Aspettando il ritorno di Spiderman
di Giampiero Ricci
Non regge il fumetto di un supereroe con un ragno come simbolo : i
ragni fanno schifo alla gente.
Soprattutto non regge un supereroe così gracilino. E poi non può
reggere un fumetto su un tipo così pieno di problemi : la gente si
stuferà presto. Non c’è mai stato per protagonista un adolescente.
Hai mai visto da qualche parte un eroe che ha una balia ? Quando
Stan Lee con il disegnatore Steve Ditko decisero di proporre su
Amazing Fantasy il personaggio di Spiderman, dovettero scontrarsi
con lo scetticismo di un mondo editoriale convinto che la società
americana, quella del 1962, degli anni della crisi di Cuba, non
avrebbe ben accolto eroi diversi dai tradizionali Superman e
Capitan America, personaggi perfetti e modelli eterei di virtù per
un genere di fumetto addirittura di propaganda, come ad esempio il
primo Capitan America.
L’Uomo Ragno diventa invece e subito la bandiera degli adolescenti
che vivono il mondo sentendolo un posto complicato e difficile
dove ciascuna conquista sociale necessita di forze di cui si
dubita averne a sufficienza. Ancora oggi quarantadue anni dopo
L’Uomo Ragno rappresenta tutto questo. Come paladino di un
pubblico così vasto, a partire dall’ultimo trentennio del
novecento, L’Uomo Ragno ha influenzato generazioni e generazioni
di adolescenti sicuramente più di quanto non lo abbiano fatto i
classici del romanzo francese, con il risultato che non appena in
Kill Bill vol. II di Quentin Tarantino, grande appassionato dello
Stupefacente Uomo Ragno, è andata sul grande schermo la scena di
Beatrix – Uma Thurman sepolta viva, il pubblico europeo sopra la
quarantina non avrà certo potuto riconoscere il tributo alla saga
di tre signori che non possono evidentemente dirgli nulla : J.M.
De Matteis, Mike Zeck e Bob McLeod autori de “L’ultima caccia di
Kraven” apparsa in America nel 1987 sulle collane de Lo
Stupefacente Uomo Ragno, insieme a Frank Miller (“Sin City”, “Dark
Knight Return”, ma anche sceneggiatore di “Robocop”) ed altri
ancora, tra i protagonisti di un epoca aurea per il fumetto
americano, arrivato ad essere considerato un genere con dignità
letteraria.
Grande merito va alla rivalutazione del valore artistico dei
fumetti, operata da Tarantino a partire da Pulp Fiction, che è
fumetto già nel titolo, fino al vol. I di Kill Bill con la storia
di O Ren Ishii animata da disegni e da una narrazione che trae
evidente ispirazione dalla Tokyo post-atomica del celebre fumetto
giapponese Akira. Dalla geniale invenzione di Stan Lee e Steve
Ditko è poi nata e cresciuta la Marvel Comics Entertainment Co. ,
casa editrice che detiene i diritti dell’Uomo Ragno come di tanti
altri amatissimi supereroi e supercriminali e oggi major
dell’intrattenimento che fornisce ad Hollywood nuova linfa vitale
(insieme all’Uomo Ragno negli anni passati sono usciti “X-Men” I e
II, “Dardevil”, “Hulk” e proprio in questi giorni “The Punihser”).
In Europa, in questi giorni, dopo il successo del primo film, raro
esempio di adattamento riuscito sul genere fumettistico ed
utilizzo armonico dei effetti speciali, il regista Sam Raimi
riporta sullo schermo Peter Parker – Tobey Maguire, Mary Jane –
Kirsten Dunst, ma anche i baffi del presenzialista Stan Lee, che
sembra ci tenga particolarmente a seminare cameo in ogni film
ispirato alle sue creature. Gli ingredienti sono sempre gli stessi
nella vita incasinatissima di Spidey : un cattivone da combattere,
come far colpo su Mary Jane, la Zia May e mai dimenticare che “…da
un grande potere derivano grandi responsabilità.”. Nell’Olimpo
eroistico creato dalla Marvel rivive, in salsa pop, l’ambizione
americana di essere motore della civiltà contemporanea : sorta di
nuova Grecia. E quando l’America legge l’Uomo Ragno, legge se
stessa.
2 settembre 2004
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