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				La nuova TV: sono affari di famigliadi Paola Liberace
 [02 
				nov 05]
 
 La televisione entra nelle famiglie: ma non nel senso consueto, 
				al quale – per esperienza diretta - siamo abituati. Le 
				trasmissioni annunciate per la nuova stagione televisiva 
				internazionale chiamano in causa le vicende familiari e il loro 
				impatto sulla società. L’anteprima della “collezione TV 
				autunno-inverno”, che ha sfilato al
				
				MIPCOM di Cannes commentata da 
				Virginia Mouseler, CEO della
				
				The WIT, mostra una generazione 
				di format - specialmente reality show - disposti a condizionare 
				l’esistenza e le scelte dei suoi protagonisti: non più solo a 
				livello individuale, ma fin nel cuore della dimensione familiare 
				e nei rapporti tra le generazioni, fino a destrutturare 
				completamente il concetto stesso di famiglia.
 
              Il minimo che 
				possa accadere è di vedere l’ennesima rivisitazione del “Grande 
				Fratello”, nella quale ad essere reclusi nella casa sono 
				stavolta i partecipanti insieme alle loro madri. “Big Mother” 
				(www.bigmother.gr), questo il titolo del format, è partito 
				all’inizio di ottobre in Grecia e ha già mostrato scintille tra 
				le genitrici (che in molti casi non faticano a ricordare quelle 
				protettive e inviperite di certi concorsi di bellezza). Per una 
				madre che strepita in diretta, c’è un figlio intrattabile da 
				rieducare sotto le telecamere: un pargoletto impossibile, 
				rinchiuso insieme ai suoi genitori - e con altre due famiglie 
				alle prese con marmocchi terribili - in una sorta di casa del 
				balocchi. Nel giro di una settimana, con l’aiuto di un terapista 
				familiare, padri e madri esasperati cercheranno di venire a capo 
				del caratteraccio dei loro bambini. Il format BBC, in onda in 
				Gran Bretagna dal mese di Maggio, intitolato “The 
				house of tiny tearaways”, sbatte i mostriciattoli in 
				prima pagina, trasformando in spettacolo un problema sociale e 
				insieme assolutamente intimo, con la pretesa di affrontare in 
				sette giorni (?) le difficoltà che due genitori non sono 
				riusciti a dirimere nei primi anni di vita. Se i marmocchi 
				dovessero sopravvivere, il caso diventa clinico: non contenti di 
				essersi precocemente intrufolati negli equilibri educativi, gli 
				psicologi intervengono allora colpevolizzando i genitori per il 
				futuro, e minacciando ai figli dei malcapitati una vita di 
				squilibri fisici, mentali e sociali, se non vengano applicate 
				immantinente le loro direttive di revisione della vita 
				familiare. Questo è il succo di “Honey, 
				we’re killing the kids”, una sorta di docu-soap con 
				pretese educative in onda in Gran Bretagna e Australia sin da 
				marzo. Ignoti – per ora – i risultati delle famiglie 
				“rieducate”, condotte a tambur battente da una felice e 
				affettuosa confusione a un’algida organizzazione di ruoli e 
				tempi, con tanto di divieti alimentari da rispettare.
               
              I guai familiari 
				non cominciano (né finiscono) con l’arrivo dei figli: nel mirino 
				della TV ci sono anzitutto le dinamiche della coppia, dalla sua 
				formazione - naturale o artificiale – alla sua routine, fino 
				alla separazione. A far incontrare a scopi matrimoniali due 
				sconosciuti, che in due sole settimane dovranno conoscersi, 
				cercare di piacersi e decidere se convolare a giuste nozze, ci 
				pensa il format targato Endemol “Blind 
				Marriage”, in onda in Olanda dalla fine di Agosto: 
				l’esperimento può anche non riuscire, caso in cui i due si 
				separano senza rancore, magari quando sono già arrivati in abito 
				nuziale davanti al sindaco. Ma per una coppia che tenta di 
				formarsi, ce ne sono altre che non si formeranno mai – pur 
				essendo unite dalla generazione di un figlio. E’ il caso del 
				crudo “I 
				want your baby, not your love”, della Eyeworks, anche 
				in questo caso trasmesso nella “liberale” Olanda da fine agosto, 
				e dedicato alla scelta del donatore di sperma ideale da parte di 
				due donne – una lesbica e una etero single. Le parole chiave 
				sono quelle già rese note nel nostro paese dalla propaganda 
				pro-referendaria: “diritto” al figlio”, “desiderio” di maternità 
				sono gli imperativi che conducono le due concorrenti a ricorrere 
				al mezzo televisivo - giustificato dal fine. Donne: se siete ancora lì, sopravvissute a PACS, FIVET e altri 
				esperimenti riproduttivo-coniugali, se avete messo su famiglia, 
				ma vi siete accorte che – come accade nel novanta per cento dei 
				casi - il vostro maritino tanto premuroso e dolce è diventato un 
				animale da divano, niente paura. Gli autori di “Bring your 
				husband to heel”, contestatissimo format della Fremantle in onda 
				da Agosto in Gran Bretagna, giurano di restituirvelo come nuovo, 
				con l’aiuto di una consulente che è in realtà… un’addestratrice 
				di cani. La signora vi insegnerà – a sua completa insaputa - 
				come far stare il coniuge a cuccia, come lanciargli l’osso 
				quando fa il bravo e sgridarlo quando non vi dà retta, e vi 
				permetterà di ridurlo in qualche settimana a un cucciolo 
				obbediente.
 
              Se nemmeno 
				l’esperimento cinofilo avesse successo, e la vostra vita 
				matrimoniale andasse comunque a rotoli, potreste sempre 
				consolarvi con “The ex-wives club”, prodotto dalla 20th Century 
				Fox e in attesa di essere trasmesso negli USA: un reality 
				strettamente parente dei format alla “I fantastici 5”, nei quali 
				un gruppo di rappresentanti di una “minoranza” (sociale, 
				sessuale, culturale…) insegna ad un rappresentante della 
				“maggioranza” come vivere felice e contento. Qui si tratta di 
				quattro sfavillanti divorziate, che insegnano a donne distrutte 
				da una separazione come rimettere in sesto la propria esistenza, 
				riacquistando autostima, migliorando il proprio aspetto fisico, 
				e soprattutto vendicandosi del bastardo. Cosa volere di più 
				dalla vita familiare – esclusa, s’intende, la piatta, banale, 
				superatissima, straordinaria normalità?
 02 novembre 2005
 
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