Tom Cruise non sbaglia un film
di Giampiero Ricci
Piovono miliardi e miliardi di aghi dal cielo e piovono di
traverso, lavando via ogni cosa da questa parte incontaminata di
campagna nipponica. Non c’è luce, solo una giungla fitta di aghi
bagnati che pizzicano e riempiono tutto, anche i polmoni. Sei
prigioniero di tizi che conducono una vita frugale sulle montagne,
vivendo di pastorizia e della ricerca della perfezione in ogni
atto che compiono, rispettando qualsiasi ruolo che per loro è
stato ritagliato su questa terra. Sei in piedi, hai una spada di
legno in mano e le prendi di santa ragione. Ti hanno lasciato
vivere perché, pur perdendo la battaglia (a proposito ma chi te lo
ha fatto fare per cinquecento sporchi bigliettoni di andare ad
addestrare il nascente esercito giapponese?), hai lottato con
orgoglio, come una tigre bianca senza scampo e il caso ha voluto
che il capo di questi romanticoni, giorni fa, abbia avuto, durante
una meditazione, proprio la visione di una tigre bianca e dello
sventolio di uno stendardo che poi era quello con cui ti difendevi
braccato da tre o quattro, sempre di quei romanticoni.
Ti rialzi dal fango. Una. Due. Tre volte. Hai gli occhi a fessura
di cozza all’interno dei quali l’acqua sferzante genera un
nanoaquitrino sanguinolento. Ma ti rialzi ancora. Per stare di
nuovo in piedi a guardar negli occhi questo Servitore (Samurai,
ndr) dell’Imperatore del Sol Levante, inkazzato nero perché,
sempre con quello stendardo lì, gli hai ammazzato l’amichetto del
cuore. Tu sai che lo stesso Imperatore, per un miscuglio complesso
e oscuro di scelte politico-economiche lungimiranti, ritiene
questi Samurai un retaggio più che una tradizione : la sua corte
li vuole morti, soprattutto vuole morto il suo capo Kasumoto
(quello della visione e, peraltro, il migliore tra i fidati
consiglieri proprio dell’Imperatore : poi dice che uno non li
capisce i Giapponesi !), ma non pensi a nient’altro che a restare
sempre in piedi davanti a questo tizio dalla acconciatura e dal
pizzo che presto imparerai ad invidiare. Sei sempre lì. Per terra
e ti rialzi. Di nuovo e di nuovo. E ogni volta che cadi e rantoli,
digerisci più fango di quanto sia stata capace fino ad ora di
digerire la tua psiche per le conseguenze dell’esecuzione
inflessibile da parte tua di ordini emessi da Generali sanguinari
che hanno ferito il tuo onore di eroico e leale soldato del VII
Cavalleggeri. Diciamocelo, ma come fai a sentirti un po’ eroe e un
po’ paria dell’universo, come fai a trovarti a casa del Samurai
che hai ucciso e soffiargli pure la moglie?
Devi essere per forza Tom Cruise. L’interprete di Joel Goodson,
ragazzo che mette in piedi un casino come quello di “Risky
Business”, dopo aver trasformato in un bordello la casa dei suoi
facendosi invidiare da un intera generazione di quindicenni in
giro per l’emisfero occidentale (se ne assumiamo l’Europa come
centro, ndr), dopo aver combattuto nei cieli i temibilissimi Mig
Sovietici, obbligandoci in molti a comperare giacche di pelle
oramai improponibili (troppe toppe e stemmi e poi le moto di
cilindrata così grossa non vanno più di moda, ndr), è diventato un
uomo. Senza mai perdere quel sorriso che è poi lo stesso del tuo
compagno di classe più fico, ha affrontato problemi economici e
personali insieme al fratello più sfortunato che però, insomma,
gli fa capire tante cose e allora Joel è diventato pronto per
Oliver Stone e Brian de Palma fino ad arrivare a Stanley Kubrick e
qui Joel si ferma un attimo. Perché quando incontri uno come
Kubrick, uno che ti fa la radiografia dell’anima, che ti
decostruisce partendo da tua moglie, quando incontri uno che gioca
con il tuo essere attore e te stesso, sovvertendo la dinamica di
tutte le tue interpretazioni hollywoodiane* lasciandoti
personaggio in un limbo di debolezza e senza uscita per cui sei
vittima e basta in questo tuo cercare patetico di diventare
carnefice, di arrivare al punto in cui si capisce qualcosa, dove
invece trovi dubbi e basta. Quando fai incontri così capisci che
Nessuna Certezza Joel questa è la risposta. Capisci anche che :
uno non dovrebbe mai prendersi una moglie così!
E allora cosa resta. Non ti resta che istruire a dovere il tuo
pubblico come fai in Magnolia, diventare un altro po’ agente
segreto, abbandonarti al sogno mistico di una vita vera fatta di
angoscia ma anche di spirito, lasciandoci discutere se sia meglio
con Nicole o con Penelope, non ti resta che benedire un’altra
splendida trasposizione cinematografica del maestro Philip Dick
(autore del racconto su cui si è basato Ridley Scott per “Blade
Runner”) e lasciarci così, mentre cavalchi disperato e felice con
l’armatura da Samurai verso la fine di questo altro pezzetto di
“immortalità” che hai saputo cucirti addosso, in attesa di
comprendere finalmente i percorsi del destino, dell’onore e della
vita, con una domanda che poi è il karma del tuo David Aames in
“Vanilla Sky”, perché ognuno ha il proprio karma, quella frase che
ritorna nei momenti più impensabili e fa male perché sai che c’è
qualcosa lì dentro; insomma Tom dicci: “E’ proprio vero che ogni
minuto è quello buono per cambiare la propria vita?”
11 febbraio 2004
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