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				La lezione 
				di Eugène Ionescodi Myriam D'Ambrosio
 [04 apr 05]
 
              La scena è una 
				quadratura nera con un fondale bianco. Assoluta, lineare, con i 
				colori estremi, simbolo del doppio. Al centro un tavolo e due 
				sedie trasparenti. Tutto è pronto per “La lezione” (1951) di 
				Eugène Ionesco (1912 – 1994), al Teatro Olmetto dal 1 al 18 
				aprile, per la regia di Eugenio de’ Giorgi. “Ho pensato a 
				un’ambientazione attuale e surreale come le parole che vengono 
				dette – dice Eugenio – un luogo che rispetti l’azione, astratto 
				come il testo”. Un posto dove abitano i pensieri inconfessabili 
				da attuare, dove si muove un timido professore alle prese con 
				una frivola studentessa in apparenza molto audace, maliziosa, 
				forse perfino furba. Un’ora o poco più, il tempo reale di una 
				lezione, necessario al cambiamento radicale, al ribaltamento di 
				ruoli, fino all’epilogo tragico e comico.
 Il professore si trasforma in un uomo sadico che usa a proprio 
				vantaggio la stupidità dell’allieva e rafforza il potere della 
				parola, la fascinazione che ne deriva, l’incanto, lo 
				stordimento. Lentamente la spavalda fanciulla diventa vittima di 
				un gioco che termina con l’eliminazione fisica di lei. Tra il 
				grottesco e l’ossessivo, sulla scena ci sono Alberto Faregna (il 
				professore), Elena Boat (l’allieva) e Deborah de Flammineis (la 
				governante di lui). “Ho scelto di rappresentare Ionesco e questo 
				testo in particolare perché si “sposava” con Achille Campanile 
				che adoro e che ho proposto in questa stagione dedicata alla 
				drammaturgia del Novecento – spiega de’ Giorgi – sono molto 
				simili nella scrittura e mi sembrava interessante metterli a 
				confronto. L’assurdo appartiene ad entrambi”.
 
 Due autori vicini anche cronologicamente, che hanno visto 
				crescere il secolo scorso e ne hanno esorcizzato l’anima con lo 
				spirito beffardo. Un percorso che Eugenio compie nella stagione 
				presente e nella prossima, un “affondo” nell’ironia trionfante 
				che rappresenta pura forza per accettare le incoerenze umane 
				(gli abissi) e riderne. “In questo testo bisogna essere comici, 
				sottolineare i lampi di follia – aggiunge – anche se i 
				personaggi sono tre, è quasi un monologo. E’ il professore a 
				tenere il gioco. Alberto Faregna è un attore che ha lavorato con 
				me anche per Campanile. L’ho trovato adatto per il ruolo del 
				prof, fa parte delle sue corde. Anche Elena, mia ex allieva, ha 
				interpretato Campanile con me. Non è un caso questa scelta. Sono 
				attori che seguono la traccia proposta adesso. Ora va di moda 
				seguire e approfondire una tematica, lavorare su un progetto che 
				caratterizza l’intera stagione. Sta funzionando così”.
 
 Ne “La lezione”, la morbosa natura inconfessata e nascosta si 
				rivela: la ragazza non è la smorfiosa che appare all’inizio, 
				l’insegnante non è l’uomo impacciato dei primi scambi di 
				battute, la governante non è una placida signora, ma 
				un’inquietante voyeur. “E’ una complice compiaciuta che accetta 
				il professore per quello che è, lo conosce, diventa quasi la sua 
				mamma in certi passaggi – conclude Eugenio - E’ fredda e poi 
				comicissima. Potrebbe impedire l’uccisione della quarantesima 
				vittima ma non lo fa. A interpretarla è Deborah, un’altra ex 
				allieva”. Dopo questo “drame comique”, per definizione dello 
				stesso autore, de’ Giorgi (forse per la prossima stagione), 
				vuole riprendere “Il maleficio della farfalla” di Federico 
				Garcia Lorca, un suo grande amore tra i contemporanei “poco 
				visitato e non di moda, difficile da mettere in scena anche 
				perché richiede la presenza di molti attori. Ma qualche anno fa 
				fu un successo di pubblico e vorrei riproporlo all’interno del 
				progetto sulla drammaturgia del Novecento”.
 
 04 aprile 2005
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