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        Diritti umani: non contate sull’Onudi Federico Punzi
 [14 mag 06]
 
 Come volevasi dimostrare, il neonato Consiglio Onu per i Diritti umani 
		si dimostra subito per quello che è: praticamente una copia della 
		vecchia e screditata Commissione, dove le dittature, i principali 
		violatori dei diritti umani, occupavano ruoli importanti nell'organismo 
		che avrebbe dovuto vigilare proprio sulle violazioni dei diritti umani. 
		Lo scorso 9 maggio sono stati eletti membri del nuovo Consiglio, tra gli 
		altri, la Russia di Putin, la Cuba di Fidel Castro, la Cina di Hu 
		Jintao, l'Arabia Saudita e il Pakistan. L'accordo del marzo scorso per 
		l'istituzione del nuovo Consiglio non era che un compromesso deludente e 
		al ribasso, che non garantiva la possibilità di escludere i paesi 
		violatori dei diritti umani, né al momento dell'elezione dei suoi 
		membri, né in caso si rendessero successivamente responsabili di 
		violazioni. È ormai prassi all'Onu che il consenso multilaterale venga 
		anteposto al dovere statutario di garantire il rispetto dei diritti 
		umani. L’accordo fu anche una battuta d'arresto per l'idea di costituire 
		all'interno delle Nazioni Unite un caucus delle democrazie, ad oggi 
		ridotto di fatto a soli 4 membri, i paesi che votarono contro 
		l'istituzione del Consiglio-beffa: Stati Uniti, Israele, Isole Marshall, 
		Palau. Responsabili i paesi europei, che invece di schierarsi a fianco 
		di Washington, cercarono di mediare con le posizioni di governi 
		terzomondisti e autoritari dando vita al pasticcio.
 
 Infatti, accade spesso che l'Europa e gli Stati Uniti si dividano su 
		temi vitali come la promozione della democrazia e dei diritti umani, 
		indebolendo la forza delle ragioni e dei valori alla base del mondo 
		libero e allontanando la prospettiva di un'Alleanza delle Democrazie. 
		Come aveva previsto Christian Rocca del Foglio, infatti, il nuovo 
		Consiglio ha già cominciato a «penalizzare» le democrazie occidentali, 
		dimostrandosi un formidabile strumento nelle mani dell'altra alleanza, 
		già attiva, «l'alleanza globale delle tirannie». Al nuovo organismo fu 
		deciso di attribuire uno status superiore a quello precedente, lo stesso 
		status del Consiglio di Sicurezza e del Consiglio Economico e Sociale, 
		l'Ecosoc, cui faceva capo la vecchia Commissione. Ora i membri sono 47 
		invece dei precedenti 53. I paesi sono ancora eletti su base regionale, 
		ma su candidatura singola e con la maggioranza dei voti dell'Assemblea, 
		un quorum con il quale le democrazie finiscono spesso in minoranza. I 
		membri che non rispettassero i diritti umani potranno essere espulsi col 
		voto di due terzi degli Stati che compongono il Consiglio. Sono previste 
		almeno tre sessioni all'anno, a differenza della Commissione che aveva 
		una sola sessione, e ogni nazione potrà sollevare questioni urgenti in 
		qualsiasi momento con l'appoggio di un terzo dei membri.
 
 Tra le Ong, Human Rights Watch e Amnesty International si espressero a 
		favore della riforma, mentre Freedom House e il Partito Radicale 
		Transnazionale contro. Gli Stati Uniti hanno avuto nuovamente ragione a 
		votare contro e a non legittimare con la loro candidatura il nuovo 
		Consiglio. Se fossero state accolte, in primo luogo dall'Europa, le tre 
		condizioni che ponevano, non saremmo qui, oggi, a commentare 
		l'imbarazzante elezione di membri come Cina e Cuba e la nuova sconfitta 
		delle democrazie in sede Onu. Le tre condizioni erano semplici: soglia 
		d'ingresso con un voto a maggioranza di due terzi, che avrebbe reso 
		ancora più difficile l'accesso di dittature e Stati responsabili di 
		violazioni; divieto di ingresso per paesi sottoposti a sanzioni per 
		violazioni dei diritti umani; limitare a 30 il numero dei membri. Pur 
		osservando il dato positivo della rinuncia alla candidatura, per ora, da 
		parte di molti altri regimi violatori abituali dei diritti umani, Matteo 
		Mecacci, rappresentante all'Onu del Partito Radicale Transnazionale, è 
		molto critico sull'elezione dei membri, che «conferma quanto la 
		"storica" riforma della Commissione non sia in realtà riuscita a 
		modificare gli equilibri presenti da decenni all'interno del massimo 
		organismo di difesa dei diritti umani, che vede la propria funzione 
		condizionata da un'alleanza tra un manipolo di dittature e la gran parte 
		dei paesi in via di sviluppo». E ora? Le democrazie non vadano per il 
		sottile e puntino subito a delegittimare il nuovo Consiglio, 
		impegnandosi invece a rilanciare l'idea di una vera e propria Alleanza 
		delle Democrazie.
 
 14 maggio 2006
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