea è criticata
per le cose che non ha fatto, ma che ha comunque sovvenzionato”. Il
leader di “Ora” individua l’origine di questo paradosso. “Nel 1999,
tutti erano felici di scaricare il problema sull’Onu. L’Unione Europea
ha progressivamente perso interesse per il Kossovo. Doveva pensare
all’allargamento”.
07 dicembre 2004
gisotti@iol.it
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