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		Ucraina, i dolori di una giovane democraziadi Olena Ponomareva
 [28 set 05]
 
 Dopo una prima votazione andata a vuoto, il 22 settembre il Parlamento 
		ucraino ha approvato la candidatura del nuovo primo ministro proposto 
		dal presidente al posto della dimissionata Julia Tymoshenko. E’ il 
		cinquantasettenne Yurij Yekhanurov, economista di formazione con una 
		lunga carriera istituzionale. Tra la prima e la seconda votazione il 
		presidente Yuschenko ha firmato il cosiddetto Memorandum di comprensione 
		reciproca (che tra l’altro garantisce l’amnistia ai falsificatori delle 
		elezioni presidenziali del 2004) con Viktor Yanukovich, colui che era 
		stato il suo contendente nelle tempestose elezioni del 2004. Obiettivo: 
		ottenere dal partito di Yanukovich – forte di 50 seggi parlamentari - i 
		voti necessari all’elezione del nuovo premier. Erano trascorse due 
		settimane dal siluramento del governo Tymoshenko, formatosi dopo i 
		risultati definitivi delle elezioni presidenziali dello scorso inverno, 
		sull’onda di quella che è passata alla storia come la rivoluzione 
		arancione.
 
 La sostituzione del governo della Tymoshenko e gli accordi del 
		presidente con l’ex avversario sono gli elementi principali della crisi 
		politica in Ucraina. Il governo Tymoshenko fu il frutto di una 
		eterogenea coalizione occasionale creatasi con l’obiettivo di rovesciare 
		vecchio regime. Una volta arrivati al potere, i protagonisti arancioni, 
		ormai in vesti istituzionali, si sono divisi in vari poli di attrazione 
		politica motivati spesso da interessi corporativi, se non personali, dal 
		momento che non è stata mantenuta la promessa chiave del nuovo 
		presidente di separare il potere istituzionale da quello degli oligarchi 
		e dai cosiddetti poteri forti. Altri fattori determinanti sono stati i 
		contrasti personali tra Yuschenko e Tymoshenko, dovuti a rivalità 
		politiche accentuatesi con l’approssimarsi delle elezioni politiche del 
		2006 e nel contesto della riforma costituzionale in corso, riforma che 
		rafforza il Parlamento ed il premierato limitando il potere 
		presidenziale. Su questo sfondo alla fine di agosto è scoppiato uno 
		scandalo di corruzione dove gli accusati sono i più stretti 
		collaboratori di Yuschenko. Tra essi Perto Poroshenko, segretario del 
		Consiglio di sicurezza nazionale e che all’epoca contendeva il 
		premierato alla Tymoshenko. La decisione del presidente è stata quella 
		di sciogliere l’intero governo, anche se nessuno dei suoi membri era 
		coinvolto nello scandalo: il risultato è che Julia Tymoshenko si ritrova 
		ora all’opposizione e Yuschenko cerca il consenso del suo avversario ai 
		tempi della rivoluzione.
 
 Il popolo arancione si sente tradito: un accordo con Yanukovich poteva 
		apparire un compromesso se fosse stato siglato subito dopo 
		l’insediamento del presidente, definito dalla Costituzione ucraina 
		arbitro della nazione. Sette mesi dopo, in piena crisi politica, si 
		tratta piuttosto di una banale convenienza politica nella lotta per il 
		potere. Così la guerra fredda tra gli ex alleati arancioni si trasforma 
		in una vera guerra nucleare. Basti considerare le rivelazioni 
		sensazionali dell’ex capo della sicurezza Turcinov, vecchio compagno di 
		battaglia della Tymoshenko, che dichiara di essere in possesso delle 
		prove inconfutabili contro l’équipe di Yuschenko. La prima parte delle 
		rivelazioni riguarda proprio il caso di avvelenamento di Yuschenko. 
		Secondo Turcinov, la causa penale intentata non è stata portata a 
		termine per la mancanza di collaborazione del presidente: Yuschenko ha 
		sempre rifiutato di fare l’esame del sangue necessario per lo 
		svolgimento delle indagini. Nello stesso tempo su Internet sono stati 
		pubblicati i materiali sul presunto finanziamento della campagna 
		elettorale di Yuschenko da parte di Boris Berezovskij, un famigerato 
		oligarca russo rifugiatosi a Londra, con l’esposizione sul sito di 
		assegni bancari per circa 4 miliardi di dollari.
 
 Episodi di questo genere rimandano alla mente il caso lituano: nel 2004 
		simili accuse portarono alla sfiducia del presidente Rolandas Paksas. 
		Nell’Ucraina del 2005 un tale epilogo può ritenersi escluso. Primo, per 
		assenza dei meccanismi della procedura di impeachment nella legislazione 
		ucraina. Secondo, perché gli ambienti politici che hanno creato la fuga 
		d’informazione sui finanziamenti illeciti non sono disposti a portare il 
		caso fino in fondo. In questo modo si cerca solamente di indurre 
		Yuschenko a qualche altro compromesso o a un accordo “segreto” separato, 
		soluzioni che caratterizzano fortemente lo stile di governo dell’attuale 
		presidente e nello stesso tempo costituiscono la sua maggiore 
		vulnerabilità politica e personale.
 
 Può sembrare un paradosso ma questi sono comunque i primi passi 
		dell’Ucraina verso la democrazia. Il processo politico è ancora lontano 
		dall’essere trasparente, ma è divenuto pubblico. L’immaturità della 
		classe dirigente è contrastata da un straordinario sviluppo della 
		società civile. Costituitasi nel corso della rivoluzione e temprata nel 
		clima della prossima campagna elettorale del 2006, la società ucraina 
		sta acquisendo la sensibilità politica per fare valere i propri diritti 
		e difendere, se necessario, la sua scelta democratica.
 
 28 settembre 2005
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