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        Rumsfeld in Cina: missione 
        trasparenzadi Enzo Reale*
 [19 
        ott 05]
 
 La prima 
        volta di Rumsfeld a Pechino è arrivata. Martedì il segretario alla 
        difesa statunitense è atterrato in Cina per una serie di incontri ai 
        massimi livelli: vedrà, tra gli altri, il suo omologo Cao Gangchuan e il 
        presidente Hu Jintao. Dalle dichiarazioni che l'hanno preceduta, questa 
        visita ufficiale potrebbe essere ricordata come la missione 
        trasparenza. Intervistato sull'aereo che lo portava in Asia, 
        Rumsfeld ha esplicitamente criticato il governo cinese per non rivelare 
        la reale entità delle proprie spese militari, lasciando chiaramente 
        intendere che dietro questo ennesimo segreto di stato potrebbero celarsi 
        motivi non confessabili.
 
        
        Washington è preoccupata delle intenzioni di Pechino su Taiwan, sulla 
        questione coreana e in generale sull'intera area. A Zhongnanhai fanno 
        dell'ambiguità un'arma politica da giocare sullo scenario 
        internazionale: alle dichiarazioni istituzionali che ripetono 
        insistentemente lo slogan della crescita pacifica seguono quasi 
        sempre azioni dimostrative come gli esercizi militari congiunti che la 
        scorsa estate si sono svolti nei pressi della costa orientale russa e 
        che sia gli Stati Uniti che Taiwan hanno interpretato come un chiaro 
        messaggio nei loro confronti. La Cina non ha mai escluso un'offensiva 
        volta al recupero di quella che ancora considera come una provincia 
        ribelle, anzi ha riaffermato solennemente il suo diritto ad intervenire 
        nel caso sull'isola si indicesse un referendum per l'indipendenza.
         
        Ecco 
        perché il dossier-Cina si è fatto sempre più voluminoso negli ultimi 
        mesi a Washington. Senza cadere nella stereotipata divisione tra falchi 
        e colombe, è vero che quello che per alcuni è il pericolo cinese diventa 
        per altri l'opportunità cinese. Ma il problema di chi crede nella 
        coesistenza pacifica tra la superpotenza consolidata e quella (forse) 
        emergente sta nel non poter conoscere i reali obiettivi di un regime 
        che, nonostante le aperture economiche, resta uno dei più repressivi - e 
        potenzialmente aggressivi - del pianeta.  
        E' vero 
        che di Cina si discute ogni giorno di più, ma cosa si sa davvero? La 
        cappa del segreto di stato e della censura copre ogni aspetto della 
        società cinese e si ripercuote anche nell'ambito delle relazioni 
        internazionali. La missione trasparenza di Rumsfeld ha uno scopo 
        eminentemente militare ma è anche la metafora dell'impasse in cui 
        si trova chiunque abbia a che fare con il Partito Comunista Cinese.
         
        Il 
        segretario alla difesa visiterà il quartier generale di Qinghe - un 
        complesso missilistico di primaria importanza - ma non potrà recarsi al 
        comando militare centrale di Western Hill, l'equivalente 
        sotterraneo del Pentagono, costruito con l'aiuto sovietico negli anni 
        '50 e collegato attraverso una rete di tunnel alla città proibita di 
        Zhongnanhai. Nessuno straniero vi ha mai messo piede. Interpellato sul 
        rifiuto delle autorità cinesi, Rumsfeld ha risposto: "Dice qualcosa 
        di loro". Oltre ai colloqui ai vertici della gerarchia politica e 
        militare (che in Cina sono praticamente la stessa cosa) è previsto un 
        intervento alla Scuola Centrale del Partito, dove si formano i quadri 
        dirigenti: sarà interessante osservare se le recenti dichiarazioni di 
        Wolfowitz sulla necessità di accompagnare le riforme economiche con la 
        crescita di una società civile e l'affermazione di uno stato di diritto 
        troveranno un'eco nelle parole di Rumsfeld o se invece prevarrà il 
        pragmatismo. 
        Ma non 
        di sola Cina vivrà il tour asiatico del numero uno del Pentagono. 
        Per certi versi la tappa sudcoreana potrebbe rivelarsi ancora più 
        importante. Di sicuro si discuterà della restituzione a Seul del 
        controllo operativo delle forze armate in tempo di guerra, attualmente 
        ancora in mano degli americani. Ma soprattutto si parlerà del piano di 
        ritiro delle truppe statunitensi dal territorio sudcoreano: erano 
        trentaseimila effettivi, saranno venticinquemila nel 2008, salvo 
        accelerazioni tutt'altro che improbabili visto il clima di crescente 
        antiamericanismo e il deteriorarsi delle relazioni bilaterali tra le due 
        nazioni. Nel far sapere di voler sostituire il protettorato con 
        la partnership, Washington ha compiuto un passo forse decisivo 
        nell'opera di smarcamento da un alleato sempre più recalcitrante e di 
        riorganizzazione delle forze nello scenario Asia-Pacifico, annunciata 
        per il prossimo biennio. Gli effetti di un ridimensionamento sostanziale 
        o di un eventuale ritiro sarebbero sia di ordine politico che militare: 
        Seul, una volta sprovvista dell'ombrello americano, sarebbe costretta a 
        valutare con attenzione le conseguenze delle proprie ambiguità sul 
        problema nordcoreano e ad assumersi in toto la responsabilità 
        delle proprie scelte; i militari americani potrebbero essere impiegati 
        in zone strategiche per la lotta contro il terrorismo; il Giappone 
        assumerebbe un ruolo di primo piano come potenza regionale non solo 
        economica; mentre la Cina... 
        Già, la Cina...
 19 ottobre 2005
 
 * Enzo 
		Reale è il titolare del blog 
		1972
 
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