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              L’Uomo Ragno secondo Rondolinodi Francesco Ugo Cavallari
 
 Stando agli incassi, nonché all’opinione recentemente espressa da 
              Fabrizio Rondolino sul Corriere della sera magazine, l’Uomo Ragno 
              è diventato l’eroe più amato dagli americani. Non che il volto di 
              Tobey Maguire, interprete di Spider-Man 2, faccia tornare in mente 
              gli attori che hanno incarnato, nella storia del cinema a stelle e 
              strisce, il mito del cavaliere solitario; piuttosto, se ne 
              intercettassimo lo sguardo imbambolato sulla metropolitana, 
              diremmo che è un po’ una faccia da fesso. Eppure si tratta di una 
              scelta attoriale appropriata, perché, ci spiega Rondolino, l’Uomo 
              Ragno non è il classico eroe muscoloso, duro e puro, alla Top Gun, 
              caro a Bush e alla sua cricca di guerrafondai; si tratta invece di 
              un antieroe, di uno che “colpisce sempre e soltanto per secondo”, 
              di uno che, pur combattendo, non crede che la violenza serva ad 
              alcunché, né si compiace delle vittorie riportate. Insomma, uno 
              che, quando ha sconfitto i nemici, non esclama (come il 
              Presidente) “missione compiuta!”. Secondo Rondolino, quindi, il 
              film di Sam Raimi funziona perché le platee d’oltreoceano si 
              identificano con un personaggio che è l’esatto contrario del 
              classico difensore della legge alla John Wayne. L’antieroico Uomo 
              Ragno è in sintonia con la vera e profonda nazione americana, che 
              sente e pensa all’opposto di Bush e dei suoi, in barba ai sondaggi 
              (che attualmente danno i repubblicani in testa) e comunque a 
              prescindere dal futuro verdetto delle urne.
 
 Eppure, guardando il film, non ci è parso che fosse questo il 
              senso del personaggio. Certo, l’Uomo Ragno di Raimi è dubbioso e 
              problematico, ma i suoi dubbi non riguardano l’utilità o meno 
              della forza come arma. Tali questioni sono del tutto assenti nel 
              film. Piuttosto, il suo conflitto è tra il senso del dovere che 
              gli impone di proteggere i concittadini dai malvagi, e la 
              tentazione di mollare tutto per meglio dedicarsi alla sua 
              traballante vita privata. Addirittura, nel suo picco di massimo 
              menefreghismo, il personaggio interpretato da Maguire arriva a 
              girarsi dall’altra parte mentre alcuni delinquenti stanno 
              picchiando un poveraccio. Niente a che vedere con gli sceriffi del 
              vecchio West citati da Rondolino, quelli che secondo lui “sanno 
              bene che la violenza non risolve i problemi” (vorremmo sapere a 
              quale western si riferisce – forse a quello di Pieraccioni). 
              Insomma, se Spider-Man 2 rispecchia le lacerazioni dell’anima 
              americana, lo fa nel rappresentare il perenne conflitto tra 
              l’interventismo, che un tempo era democratico e ora è 
              repubblicano, e l’isolazionismo, più che tra l’arroganza della 
              forza e la disposizione al dialogo. Però, delle due posizioni, il 
              film mette perfettamente in chiaro quale è quella moralmente 
              corretta. Come spiegano ripetutamente i due zii a Parker-Maguire, 
              c’è bisogno di veri eroi, nella migliore tradizione americana.
 
 Lo stesso protagonista ritiene che il suo più grave errore sia 
              stato quello di ignorare un malvivente in fuga, permettendo così 
              l’uccisione di un innocente. L’eroe rimpiange di non aver voluto 
              agire finché era in tempo. Altro che colpire sempre per secondo! 
              Questo è un elogio della guerra preventiva. Quanto alla 
              frase-chiave del film, “potere significa responsabilità”, cioè i 
              forti hanno il dovere di usare la loro forza per prendersi cura 
              dei deboli, potrebbe essere perfettamente uno slogan di Bush in 
              difesa del compito dell’America, garante armata della sicurezza 
              mondiale. Insomma, siamo d’accordo sulla corrispondenza tra il 
              film di Raimi e le incertezze degli americani di oggi. Tuttavia, 
              ci auguriamo che il cuore più autentico di quella nazione non 
              batta assieme al Peter Parker dubbioso, antieroico, vigliacco e 
              con la faccia da fesso, bensì con il fiero Uomo Ragno, che 
              finalmente parte all’inseguimento dei malvagi, incoraggiato dalla 
              sua donna (“falli neri, Spider-Man”), nella sequenza trionfale e 
              molto americana che chiude il film.
 
              
              30 settembre 2004
 caballaria@yahoo.it
 
              
              
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