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		Usa: il dominio repubblicano a sud della linea 
		Mason-Dixondi Antonio Scalari
 [25 dic 04]
 
 Negli Stati Uniti orientali corre una linea convenzionale, la
 Mason-Dixon, che prende il proprio nome dai due cartografi che la 
		tracciarono nel 1767. Durante la Guerra Civile, la Mason-Dixon divenne il simbolo della 
		divisione tra gli stati del Nord e quelli del Sud. Oggi rappresenta il 
		confine settentrionale di quella che potremmo chiamare la GOPland, la 
		terra del Partito Repubblicano, che nelle elezioni del 2 novembre ha 
		fatto man bassa dei 168 voti elettorali e dei seggi del Congresso in 
		palio nella regione, configurando una “maggioranza strutturale” con la 
		quale ha messo il lucchetto agli 11 stati della vecchia Confederazione, 
		più il Kentucky e l’Oklahoma. Secondo Ronald Brownstein, analista 
		elettorale del Los Angeles Times, i democratici non riescono più a 
		trovare la chiave di questa “serratura”.
 
        Il Times, 
		servendosi dei dati statistici raccolti in collaborazione con l’istituto 
		Polidata, ha effettuato un’analisi del voto nelle ultime presidenziali, 
		analisi di cui dà conto nel suo articolo Brownstein, che però ci avverte 
		come “nemmeno quei numeri drammatici” riescano ad esprimere l’ampiezza 
		della vittoria repubblicana. E che “i risultati sottostimano l’enormità 
		dell’impresa che i Democratici si trovano di fronte”. La 
		“schiacciante performance” di Bush, che ha conquistato la maggioranza in circa l’85% delle contee, ha 
		relegato il colore blu dei Dems e di Kerry a “poche isole sparse”. Come 
		spiega Brownstein, JFK è il candidato democratico che ha vinto meno 
		contee nel Sud dai tempi della Depressione e solo George McGovern nel 
		1972 e Walter Mondale nel 1984 hanno fatto peggio di lui. Mentre Bush è 
		stato il primo dai tempi di Franklin Roosevelt ad aggiudicarsi più di 
		mille contee meridionali per due elezioni di seguito, fermando Kerry a 
		quota 216. Meglio anche di Reagan. 
		 
        Ma il punto 
		fondamentale è che a rafforzarsi è tutto il Partito Repubblicano che 
		conquista 22 dei 26 seggi in palio per il Senato in questi 13 stati e 
		che porta il suo vantaggio in questa area, nei collegi della House, da 
		27 prima di Bush a 40 seggi. Brownstein spiega come fra gli analisti ci 
		sia accordo nel ritenere che questo risultato possa essere visto come 
		l’espressione della quarta di una serie di ondate successive lungo le 
		quali, nel ventesimo secolo, si è svolta la progressiva conquista del 
		Sud da parte dei Repubblicani. Il GOP, quando nacque, negli anni ‘50 
		dell’800, era il partito del Nord antischiavista, di Lincoln, e rimase 
		bandito dal Sud fin dopo Franklin Roosevelt. I primi successi li ottenne 
		con Eisenhower e poi sotto la presidenza democratica di Johnson, quando 
		l’opposizione alla Great Society e alla battaglie per 
		i diritti delle minoranze portò alla prima ondata di 
		successi repubblicani. Dopo la parentesi Carter, ci fu la seconda ondata 
		con Reagan (il vero punto di svolta, come dicono i fratelli Merle e Earl 
		Black nel libro “The Rise of Southern Republican”). Poi la terza ondata 
		con le elezioni di mid-term del 1994 e il “Contract with America” di 
		Newt Gingrich. 
        Tuttavia 
		Clinton e i Democratici tennero ancora nel 1992 e nel 1996 e in entrambe 
		le tornate l’ex presidente conquistò cinque dei tredici stati in 
		questione. Ma con George W. Bush è arrivato il colpo di grazia per 
		l’asinello. “Siamo fuori dal business”, si dispera J. W. Brannen, 
		chairman dei Democratici nella contea di Russell, Alabama. Mentre Karl 
		Rove, il genio della rielezione, spiega come questo trionfo sia frutto 
		di un processo che ha acquistato slancio nei quattro anni di primo 
		mandato di Bush. E si chiede come i Democratici possano anche solo 
		disturbare questa avanzata. E’, dunque, come dice il pollster 
		repubblicano White Ayres, un insieme di tendenze a lungo termine, che 
		partono dal passato, e di fattori più immediati a spiegare il vantaggio 
		ottenuto da Bush e dai repubblicani. Vale a dire il conservatorismo 
		diffuso, naturale, di default, sui temi sociali, sui valori culturali, 
		sulla sicurezza nazionale, che ha portato alla ribalta l’elefantino 
		repubblicano, insieme al rifiuto di un liberal del nordest come Kerry a 
		fronte di un conservatore naturalizzato texano come Bush. 
		 
        Non a caso 
		Brownstein illustra come Kerry sia riuscito a star dietro a Bush, quando 
		non a vincere, solo (ma anche qui ha fatto peggio di Clinton) nelle 
		contee dove le minoranze sono la maggioranza, come i latinos in certe 
		zone del Texas, in quelle con forti rappresentanze sindacali, nelle 
		città che ospitano i college e le università, nei paradisi per 
		pensionati in Florida, in quelle zone della Virginia vicine alla liberal 
		Washington. Prendendo voti, in generale fra il pubblico impiego e i 
		professionisti istruiti. Si tratta, comunque, di una mezza verità: 
		perché la debacle democratica non ha conosciuto confini di classe ed 
		etnia, anche in altre zone del Paese, anche se naturalmente il Los Angeles Times 
		sottolinea spesso che Bush ha stravinto nelle contee a 
		maggioranza bianca. 
		 
        I Dems, 
		insomma, riescono a far breccia solo in quel Sud che assomiglia al Nord. 
		Kerry ci ha messo del suo, snobbando la vecchia Confederazione nei suoi 
		tour elettorali. E non è servita neppure la scelta di un candidato vice 
		della North Carolina come John Edwards. Brownstein cita Ed Kilgore, il 
		policy director del Democratic Leadership Council, il gruppo dirigente 
		centrista democratico, che osserva come la crescita delle zone rurali, 
		la polarizzazione dei partiti e la diminuzione della tendenza al 
		ticket-splitting (il voto disgiunto tra candidato-presidente e partito) 
		da parte degli elettori, contribuiscano alla formazione di quella 
		“maggioranza schiacciante” repubblicana nel Sud. “La lezione è che 
		dobbiamo essere competitivi in più parti del Paese”. Insomma, il 
		centrismo clintoniano pare essere l’unica chiave che ha permesso e può 
		permettere ai Democratici di accedere al forziere di voti del Sud. 
		Essere meno di sinistra è l’unica possibilità per la sinistra di 
		ottenere la fiducia della Right Nation. 
        
		25 dicembre 2004 
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