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		Soft Power: 
		istruzioni per l'usodi Federico Punzi*
 [22 apr 05]
 
        
		L'editoriale 
		di ieri di Gualtiero Vecellio, che su Notizie Radicali 
		partiva dal "soft power" per approdare in modo coerente e suggestivo sui 
		lidi neocon individuava precisamente la tesi-formula coniata da Joseph 
		S. Nye jr: siccome «alla lunga non vince chi è il più forte ma chi ha 
		cultura e ragione dalla propria parte», contro la sfida del terrorismo 
		islamico occorre esercitare un'egemonia culturale capace di conquistare 
		i favori del mondo arabo-musulmano, di attrarre i cuori e le menti di 
		quei popoli verso la libertà e la democrazia. Quindi, occorre potenziare 
		gli strumenti del "soft power", le armi spuntate della cultura e 
		dell'informazione (in Europa ancor più spuntate che in America) rispetto 
		alle armi dell'"hard power" alle quali fin troppo ci si affida. 
		 
        
		Riconoscere che il fondamentalismo 
		islamico odia gli Stati Uniti, non l'amministrazione Bush ma gli Stati 
		Uniti, «per quello che sono, rappresentano; per i sogni e le speranze 
		che sono capaci di suscitare; per le opportunità che offrono», cioè 
		proprio per il "soft power" che riescono ad esercitare sul mondo, ci 
		conduce a una riflessione. Di fronte all'esercizio del "soft power" 
		americano, e/o occidentale, gli uomini e le donne del mondo 
		arabo-musulmano, ma più in generale del mondo "non libero", reagiranno 
		presumibilmente in due modi opposti. Da una parte, in molti si 
		lasceranno attrarre volentieri verso libertà e democrazia nelle quali 
		sapranno e vorranno vedere dei motori di buon governo e di sviluppo, di 
		liberazione dell'individuo anche socio-economica, non in contraddizione 
		con la propria identità culturale. Dall'altra, in molti vi vedranno una 
		"azione" di penetrazione - economica, culturale, politica - che minaccia 
		l'integrità e l'esistenza stessa della loro civiltà, provocando in 
		questi uomini e donne antinomie sociali e culturali. Questi ultimi 
		sentiranno l'esigenza di opporre una "reazione" a quella che sarà 
		avvertita come minaccia esistenziale e costituiranno terreno fertile per 
		il reclutamento nel fondamentalismo islamico contro l'odiato 
		imperialismo americano. 
		 
        
		Non dobbiamo dimenticare che il "soft 
		power" - come lo è l'"hard power" - è anche parte del problema, e non 
		solo parte della soluzione. Questo proprio nel caso in cui ci troviamo 
		di fronte a qualcuno che ci odia per quello che siamo e non solo per 
		quello che facciamo. Il "soft power" ci aiuterà insomma a dialogare con 
		la parte moderata del mondo arabo-musulmano, a sostenere quanti lottano 
		già per la libertà e la democrazia in quelle società chiuse, ma non ci 
		aspettiamo che ci sia di aiuto contro i fondamentalisti, i quali 
		sentiranno anzi l'urgenza di rispondere con più violenza. Quanto più 
		l'esercizio di "soft power" è aggressivo, tanto dobbiamo mettere in 
		conto fin da subito che spingerà molti nelle braccia del 
		fondamentalismo. Riusciremo con il "soft power" a rafforzare, a dare 
		voce, a rendere consapevole di sé una parte consistente e moderata delle 
		società arabe, a svilupparne le potenzialità rendendola capace di 
		reagire essa stessa al fondamentalismo. A questo possiamo mirare, e sarà 
		molto, sarà anzi determinante. Al contempo è probabile che il "soft 
		power" non riesca a intaccare le capacità di reclutamento del 
		terrorismo. Dobbiamo essere consapevoli di questo per non illuderci con 
		aspettative mal poste. 
		 
        
		Di fronte ad ogni organizzazione 
		terroristica la prima domanda che dobbiamo farci è: ci odiano per quello 
		che facciamo, o per quello che siamo? Dalla risposta che diamo a questo 
		quesito dipendono la strategia di contrasto da adottare e le dosi di 
		diplomazia, di politica, "soft power", o "hard power", o nonviolenza, 
		che è necessario "somministrare". Non bisogna commettere l'ingenuità di 
		credere che quanti "senza se e senza ma" si oppongono all'idea che con 
		l'uso della forza militare possano essere effettivamente liberati popoli 
		oppressi siano pronti ad abbracciare l'uso del "soft power", che ai loro 
		occhi rimarrà bieco imperialismo americano e capitalista.  
		
		22 aprile 2005 
        
        f.punzi@radioradicale.it 
        * 
        Federico Punzi è il titolare del blog 
		
        
        JimMomo 
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