Emmerich: catastrofismo dall'alba al
tramonto
di Tiziana Lanza
Lo dice il trailer stesso de “L’alba del giorno dopo”: “10.000
anni fa una tempesta cambiò il volto del nostro pianeta. Il 28
maggio succederà di nuovo…”, naturalmente al cinema, perchè sul
futuro chi può dire... Ma è proprio questo il punto: 10.000 anni
fa la terra era già caratterizzata da eventi estremi sconvolgenti.
E’ sempre stato così tanto che il più catastrofista degli
scienziati, il geofisico inglese Bill Mc Guire, può alla fine
essere anche un po’ ottimista: “Negli ultimi due miliardi di anni
circa le cose si sono calmate in maniera considerevole sul nostro
pianeta”, scrive in “Guida alla fine del mondo”. Se invece
riportiamo indietro il nastro di quello che ci scorre davanti è un
vero e proprio scenario infernale. E più si torna indietro e più
gli scenari sono apocalittici Chi volesse crogiolarsi ancora di
più nell’allarmismo, se il film non gli è bastato, lo potrebbe
fare direttamente cullato dalle parole di Bill Mc Guire, leggendo
il capitolo “riscaldamento globale” del suo già citato libro.
Tuttavia ancora si deve capire bene quanto la componente antropica
influisca sui cambiamenti climatici.
Chissà se è un caso che il regista abbia scelto come protagonista
un paleoclimatologo, ovvero uno scienziato che studia il clima del
passato. Il prof. Jack Hall (l’attore Dennis Quaid) diviene la
voce della verità. La scienza rimane però un contorno sciapo in
confronto ai tanto spettacolari effetti speciali, fra i quali
spicca l’onda anomala che copre New York. Quello che viene
comunicato è uno sbiadito cliché che non corrisponde a verità. Lo
scienziato è un eroe, capace di salvare il mondo come dimostra il
prof. Hall, l’unico a salvarsi pur contravvenendo alle sue stesse
indicazioni. Ed è anche un cliché - per quanto molto più vicino
alla realtà - la figura del politico (in questo caso il
vice-presidente degli Stati Uniti) che non dà volutamente ascolto
alle previsioni catastrofiche dello scienziato. E’ così dai tempi
de Lo Squalo di Spielberg.
In realtà le cose stanno diversamente. La scienza ha i suoi limiti
e gli scienziati non sono eroi. Sono umani almeno quanto il
vice-presidente degli Stati Uniti. Nel film manca poi quella
sottile ironia che aveva contribuito a dare una visione più
realistica del mondo scientifico in Jurassic Park. La climatologia
può essere studiata attraverso la “Teoria del caos”. E’ dunque
impossibile fare previsioni e avere certezze, come fa Hall che a
distanza di poco tempo è in grado di fare un quadro attendibile
della situazione in atto. Al contrario, l’ironia del matematico
nel film di Spielberg serviva proprio a ridimensionare quella
patina di perfezione che la scienza ha nell’immaginario
collettivo. Ecco dunque la goccia scorrere sulla mano della
paleontologa partendo dallo stesso punto. Una volta prenderà una
strada, la volta successiva un’altra e tutto questo è:
“imprevedibilità!” esclamava quasi compiaciuto il matematico,
proprio come nel film dove assolutamente niente va come da
programma.
Ma nel film di Roland Emmerich il contenuto scientifico rimane
frammentario contribuendo a far sentire lo spettatore in sala
lontano anni luce dal mondo scientifico. Tutto rimane in
superficie. E così dopo il film, non ne sapremo di più
sull’effetto serra, sulla corrente nord atlantica, sulla cruciale
importanza della differenza di densità fra acqua dolce e acqua
salata. Rimane allora un mistero perchè un fenomeno come l’effetto
serra possa paradossalmente innescare una nuova glaciazione.
Peccato: un’occasione perduta, perchè le immagini, la fotografia e
gli effetti speciali sono capaci di catturare in pieno
l’attenzione del pubblico. Tuttavia, come spesso succede al
cinema, quello che potrebbe essere un canale privilegiato per
veicolare l’informazione scientifica rimane soltanto un'arena per
fare spettacolo.
26 luglio 2004
tizilanza@yahoo.it
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