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		La democrazia si fa largo anche in Egitto di Federico Punzi*
 [27 feb 05]
 
 L'annuncio di sabato 26 febbraio, in un discorso televisivo alla 
		nazione, del presidente egiziano Hosni Mubarak è arrivato a sorpresa, ma 
		dopo settimane di mobilitazioni popolari per le riforme democratiche. Il 
		presidente ha investito il Parlamento di emendare la Costituzione per 
		consentire l'elezione diretta del capo dello Stato, riconoscere a tutti 
		i cittadini il diritto di candidarsi e garantire loro la segretezza del 
		voto. Un'iniziativa «di portata storica» per «aprire una nuova era di 
		riforme», proprio come aveva chiesto a più riprese Bush. Solo poche 
		settimane fa il presidente americano, nel discorso inaugurale del 
		secondo mandato in cui esponeva la sua "dottrina della libertà", aveva 
		"invitato" per la prima volta due dei Paesi fino a oggi "amici" degli 
		Stati Uniti in Medio Oriente, Egitto e Arabia Saudita, a procedere con 
		determinazione verso la democrazia.
 
 «Una modifica appropriata per essere in linea con questa fase della 
		storia del nostro Paese», l'ha definita Mubarak. Finora, in Egitto, le 
		presidenziali consistevano in un referendum in cui gli elettori erano 
		chiamati a votare "sì" o "no" per un unico canditato approvato dal 
		Parlamento. «L'elezione del presidente avverrà attraverso uno scrutinio 
		diretto e segreto, per dare la possibilità ai partiti politici di 
		candidarsi e garantire la presenza di più di un candidato, perché il 
		popolo possa scegliere secondo la sua volontà», ha annunciato Mubarak 
		oggi, dicendosi convinto «della necessità di consolidare gli sforzi per 
		più libertà e democrazia».
 
 Il presidente Mubarak, 76 anni, è al potere da 23 anni, dall'assassinio 
		del presidente Anwar Sadat nell'ottobre 1981. E avrebbe l'intenzione di 
		intraprendere un quinto mandato di sei anni alla guida dell'Egitto, 
		anche se non ha ancora annunciato ufficialmente la sua candidatura. Il 
		"Movimento popolare per il cambiamento", che rappresenta un ampio 
		universo di soggetti politici e sigle, ha organizzato numerose 
		manifestazioni dallo scorso dicembre, con lo slogan "Kefaya" (Ora 
		Basta!), per chiedere a Mubarak di rinunciare a un nuovo mandato ed 
		emendare la costituzione, con l'obiettivo di aprire le elezioni a più 
		candidati. Già prima dell'annuncio di Mubarak, in tre si sono candidati 
		per le future presidenziali: l'ex deputato Farid Hassanein, l'ex 
		dissidente Ibrahim Saad Eddine e la femminista Nawal Saadawi.
 
 Scrive il New York Times: «L'annuncio a sorpresa, una risposta ai 
		critici che invocano riforme politiche, giunge poco dopo le storiche 
		elezioni in Iraq e nei Territori palestinesi, consultazioni che hanno 
		portato un gusto per la democrazia nella regione. Giunge anche nel mezzo 
		di una controversia con gli Stati Uniti sull'arresto da parte egiziana 
		di uno dei più forti promotori di elezioni pluraliste». Ayman Nour, a 
		capo del partito liberale Al-Ghad, è stato arrestato il 29 gennaio dopo 
		aver raccolto circa 2 mila firme per assicurare una licenza al suo 
		partito. Un arresto politico, denunciano i gruppi per i diritti civili. 
		Arresto fortemente criticato dal segretario di Stato Condoleezza Rice, 
		la cui decisione di cancellare la sua visita in Medio Oriente per la 
		prossima settimana potrebbe essere legata anche alla detenzione di Nour.
 
 Nei Paesi arabi oggi, sottolinea David Brooks sempre sul New York Times, 
		dopo le elezioni in Iraq e Palestina, la gente si chiede "Perché qui non 
		si può?": «La gente in Europa dell'Est ha guardato la gente in Europa 
		occidentale e si è chiesta, Perché non qui? La gente in Ucraina ha 
		guardato la gente in Georgia e si è chiesta, Perché non qui? La gente 
		nel mondo arabo guarda agli elettori in Iraq e si chiede, Perché non 
		qui?». Prima della cacciata di Saddam Hussein, e senza la strategia 
		americana di democratizzazione in Medio Oriente, rispetto alle quali 
		l'Europa franco-tedesca e prodiana si era messa di traverso, tutto 
		questo era inimmaginabile.
 
 Favorevoli i primi commenti, anche se molto ancora resta da fare. 
		«L'annuncio del presidente Mubarak per la riforma è una buona cosa ma 
		non è sufficiente», dichiara Hussein Abdul Razzak, segretario del 
		partito "Raggruppamento Progressista Unionista" alla tv satellitare 
		araba al Jazeera. Ora l'abolizione della legge sullo stato di emergenza, 
		che di fatto, «nega il principio di pari opportunità tra i candidati».
 
 Commento identico quello di Emma Bonino: «Uno sviluppo positivo, un 
		passo fondamentale verso la trasformazione democratica in Egitto. «Certo 
		molto rimane da fare dall'abolizione delle leggi di emergenza ad un 
		riesame anche di altri articoli della Costituzione in particolare quello 
		relativo al limite dei mandati presidenziali possibili, limite 
		attualmente inesistente. Ma non vi è dubbio che oggi è un giorno 
		importante per l'Egitto e dimostra come il mondo arabo stia affrontando 
		una stagioni di cambiamenti, impensabile fino a qualche tempo fa. Non 
		sarà strada facile né lineare: lo dimostra per esempio il persistere 
		della detenzione del deputato Ayman Nur, presidente del nuovo partito 
		liberale al Ghad, l'alfiere più deciso e popolare di questa richiesta di 
		modifica costituzionale, ostinatamente negata dall'establishment 
		egiziano fino ad oggi».
 
 Le modifiche costituzionali dovrebbero essere approvate entro maggio, 
		auspica lo stesso Mubarak. In seguito all'annuncio, i due rami del 
		Parlamento hanno tenuto riunioni per predisporre le procedure 
		conseguenti. Il presidente della "Shura" (o Consiglio Consultivo, 
		equivalente in parte al Senato), Safwat El Sherif - anche segretario 
		generale del partito di governo, il Partito Nazionale Democratico (Ndp) 
		- ha trasmesso la richiesta di emendamenti dell'articolo 76 della 
		Costituzione alla Commissione per gli Affari costituzionali e 
		legislativi, che si riunirà il 5 marzo.
 
 Lunedì 28 febbraio, invece, si riunirà in sessione straordinaria il 
		Comitato generale dell'Assemblea del Popolo (la Camera), secondo quanto 
		ha annunciato il presidente, Fathi Sorour, durante la riunione speciale 
		svoltasi stamane. L'intero iter per le modifiche della Costituzione a 
		proposito delle procedure di elezione del presidente dovrebbe 
		concludersi prima di settembre, quando è prevista la scadenza 
		dell'attuale mandato di Mubarak. La democrazia si fa largo a spallate in 
		Medio Oriente.
 
 27 febbraio 2005
 
        
        f.punzi@radioradicale.it 
        * 
        Federico Punzi è il titolare del blog 
		
        
        JimMomo 
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