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				Un premio per il blog più 
				liberodi Marta Brachini
 [10 mag 05]
 
 C’è chi rischia la vita per informare e chi la rischia la per la 
				libertà di pensare. Nello stesso giorno in cui il rapporto di 
				Reporters sans Frontières annuncia che il 2004 è stato l’anno 
				più nero per i tutti i giornalisti del mondo, viene denunciato 
				anche il grave pericolo che oggi corrono i singoli cittadini di 
				paesi dove non esiste libertà di stampa e neanche quella di 
				pensiero. L’allarme arriva dalla città santa di Quom in Iran 
				dove “scrivere di politica o di problemi sociali è un atto 
				audace, specialmente ora che il governo centrale ha investito le 
				autorità locali del compito di imbavagliare i bloggers”, 
				pericolosissimi se riescono a superare i confini nazionale e ad 
				attirare l’attenzione esterna. Senza dubbio l’importanza del 
				dissenso interno ai regimi autoritari di oggi sta crescendo e 
				l’associazione dei giornalisti senza frontiere ha deciso di 
				monitorare anche quelle espressioni più o meno giornalistiche 
				espresse attraverso internet. E a questo scopo ha lanciato dal 
				suo portale un sondaggio-voto sul blog più rappresentativo della 
				libertà d’espressione, il
				
				Freedom Blog Awards.
 
 Divisi per continenti o per lingua utilizzata i partecipanti al 
				premio sono moltissimi e adeguatamente identificati per 
				tematiche. Sono dieci dall’Africa e dal Medio Oriente, tre dalle 
				Americhe, otto dal continente europeo, dieci da quello asiatico 
				e ben diciannove solo dall’Iran, più sette, infine, che si 
				occupano dei problemi dell’informazione giornaliera via cavo a 
				livello internazionale. Spicca l’utilizzo della lingua inglese 
				(25 blog), subito rincorsa dall’evidente e ampia comunicazione 
				iraniana (21). Ma i Blog che rischiano di più al momento sono 
				appunto quelli vessati dalla cyber-censura iraniana. Tre casi di 
				blogger di Quom sono adesso seguiti da RsF: Mojtaba Lotfi, un 
				cyber-journalist condannato a tre anni e dieci mesi di prigione 
				e tutt’ora detenuto in pessime condizioni di salute; Farid Farid 
				Modaressi, un blogger chiamato a rispondere alla corte locale il 
				14 maggio delle sue offese al presidente apparse nel suo blog; 
				Mohamad Reza Fath, un insegnante tormentato dagli interrogatori 
				che ha scritto direttamente a Katami lamentando esasperato la 
				“scarsa capacità dei funzionari civili di accettare le 
				critiche”.
 
 Secondo il rapporto aggiornato al gennaio 2005 sono almeno 107 i 
				giornalisti imprigionati nel mondo, almeno 907 arrestati e 1146 
				che hanno subito attacchi fisici e minacce. Infatti, assicurano 
				i Reporters sans Frontières, “uccidere giornalisti non è il solo 
				modo per far tacere le voci di dissenso”. Anno nero il 2004 con 
				53 gli uccisi nello svolgimento del loro lavoro e il peggior 
				teatro d’azione è stato certamente l’Iraq con 19 giornalisti e 
				collaboratori della stampa assassinati e più di una dozzina 
				rapiti. Insomma una Baghdad Burning come descritta dallo stesso 
				nome di uno dei
				
				blog in concorso che 
				riuscirebbe perfino a farci sentire la polvere delle strade la 
				vita comune di una metropoli la cui libertà è costantemente 
				messa sotto ricatto dalle bombe. Ma ci sono in concorso bloggers 
				che combattono contro la repressione, la censura o il monopolio 
				della stampa dall’Asia all’Africa, fino ai casi ben conosciuti 
				di Cuba e della Corea del Nord. Nei teatri di guerra e nelle 
				società chiuse internet è spesso una finestra sul mondo e i blog 
				un modo per entrare a farne parte. Adesso potranno ottenere 
				visibilità attraverso un riconoscimento ufficiale: il Freedom 
				Blog Awards, in partership con l’omonima iniziativa tedesca. Le 
				votazioni si concluderanno il primo giugno e il vincitore sarà 
				proclamato due settimane dopo.
 
              
				10 maggio 2005
 m.brachini@libero.it
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