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        L'autobomba che riporta il Libano nel caosdi Federico Punzi*
 [14 feb 05]
 
 Un'autobomba con 300 chili di esplosivo ha ucciso oggi a Beirut Rafiq 
        Hariri, cinque volte primo ministro libanese, oggi punto di riferimento 
        per le speranze di riforma in Libano e per l'opposizione anti-siriana. 
        «Dure condanne» sono giunte dall'Iran, dalla Siria, e dalla Francia, che 
        chiede un'inchiesta internazionale. Un pesante imprevisto per gli 
        obiettivi di politica estera della Casa Bianca, che infatti condanna 
        duramente l'assassinio: «Questo assassinio ricorda in modo terribile che 
        il popolo libanese deve poter determinare il proprio avvenire politico 
        senza violenza e libero dall'occupazione siriana», ha dichiarato il 
        portavoce della Casa Bianca Scott McClellan.
 
 Dopo le elezioni in Iraq e Palestina, Rafiq Hariri rappresentava il 
        leader chiave nel quale riporre le speranze di riforma del sistema 
        politico libanese. Avrebbe certamente guidato le opposizioni nella 
        campagna di questa primavera per le elezioni legislative. Hariri lo 
        scorso anno si è opposto al prolungamento del mandato del presidente 
        filo-siriano Lahoud e si opponeva all'occupazione siriana del Libano.
 
 Il sito israeliano Debka
        
        chiama in causa i servizi militari 
        siriani guidati dal generale Rostum Ghazala. L'uccisione dell'ex premier 
        libanese dimostra, secondo il ministro israeliano degli Esteri Silvan 
        Shalom, che «sono in corso tentativi di alterare la stabilità del Medio 
        Oriente ed impedire la democratizzazione nel mondo arabo». Da parte sua 
        il vicepremier laburista Shimon Peres ha condannato l'uccisione di 
        Hariri anche se ha osservato che «non era certo un combattente per la 
        libertà e per la indipendenza. Il Libano ha rinunciato alla sua libertà 
        e si è arreso a gruppi armati che operano a piacimento, sotto la egida 
        siriana». Un «attacco alla democrazia» anche secondo la diplomazia 
        britannica. Manifestanti sono scesi in strada a Beirut per gridare 
        slogan anti-siriani e al «complotto contro la comunità sunnita del 
        Libano», invitando a «boicottare» le prossime elezioni legislative.
 
 Lo scenario
 
        Per la prima 
        volta in anni di conflitto arabo-israeliano i maggiori leader 
        dell'opposizione libanese hanno deciso di esercitare pressioni sul 
        governo per il riconoscimento di Israele e la firma di un trattato di 
        pace separato, indipendentemente da Damasco. Hariri si era fatto 
        promotore di questo movimento, reso possibile dalla risoluzione del 
        Consiglio di Sicurezza dell'Onu del 29 gennaio scorso. Stabilendo che i 
        territori contesi lungo il confine settentrionale di Israele facevano 
        parte, prima della guerra del 1967, del Golan siriano - e non del Libano 
        - viene sottratta al gruppo terrorista sciita di Hezbollah la principale 
        giustificazione per gli attacchi contro Israele, lasciando liberi i 
        leader libanesi di iniziare i negoziati con Tel Aviv. Tolta di mezzo 
        tale questione, il Libano infatti non ha ulteriori contese territoriali 
        con Israele e niente più a che fare con la contesa tra Israele e Siria 
        sul Golan. Nulla osta dunque a che fra Israele e Libano siano stabiliti 
        normali rapporti.
 Per l'amministrazione Bush, questi passi, volti a isolare la Siria di 
        Assad e i gruppi di Hezbollah, erano strettamente collegati con 
        l'eventuale vittoria di Hariri e dei suoi due alleati alle prossime 
        elezioni libanesi, che avrebbero fatto da corollario alle altre tre 
        elezioni democratiche in Medio Oriente (Afghanistan, Iraq, Palestina). 
        Per Washington il test chiave sul regime del presidente siriano Assad è 
        costituito non tanto dal ritiro delle truppe siriane o dal rispetto 
        della risoluzione 1559 dell'Onu sul Libano, certo importanti, ma dalla 
        fine dell'influenza dell'intelligence siro-libanese che controlla 
        l'intero mondo politico libanese. L'assassinio di Hariri va letto quindi 
        nel contesto sia delle molte forze del terrore in attività in Medio 
        Oriente, sia del sostegno di Assad al terrorismo e al governo 
        pro-siriano di Beirut. L'attentato è destinato infatti ad avere 
        un'influenza negativa sul processo di riconciliazione tra Sharon e Abu 
        Mazen e sulle chance di convincere i gruppi palestinesi al 
        cessate-il-fuoco.
 
 14 febbraio 2005
 
        
        f.punzi@radioradicale.it 
        * 
        Federico Punzi è il titolare del blog 
		
        
        JimMomo   |