Tv,
l’ora del gay pride
di Paola Liberace
Il fenomeno più significativo della prossima stagione televisiva
nel Bel Paese non saranno le Isole dei Famosi, né le Elise di
Rivombrose, né gli esperimenti di riciclo degli ex-Grandi Fratelli
mimetizzati tra gli altri quasi-vip. Si tratterà invece di un
fenomeno meno clamoroso, più silenzioso, ma proprio per questo
pronto a fare più rumore. La TV dell’autunno 2004 ha aperto le
porte all’invasione del popolo gay, dopo le svariate perplessità
degli anni passati che in qualche caso avevano persino condotto
alla cancellazione di programmi in tutto o in parte incentrati
sulla tematica omosessuale. Colpa dei modelli “machistici” dei
nostri palinsesti? Oppure di forze omofobe che avrebbero sbarrato
la strada alle trasmissioni in questione? Di certo, il pubblico
stesso - e le associazioni che lo rappresentano - non era ancora
pronto ad accogliere quelli che, in altre parti del mondo, erano
già diventati a pieno titolo soggetti e destinatari effettivi
delle trasmissioni televisive.
La presenza dei gay nella televisione italiana si è così, per
molto tempo, limitata alla storica emittente satellitare Gay TV,
che tra l’altro ha importato per prima in Italia il noto serial
inglese “Queer
as folk” (realistico ed emozionante, era partito su una
rete generalista come Channel 4, per evolversi poi, nella versione
americana e canadese, con una particolare attenzione al problema
dei diritti civili). Oltre Gay TV, il diluvio: eccezion fatta per
alcuni “camei”, come la comparsa di un commesso omosessuale nella
fiction “Commesse”, la presenza fissa di Platinette nei salotti di
Costanzo, o gli accesi dibattiti sulle inclinazioni sessuali dei
protagonisti del Grande Fratello, o ancora la trasmissione di
Amanda Lear, “Cocktail d’amore”, che, ripercorrendo la TV degli
anni ’80, non poteva non rendere esplicita l’impronta
inconfondibile di autori, interpreti e cantanti gay nella
sfavillante esperienza musicale di quei tempi. Anche per
quest’anno, la tematica omosessuale sarà presente in forme più o
meno velate nella programmazione: a condurre “Cronache marziane”,
il talk-show di Italia 1 già annunciato per lo scorso maggio, non
sarà Platinette, come sembrava inizialmente, ma una ex-Iena,
Fabio Canino, che proprio da Gay
TV proviene, e che ha già dichiarato di voler affrontare argomenti
omosex.
Ma la programmazione si arricchisce ora anche di trasmissioni
esplicitamente incentrate sul mondo gay, per lo più importate dal
ricchissimo mercato britannico e statunitense (dove da tempo non
costituiscono più una novità). Da un lato, si tratta di
trasmissioni-documento, realistiche - anche quando sono serial o
fiction -, che raccontano la realtà omosessuale nelle storie di
ogni giorno; dall’altro, ecco format e spettacoli che mettono di
fronte, in una insolita collaborazione, gli eterosessuali e i gay.
Accade così che una rete satellitare generalista,
Canal Jimmy, accolga a braccia
aperte telefilm omo-oriented: come “The
L Word”, che narra vita, personalità e problemi di
cuore delle lesbiche nella Los Angeles dei nostri giorni; o come
lo stesso “Queer as folk”; o infine come “Metrosexuality”, in onda
dal prossimo 29 settembre. In prima linea si segnala anche
Fox Life, che tiene fede alla
propria missione di canale innovativo. Anzitutto, con la nuova
sitcom “Ellen”, ideata e interpretata da Ellen De Generes, insieme
a guest star come Demi Moore e Cindy Crawford: la partenza è
prevista per il 21 ottobre prossimo.
Sempre su Fox Life è in onda dal 7 settembre, in seconda serata,
un dating show che inserisce un personaggio gay nel gioco di
seduzione eterosessuale: “La
sottile linea rosa”, metafora della comune passione di
gay e donne per gli uomini. Nel format, una single viene aiutata a
trovare un compagno tra quattro pretendenti, grazie anche ai
consigli di look dispensati da Stefano Gabbana. La collaborazione
tra etero e gay in nome del buon gusto e del fascino era già
diventata un cult nel reality show “Queer
Eye for the straight guy”, vincitore di un Emmy Award
negli Stati Uniti e in arrivo anche su La 7. In “Queer eye”,
cinque ragazzi gay (i “queer” del titolo, detti anche “Fab Five”)
si impegnano a rendere un ragazzo etero (“straight”) più
affascinante, dispensando consigli che spaziano dalla moda
all’arredamento, dalla cultura alla cucina, mettendo alla prova il
“bernoccolo” degli omosessuali per la bellezza e la raffinatezza.
L’immagine eccentrica e trasgressiva del popolo gay – cui ci hanno
abituati le manifestazioni di piazza, e puntualmente ripresa da
una certa vulgata – lascia ora il posto a uno spirito ironico,
riflessivo, meno dis-integrato e irrigidito sulla propria
peculiarità, più orientato alla realtà effettuale. Nelle
fiction-documentario, così come nei reality e nei dating show,
etero e gay non sono più due poli di una contrapposizione
esasperata per risultare spettacolare, ma due interlocutori civili
che si riconoscono reciprocamente bisogni e talenti, guardando con
disincanto alla stessa quotidianità da affrontare.
9 settembre 2004
pliberace@yahoo.it
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