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Tax freedom Day: da oggi lavoriamo per noi
stessi
di Andrea Gilli*
[30 mag 05]
Oggi è il Tax freedom day: oggi tutti quanti smettono di lavorare
per lo Stato e iniziano a lavorare per se stessi. Lo scorso anno
la festa fu il 27 di maggio. Il governo inglese ha però nel
frattempo aumentato le tasse; inoltre si trattava di un anno
bisestile: così abbiamo già perso quattro giorni di lavoro. Questa
giornata potrebbe essere una sorta di festa laica per la community
di Tocque-ville, anche se, sia ben chiaro: noi alle feste laiche
crediamo poco. La rivoluzione francese, come ci ha ben insegnato
Furet, finì in un ammazzatoio generale per voler promuovere a
tutti i costi le festività della ragione. Quindi nessuna pausa dal
lavoro, nessuna gita al mare: la festa ce la teniamo dentro così
come la gioia. Da domani si inizia a lavorare per noi stessi! Fino
ad oggi abbiamo pagato i sussidi alle imprese, gli aumenti
generalizzati degli stipendi nel pubblico impiego, la scuola
pubblica ai ricchissimi e i servizi sanitari a chi potrebbe
tranquillamente pagarseli.
Da domani, invece, “tutto nostro”, o quasi: il medico della mutua
ci ha dato l’appuntamento fra due mesi, allora andiamo dal
privato, la scuola di nostro figlio è fatiscente, allora lo
spostiamo in una privata e così di seguito. Chi invece ha gli
agganci giusti (chi conosce il medico, chi abita in pieno centro)
potrà continuare a godere dei servizi pubblici a costi irrisori: e
notoriamente costoro (chi abita in pieno centro, chi conosce il
medico) fanno parte delle fasce meno abbienti della popolazione
(sic!). Buona festa, dunque. Buona festa a tutti. In America e in
Inghilterra si parla di flat-tax: un’unica aliquota per tutti. Un
incentivo generale a produrre più ricchezza, che è sì personale,
ma anche nazionale: se A riesce a produrre X di reddito nell’anno
t, e 2X nell’anno t+1, è molto probabile che una buona parte
dell’incremento di reddito (dX= 2X-X) venga speso, producendo così
altro reddito. Da noi, invece, abbassare le tasse viene
considerato come un delitto, salvo poi insorgere se l’economia va
male: ma se disincentivi la produzione di ricchezza (alte tasse)
non puoi lamentarti se di ricchezza ne viene prodotta di meno.
Così, però, funziona la logica italica e vediamo difatti quanta
strada abbiamo fatto rispetto agli altri.
Il governo si appresta a tagliare l’Irap, una delle tasse più
assurde e illegali che si siano mai viste, sperando così di
rilanciare l’economia. Almeno, dopo quattro anni di governo, è
diventato credo comune il fatto che il taglio delle tasse serva a
rilanciare l'economia. Un passo modesto, ma che almeno si è fatto.
Tiriamo un sospiro di sollievo: resta da vedere cosa succederà
quando le imprese chiederanno ai loro dipendenti di lavorare di
più. Infatti, recuperata parte della loro competitività (grazie al
calo dell'Irap), potrebbero registrare un aumento delle commesse,
e quindi potrebbero aver bisogno di più ore lavorate da parte dei
loro dipendenti. Qui si pone il problema: la progressività della
tassazione li penalizza: a loro conviene di più restare a casa. Ci
sarà da ridere, dunque (sempre che la riduzione dell'Irap possa
salvare il nostro moribondo capitalismo, oramai capace solo di
attirare nuovi sussidi piuttosto che nuovi clienti).
Dubitiamo comunque che si possa arrivare a breve alla flat-tax, la
tassa democratica. E allora non ci resta quindi che pregare.
Soprattutto perché il prossimo anno il governo potrebbe essere di
un altro colore: teniamoci dunque stretto questo Tax freedom day
(oltretutto basato sulla tassazione media in UK). Dieci anni fa
avremmo scritto, in queste condizioni, che il rischio era di non
poter più festeggiare l’anno successivo. Oggi, con il senno di
poi, il solo rischio che corriamo è limitato ad un semplice
spostamento in avanti della festa: speriamo che con il prossimo
governo non vada a cadere molto oltre il 30 novembre. Auguri,
dunque. Festeggiate oggi, perché del domani non vi è certezza.
.
30 maggio 2005
*
Andrea Gilli è uno dei titolari del blog
2twins
aa.republicanparty@gmail.com
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