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        Katrina non è stato un 11 settembredi Stefano Magni
 [13 set 05]
 
 Sono passate due settimane, ormai, dal passaggio dell’uragano Katrina su 
        quattro Stati meridionali degli Stati Uniti e il conto delle vittime è 
        arrivato a 513. Il numero è cresciuto all’improvviso, a causa della 
        tragica scoperta di altri 45 corpi senza vita nell’ospadale Memorial 
        Medical Center di New Orleans. Ma molti di essi erano già morti prima 
        dell’uragano, dato che sono stati trovati nell’obitorio.
 
 Il conto delle vittime è da considerarsi definitivo per tre dei quattro 
        Stati colpiti: Mississipi (218 vittime), Florida (14) e Alabama (2), 
        mentre non lo è ancora per la Lousiana e in particolare per New Orleans, 
        ma è veramente difficile, per non dire impossibile, che si arrivi a 
        contare quei 10.000 morti citati nelle prime stime, tra cui quelle 
        diffuse da Ray Nagin, il sindaco democratico di New Orleans. E tantomeno 
        quelle 25.000 vittime per le quali l’amministrazione (per cautela) aveva 
        inviato i body bags. Siamo, insomma, di fronte ad una catastrofe che ha 
        mietuto vittime nell’ordine delle centinaia, forse di un migliaio. E a 
        questo punto il volto della tragedia cambia e dovrebbero anche cambiare 
        le interpretazioni di quanto è accaduto.
 
		Ricordiamo che l’uragano che si è abbattuto sugli Stati Uniti è il più 
        potente che abbia raggiunto il Paese dal 1900. Ricordiamo anche che un 
        uragano di forza analoga, scatenatosi sul Bangladesh nel 1970, ha 
        provocato circa 1 milione di vittime. L’area che è stata colpita da 
        Katrina è estesa all’incirca quanto la Gran Bretagna. La popolazione 
        coinvolta, solo a New Orleans e dintorni, ammonta a circa 1 milione e 
        mezzo di persone. Se i morti si contano nell’ordine delle centinaia, 
        vuol dire che abbiamo assistitito ad un vero miracolo, che il piano di 
        evacuazione predisposto ha funzionato bene e che anche i soccorsi, il 
        vero bersaglio polemico di queste settimane, evidentemente non si sono 
        mossi così lentamente come si dice.
 Quanto ai danni inflitti alla città di New Orleans, ricordate le 
        dichiarazioni secondo cui ci sarebbero voluti “almeno 5-8 mesi” per 
        asciugare la città? Adesso fonti ufficiali parlano di “1 mese o poco 
        più” per drenare tutta l’acqua. E non ci sarà bisogno di ricostruire 
        completamente la città in un altro luogo, come era stato preventivato 
        nei primissimi giorni. L’aeroporto di New Orleans ha già riaperto i 
        battenti, dopo due settimane di inattività, mentre i New Orleans Saints, 
        la squadra di football locale, ha ricominciato a giocare e anche a 
        vincere.
 
 Resta da chiedersi come mai le cifre della tragedia siano state così 
        amplificate da tutti. Più che un serio bilancio delle perdite, questi 
        calcoli fatti i primi giorni della tragedia ricordano maggiormente quei 
        sondaggi che, fino al giorno prima della plateale vittoria di George W. 
        Bush, davano Kerry “alla pari” o addirittura vincente. Soprattutto c’è 
        da chiedersi perché, per le decine di migliaia di vittime dello tsunami 
        nell’Oceano Indiano (quelle sì lasciate in balia degli elementi e del 
        tutto prive di soccorsi da autorità irresponsabili), si organizzano 
        tuttora manifestazioni di solidarietà a quasi un anno di distanza, 
        mentre agli Stati Uniti sono riservate solo accuse, vere e anche false, 
        contro l’amministrazione. Anzi: anche la conta delle vittime fa pesare 
        il piatto della bilancia dalla parte dell’accusa..
 
 13 settembre 2005
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