L’ipocrisia di Rai Tre uccide il vino
italiano
di Franco Ziliani
La domanda, per dirla alla Lubrano, “nasce spontanea”: siamo
proprio certi che il vino italiano, nel suo complesso, abbia
tratto vantaggio e non sia invece stato globalmente danneggiato,
nella sua immagine e nella sua credibilità, dallo speciale del
settimanale di Raitre Report, dal titolo "Vino Amaro", curato da
Bernardo Iovene e trasmesso lo scorso venerdì 24 settembre? E
siamo sicuri che lo spettatore che avesse assistito alla
trasmissione possa davvero restare un consumatore di vino e non
decidere, piuttosto, di abbandonare Valpolicella, Nero d’Avola,
Chianti Classico e Trebbiano d’Abruzzo, per passare, senza
esitazioni, alla birra, all’acqua minerale, ai succhi di frutta o
a qualche bevanda gassata proposta da una multinazionale?
Di fronte ai circa 90 minuti del programma, che sono partiti da
una lunga e dettagliata ricostruzione della vicenda dello scandalo
del metanolo del 1986, affidata al comico Antonio Albanese e non
priva di accenni polemici alla classe politica dell’epoca, per
approdare al mondo delle guide e alla spinosa questione del
rapporto tra vino e salute, viene da chiedersi: “A chi ha giovato
questa trasmissione”? Ha davvero fatto chiarezza sulle
“biotecnologie che permettono di ottenere un prodotto sicuro”, su
“vino da tavola, igt, doc e docg”, sull’industria del vino, sui
criteri con cui vengono assegnate le denominazioni di origine, le
frodi, i contributi di cui usufruisce il settore, sull’influsso
che enologi e guide hanno avuto nel determinare i prezzi di molte
bottiglie di vino?
Oppure questa sorta di grande frullatore in cui sono confluite
tante testimonianze diverse (produttori, enologi, curatori di
guide, medici, tecnici di laboratorio) ha finito con il generare
una grandissima confusione, terrorizzando l’incauto spettatore che
avesse seguito il programma dall’inizio alla fine? Il mondo del
vino italiano, che non è assolutamente immune da contraddizioni,
da errori e ingenuità, e che comprende una larghissima maggioranza
di addetti ai lavori che cercano di fare del proprio meglio e di
offrire al consumatore un prodotto dalla qualità affidabile, non
merita assolutamente di essere messo alla berlina e processato,
quasi senza possibilità di difesa e di contraddittorio, come
invece ha fatto la redazione giornalistica di Report. Gli aspetti
poco chiari che esistono nell’ambito della legislazione
vitivinicola che regola le denominazioni d’origine, i regolamenti
circa l’uso dei mosti concentrati, i decreti che consentono
l’arricchimento, le competenze dell’ispettorato repressioni frodi,
non devono diventare un facile pretesto per un’oggettiva
criminalizzazione dell’intero panorama del vino italiano.
Sicuramente i responsabili di questa trasmissione e della rete Rai
che l’ha ospitata non intendevano ridicolizzare, mostrandolo come
inaffidabile, il mondo del vino italiano, né “criminalizzare” il
moderato consumo di vino, distruggendo i risultati di anni di
ricerche, studi, congressi, sul rapporto tra vino e salute. Il
risultato finale è che il vino è apparso, secondo quanto proposto
da Report, come qualcosa di artificiale. E di cui si può fare
assolutamente a meno. Qualcosa che costa molto, anzi troppo, che è
prodotto in maniera disinvolta, é presentato con etichette
reticenti o poco chiare, è giudicato da personaggi che si affidano
a ridicole liturgie e che litigano tra loro come comari e
minacciano querele e che, se non bastasse, fa persino male. Ma se
il vino fosse davvero tutto quello che è stato proposto al colto e
all’inclita dai 90 minuti di trasmissione proposta dai canali del
servizio pubblico di Rai Tre, per quale oscuro e demenziale motivo
una persona dotata di una normale intelligenza dovrebbe continuare
ad esserne più o meno appassionato consumatore? La risposta a Rai
Tre, a Bernardo Iovene curatore del programma, alla redazione di
Report. E, ci auguriamo, all’intero mondo del vino italiano, che
vorrà reagire a questo incredibile gioco al massacro consumato, a
freddo, ai suoi danni.
7 ottobre 2004
bubwine@hotmail.com
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