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		Germania 2005. Paul Kirchhof, la vera novitàdi Francesco Galietti
 [14 set 05]
 
 Si può accusare la Merkel di molte cose, non ultima delle quali di 
        essere piuttosto priva di charme davanti alle telecamere, ma non di non 
        aver avuto il coraggio di osare in questa campagna elettorale. Il coup 
        più spettacolare di Donna Angela è senz'altro stata la scelta come guru 
        economico di Paul Kirchhof, al punto che il signore in questione è 
        divenuto un tema fisso in pressoché ogni dibattito televisivo. Lo si può 
        amare o odiare, ma è impossibile fare finta di non vederlo. E questo non 
        è merito della sua imponenza fisica (Kirchhof è alto ben 1 metro e 97), 
        ma delle sue idee in ambito fiscale. Con la scelta di Kirchhof la Merkel 
        si è infatti votata a una campagna piuttosto aggressiva, cui fa da 
        pendant un'altra star dell'economia tedesca, Heinrich von Pierer, ex 
        amministratore delegato della Siemens e stimato Nestore tra i 
        businessmen teutonici. Anche la FDP, dopo avere a lungo dato 
        l'impressione di non apprezzare le nomine della Merkel, ha abbozzato per 
        bocca del suo esperto di finanza e conti pubblici Hermann Otto.
 
 L'impressione, prima della scelta del duo, era che la Merkel fosse 
        incline a nomine poco ardite, come il sempreverde Stoiber, che 
        difficilmente avrebbero rinfocolato il clima preelettorale. Invece 
        eccolo qui, Paul Kirchhof, il corifeo della flat tax al 25%, il paladino 
        della drastica semplificazione degli adempimenti burocratici. Tutta 
        un'altra musica rispetto al candidato scelto per le politiche 
        giuslavoristiche, Peter Mueller di Saarbruecken, esponente dell'ala 
        sociale della CDU. Kirchhof, al contrario, da sempre si è battuto per la 
        riduzione delle imposte e una riforma tabula rasa del sistema fiscale 
        tedesco. Troppo intrinsecamente inadeguato quello attuale, afferma, in 
        cui l'esasperazione della progressività, con aliquote marginali troppo 
        elevate, fa sì che chi consegue successi economici si veda di fatto 
        costretto al sistematico perseguimento dell'illegalità o debba portare i 
        propri denari all'estero.
 
 E' una vergogna che l'avere successo sia punito, argomenta Kirchhof, ed 
        è ancora più vergognoso che a rimetterci alla fine sia chi non può 
        ricorrere alle dispendiose consulenze di fiscalisti. Con queste stesse 
        argomentazioni, Kirchhof, nell'ormai lontano 1991, quando era giudice 
        nella seconda sezione della Corte costituzionale tedesca 
        (Bundesverfassungsgericht), cassò il tentativo di tassare le rendite 
        finanziarie da parte dell'allora ministro delle Finanze di Helmut Khol, 
        Theo Waigel. Nel 1992 la stessa Corte si pronunciò vietando 
        l'imposizione fiscale di redditi al di sotto della soglia di 
        sussistenza. Nel 1995 Kirchhof guidò la Corte nella storica sentenza per 
        cui allo Stato non doveva essere concesso di tassare più della metà del 
        reddito imponibile. Innumerevoli altre le sue sentenze e prese di 
        posizione con cui si espresse per la concessione di esenzioni in capo a 
        famiglie con bambini, oppure tentò di incentivare la concorrenza tra i 
        Länder tedeschi.
 
 Il programma che oggi, in modo molto roboante, viene riassunto con lo 
        stilema giornalistico "aliquota piatta 25%" in realtà è frutto di una 
        gestazione di parecchi anni, giunta a compimento nell'autunno del 2003, 
        quando Kirchhof per la prima volta presentò il suo progetto. In estrema 
        sintesi, si compone di un'unica aliquota, del 25%, che viene applicata, 
        una volta superata una soglia di esenzione molto bassa, a tutti i tipi 
        di reddito (di lavoro dipendente, di capitale, d'impresa, ecc ecc). A 
        questa regola si affiancherebbe l'eliminazione dell'inquietante pletora 
        di deroghe, meccanismi particolari e regimi speciali. La rinuncia al 
        corposo sistema di deroghe costituisce, a detta di Kirchhof, non solo un 
        guadagno in termini di trasparenza, bensì anche in termini di libertà. 
        Non dovrà più essere lo Stato a prescrivere dove investire, tramite 
        complesse e oscure norme, ma solo la ragionevolezza e il fiuto 
        imprenditoriale.
 
 Un programma indubbiamente di rottura con i tradizionali schemi 
        tedeschi, e forse più simile a logiche reaganiane e thatcheriane, che, 
        visti gli insuccessi dei modelli europei continentali, non può che 
        giovare alla ripresa tedesca e alla concorrenza fiscale tra gli Stati. 
        La concorrenza, infatti, è l'unica medicina per salvare la UE dalla 
        precoce necrosi che connota gran parte delle sue scelte in materia di 
        competitività, ecco quindi perché Paul Kirchhof potrebbe, per usare una 
        formula un po' caricaturale, essere l'uomo del destino.
 
 14 settembre 2005
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