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		“Un rimpasto può giovare a George Bush”intervista a Ryan Sager di Alessandro 
		Gisotti
 [04 
		apr 06]
 
 Quale futuro per il partito repubblicano? Negli Stati Uniti sono in 
		molti a chiederselo. Il costante calo di popolarità del presidente, le 
		defaillance del suo vice Cheney e le inchieste che hanno coinvolto 
		alcuni esponenti del partito dell’Elefante hanno lasciato il segno. Dopo 
		un decennio di vittorie elettorali, i repubblicani guardano ora con 
		preoccupazione all’appuntamento delle elezioni di mezzo termine del 
		prossimo novembre. E non certo a causa degli avversari. I democratici, 
		divisi e confusi, sono ancora alla ricerca di un leader e di un’agenda 
		vincente. Tra quanti stanno seguendo con particolare attenzione questo 
		momento cruciale per il Grand Old Party c’è Ryan Sager, editorialista 
		del “New York Post” e già collaboratore del “Wall Street Journal” e 
		della rivista conservatrice “National Review”. Fra pochi mesi uscirà il 
		suo “The Elephant in the Room”, libro-inchiesta sulla battaglia in corso 
		per la conquista dell’anima del partito repubblicano. Un tema che Ryan 
		Sager anticipa in questa intervista.
 
 A tre anni dall’inizio della guerra in Iraq, 
		George W. Bush appare sempre più impopolare. Rischia di diventare 
		un’anatra zoppa, come si dice in America?
 
		
		La stampa americana ritiene che ogni presidente repubblicano quando 
		arriva al secondo mandato sia un’anatra zoppa. Penso che sia troppo 
		presto per decretare la morte della presidenza Bush. Detto questo, il 
		presidente deve inventarsi qualcosa di forte per riprendere in mano la 
		situazione dopo un 2005 davvero disastroso. Forse un rimpasto di governo 
		potrebbe essere la soluzione. D’altro canto, se i repubblicani, 
		smentendo le previsioni, vincessero le elezioni di mezzo termine, questo 
		potrebbe dare nuovo vigore al presidente.
 Molti, anche a destra, ritengono che il 
		vicepresidente Cheney e il segretario alla Difesa Rumsfeld dovrebbero 
		lasciare l’incarico. E’ d’accordo?
 
		
		Le dimissioni di Cheney o il cambio al vertice del Pentagono sarebbero 
		certamente una bella scossa per Washington. Forse un tale evento 
		potrebbe anche giovare al presidente. Uno dei grossi problemi di Bush, 
		in questo momento, è che non ha ancora un successore. Se ci fosse un 
		nuovo vicepresidente, mettiamo caso Condi Rice, con buone chance di 
		diventare il candidato repubblicano nel 2008, Bush ne uscirebbe 
		rafforzato.
 Come si presenta il partito repubblicano a 7 mesi 
		dalle elezioni di mezzo termine?
 
		
		Il partito repubblicano non gode di ottima salute. Se le elezioni di 
		novembre assumeranno la veste di un referendum su Bush, i conservatori 
		rischiano di perdere una o entrambe le Camere del Congresso. Il Grand 
		Old Party può usufruire di alcuni vantaggi strutturali, ma le previsioni 
		non sono rosee. La base repubblicana rumoreggia perché il partito ha 
		abbandonato i suoi principi fondamentali: limitazione dei poteri del 
		governo e libertà individuale. Secondo molti elettori repubblicani, il 
		GOP sta governando come il partito democratico. I fautori dei limiti al 
		governo federale hanno ingaggiato una battaglia con i conservatori 
		favorevoli al big government per il controllo del partito. Per vedere il 
		risultato di questo duello bisognerà comunque aspettare la scelta del 
		candidato repubblicano per le presidenziali del 2008.
 Rudy Giuliani, Condi Rice e John McCain. Chi dei 
		tre ha maggiori possibilità di essere candidato alla Casa Bianca per il 
		fronte conservatore?
 
		
		Giuliani ha problemi con l’ala conservatrice cristiana del partito 
		repubblicano, ma non così insormontabili come si potrebbe pensare. Certo 
		è un “liberal” sulle questioni sociali, ma gli elettori lo giudicano 
		comunque il leader più forte per guidare la guerra contro il terrore. E’ 
		improbabile che la Rice corra per la nomination. Non è mai stata 
		candidata in un’elezione e questo la rende piuttosto debole rispetto 
		agli altri concorrenti. Il senatore John McCain è sicuramente il 
		favorito in questo momento. Appare come il miglior candidato per tornare 
		ai principi del conservatorismo, in particolare nei rapporti tra governo 
		e cittadini. E poi dà l’impressione di essere il più competente per il 
		ruolo di comandante in capo.
 Il partito Democratico appare confuso e diviso. E’ 
		ancora il partito del “tutti tranne Bush”?
 
		
		Sì, decisamente. Non hanno altro programma se non l’odio per il 
		presidente. In questo momento sono i migliori amici dei repubblicani…
 In Europa, si guarda con molta attenzione 
		all’emergere di Hillary Clinton in vista delle presidenziali del 2008. 
		Quante possibilità ha la senatrice di New York di diventare il primo 
		presidente donna degli Stati Uniti?
 
		
		La senatrice Clinton ha sicuramente ottime possibilità di essere la 
		candidata democratica. Le sue chance di diventare presidente non sono 
		però elevate. Difficilmente, infatti, potrebbe battere avversari come 
		John McCain o Rudy Giuliani. Metà del paese non voterà mai per lei. 
		Ritengo dunque che ai repubblicani basterà candidare una figura popolare 
		per mantenere la Casa Bianca.
 03 aprile 2006
 
 da
		
		L’Indipendente
 
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