Il gusto salato dei vini dolci
di Franco Ziliani
Qualche lettore, e qualche amica in particolare – considerato che
questo tipo di vini incontra particolare favore presso il pubblico
femminile – mi ha bonariamente rimproverato di non parlare, se non
rarissimamente, semel in anno, dei vini dolci. Annotazione
verissima, perché a differenza di qualche collega, ad esempio
l’ottimo Alessandro Masnaghetti – un cultore del genere che anni
fa dedicò un insuperato libro ai “vini da meditazione” – non sono
un particolare amante di questo speciale tipo di vini, a mio
avviso espressione più di una peculiare tecnica di produzione,
(l’appassimento, l’attacco da muffe nobili, la vendemmia tardiva),
che delle caratteristiche del vitigno d’origine o della zona di
produzione. Ciononostante, pur prediligendo più che altro un
rinfrescante e allegro Moscato d’Asti, un Asti, una Malvasia di
Castelnuovo Don Bosco, o al più un Vecchio Marsala, (diverso il
discorso per il Porto, il Madeira ed i vini di Jerez) non posso
non riconoscere che il fenomeno dei vini da dessert, da fine
pasto, da meditazione, come li si voglia chiamare, è in grande
sviluppo e che in Italia, accanto alle tradizionali zone di
produzione, e ai vini dolci classici, stanno emergendo nuove aree,
nuovi prodotti e nuovi protagonisti. Una valida occasione per
riflettere su questo fenomeno in grande crescita e per certi versi
un po’ alla moda mi è venuta dalla recente pubblicazione, per i
tipi di Alexandra – Cucina & Vini editrice (www.cucinaevini.it –
cucinaevini@cucinaevini.it tel. 06 86320393), dell’edizione 2004
(la quarta della serie) della guida “Bere dolce”, curata e
coordinata da Francesco D’Agostino.
Si producono sempre più vini “dolci” oggi in Italia, ed il team di
degustatori ci dice di averne assaggiati oltre 650, per
selezionarne 371 tutti presenti in guida e destinatari di una
scheda individuale con tanto di descrizione organolettica, dati
sull’azienda, foto dell’etichetta e, inevitabile, un giudizio di
merito, espresso da un minimo di una ad un massimo di cinque
sfere, con possibilità di punteggi intermedi. Naturalmente, forti
di prodotti trainanti e dai molti interpreti come Asti, Moscato
d’Asti, Brachetto da un lato ed i vari Recioto dall’altra, regioni
come il Piemonte ed il Veneto sono le protagoniste assolute,
rispettivamente con 77 e 71 vini selezionati, del volume, seguite,
a distanza, da Toscana (soprattutto grazie ai Vin Santo) e Friuli
(per merito dei vari Picolit, Verduzzo, Ramandolo). Non è però una
disamina della rappresentanza delle varie regioni e zone vinicole
in questa interessante e utile guida, sostanzialmente completa
anche se con qualche assenza che mi riesce difficile attribuire ad
una non sufficiente qualità dei vini emersa nelle degustazioni
preliminari (voglio citare Le Passule di Librandi, l’Aleatico del
Salento di Candido, i Marsala di De Bartoli, il Moscato e l’Asti
di Dogliotti, il Vin Santo di San Giusto a Rentennano, il Solalto
della Fattoria Le Pupille, il Forteto della Luja, l’Albana Scacco
Matto della Zerbina, ecc.), ciò che maggiormente m’interessa,
quanto mettere in rilievo un aspetto che rischia di condizionare
pesantemente l’effettivo successo e la fidelizzazione di consumo,
da parte dei consumatori, di questi vini. Della stragrande
maggioranza dei vini selezionati, “Bere dolce 2004” riporta un
prezzo che, ci viene detto, corrisponde al prezzo medio in
enoteca, ovvero alla cifra che il consumatore finale deve sborsare
per portarsi a casa e regalarsi il piacere di uno di questi
nettari.
Vini edonistici, ma prezzi da sofferenza
Il prezzo di vendita che emerge da questo ampio repertorio dei
prodotti in circolazione è un prezzo che, dato il carattere
assolutamente edonistico di questi vini e della loro fruizione,
data la loro immagine di vini che chiudono e completano un pranzo,
collocandosi in quella fase del “dopo pasto” che condividono con i
distillati e, per gli amanti del genere, con un sigaro, rischia,
alla luce dell’attuale congiuntura economica, di trasformare
questi vini in surDaily, cui si deve, anche se a malincuore,
rinunciare. Prezzi che tradotti davvero in soldoni vanno da 5 a 10
euro per un Moscato d’Asti, da 8 a 13 euro per un normalissimo
Brachetto d’Acqui, da 7 a 35 euro (70 mila lire circa !) per un
Moscadello di Montalcino, da 12 a 35 euro per un Vin Santo (caso
di Avignonesi e dell’Occhio di Pernice a parte), da 7,50 a 14 per
un Frascati Cannellino, collocano decisamente questi vini in
un’area di consumo assolutamente episodica che non credo rispecchi
i desiderata dei produttori. Ancora peggio, se possibile, con gli
emergenti vini dolci, base Gewürztraminer, Moscato rosa, Moscato
giallo, Sauvignon, Riesling, ecc dell’Alto Adige, che proposti in
eleganti flaconcini da 0,375, una volta esposti sullo scaffale
riportano indicazioni di prezzo dai 20 ai 40 euro, con il Vin
Santo trentino che in bottigliette da mezzo litro non costa meno
di 30-40 euro, con i Verdicchio passito da 14 a 30 euro al mezzo
litro, con i Sagrantino di Montefalco passito dai 20 ai 30 euro
per 375 centilitri.
Nettari preziosi, ahi, quanto preziosi
Anche nelle zone classiche come il Veneto le cose non vanno
sostanzialmente meglio, con i Recioto di Soave varianti dai 15 ai
30 euro in flaconi da 375 e 500, con i cugini della Valpolicella
che con bottigliette dello stesso formato (il consumo di questi
vini è generalmente a bicchiere, soprattutto nella ristorazione,
sono vini da centellinare, non da trangugiare), prevedono prezzi
medi dai 15 ai 30 euro. Questo senza parlare del Torcolato o di un
muffa nobile di un noto produttore di Breganze, o di qualche
Veneto passito base Chardonnay, Garganega o altro di qualche
produttore veronese dalla recente storia, per i quali i 30 euro
sono automatici. In Friuli per un Ramandolo l’appassionato non
spende secondo “Bere dolce 2004” meno di 25-30 euro, per un
Picolit (bottiglietta da 0,50) da 25 a 60 euro, per un Verduzzo
15-20. E la musica, se così la si può chiamare, non cambia anche
scendendo al Sud per i Passiti di Pantelleria, le Malvasia delle
Lipari e per un Fiano e Greco vendemmia tardiva, ovviamente
passato in barrique come la maggior parte di ogni vino dolce che
si rispetti e che sia alla page, proposto a circa 30 euro per la
bottiglietta da mezzo litro. Perbacco, non l’ha prescritto il
medico di acquistare e stappare questi nettari davvero così
preziosi (in tutti i sensi), ma praticando questi prezzi, anche se
per vini che sono prodotti in quantitativi molto ridotti, da
completamento di gamma, sono proprio sicuri i signori produttori
(e le enoteche che ricaricano così vigorosamente) di trovare un
mercato, seppure di nicchia, da aficionado, da patiti del genere,
per questi loro gioielli ? Ma che gusto amaro, accidenti, ha per
il consumatore togliersi lo sfizio di…bere dolce!
16 febbraio 2004
bubwine@hotmail.com
|