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              Europee 2004. Lo spettacolo scende in 
              campodi Paola Liberace
 
 Lo slogan delle elezioni europee di quest’anno potrebbe essere: 
              non solo Gruber. Tra giornalisti, attori, atleti, presentatrici, 
              annunciatrici televisive, cantanti, più o meno ex, le liste dei 
              candidati somigliano decisamente all’elenco di invitati per una 
              serata di gala, o alla passerella Vip prima dell’ingresso in 
              palcoscenico per uno show del sabato sera. Non che si tratti di 
              una novità – è dai tempi di Gianni Rivera e Ombretta Colli che i 
              personaggi più o meno visibili e già noti per ragioni estranee 
              alla politica sono diventati volti noti anche delle schede 
              elettorali - ma in questa occasione il fenomeno ha raggiunto 
              proporzioni mai toccate in precedenza. Tra coloro che dal mondo 
              dello spettacolo si sono trasferiti nell’arena politica, si 
              segnalano i nomi di Clarissa Burt e Marcella Bella, entrambe per 
              An, di Manuela Di Centa, Elisabetta Gardini, Alessandro Altobelli, 
              Franco Baresi e Alessandro Cecchi Paone per Forza Italia, di 
              Morgan dei Bluvertigo per il “Partito della Bellezza” di Sgarbi e 
              La Malfa, e persino di Bebo Storti (il conte Uguccione) per i 
              Comunisti Italiani.
 
 Che sia finalmente finita l’epoca dei musi arricciati per le 
              candidature del mondo dello spettacolo? La distribuzione 
              trasversale rispetto a partiti e schieramenti dei nomi provenienti 
              dalla ribalta testimonia che il coinvolgimento politico di simili 
              personaggi non è più un tabù, nemmeno per chi lo avevano deprecato 
              come un sintomo dello strapotere dell’immagine e della deriva 
              televisiva dei nostri tempi. Ma il fatto che anche forze politiche 
              tradizionaliste nello stile e nella struttura (è un singolare caso 
              che coincidano spesso con le forze cosiddette “progressiste”) 
              abbiano aperto le porte ai volti dello show business è sintomo di 
              un movimento che viene dalla società civile, prima ancora che 
              dalla politica. E’ la stessa società civile a riconoscersi nei 
              personaggi sopra citati, ad attribuire loro la credibilità e 
              l’affidabilità necessarie, secondo un’evoluzione che rovescia 
              totalmente lo status e il ruolo degli artisti presso la pubblica 
              opinione.
 
 Le basi di questa nuova credibilità non riposano nella frequenza e 
              nell’intensità dei passaggi televisivi e delle comparse in 
              pubblico, come sostengono i telefobici, ma nella sempre maggiore 
              vicinanza tra artista e pubblico, tra beniamino e tifoso, tra star 
              e fan, che la televisione della “gente comune”, dei “quasi Vip” e 
              dei reality show ha contribuito a consolidare. Una vicinanza tale 
              da permettere, talvolta, l’inversione dei ruoli, in ogni caso 
              sufficiente a proporre con successo l’identificazione nel 
              personaggio e la conseguente disponibilità alla delega politica, 
              specialmente nel caso di un’elezione – come quella per il 
              parlamento europeo – dal valore altamente simbolico. Non che 
              questa vicinanza garantisca tout court le capacità di 
              rappresentanza del candidato; ma, come sempre, anche in questo 
              caso il giudizio è rimesso alla razionalità e 
              all’autodeterminazione di chi vota, che non ha bisogno di 
              propagande e cacce alle streghe per decidere in piena autonomia se 
              il volto che ha davanti sia o meno in grado di ottemperare alle 
              aspettative della vita democratica e civile.
 
 31 maggio 2004
 
 pliberace@yahoo.it
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