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      I vini del Franco bevitore. Un Montepulciano per 
      l’estatedi Franco Ziliani
 
 Voglio azzardare una previsione: scommettiamo che dato l’incredibile 
      andamento climatico della torrida estate 2003, caratterizzata (e chi può 
      averlo dimenticato?) da tre mesi di calura tropicale, i migliori vini di 
      questo millesimo, voglio dire i più equilibrati e piacevoli e non quelli 
      qualitativamente superiori in senso assoluto, alla fine risulteranno non i 
      bianchi né tantomeno i rossi, ma quella sorta di…”figli di nessuno” 
      enologici che corrispondono al nome di vini rosati? Con i prevedibili 
      problemi di bassa acidità, di eccessivo tenore alcolico, di mollezza e 
      scarsezza di nerbo che avranno, se si vuole rispettare l’annata e non 
      essere interventisti e invasivi in cantina, i vini bianchi, e con la super 
      concentrazione marmellatosa, l’alcol sostenuto, i colori sparati che 
      presenteranno indubbiamente, salvo fortunate eccezioni, i vini rossi, con 
      le uve appassite, anzi cotte in vigna dal sole africano, come non pensare, 
      se ci si vuole mettere nell’ottica di chi berrà i vini mangiandoci sopra 
      come è normale prassi, e non limitandosi a degustarli facendoli oggetto di 
      capziose analisi, che i rosati della più recente vendemmia possano 
      costituire una delle più convincenti risposte alla comprensibile richiesta 
      del consumatore di disporre di vini affidabili ai quali possa dare del tu?
 
 Bisogna proprio essere schiavi di una mentalità distorta, di un feroce 
      manicheismo che relega i rosati al rango di vinelli, e che sembra non 
      riconoscere loro la dignità che invece possiedono, e a pieno merito, per 
      scartare a priori, invece di ragionarci sopra senza prevenzioni, meglio 
      ancora davanti ad un bicchiere, l’ipotesi, tutt’altro che balzana, che i 
      rosati espressione della problematica vendemmia 2003 possano essere non 
      solo degli ottimi prodotti in sé, ma costituire, nelle zone di produzione 
      che registrano la difficile sopravvivenza di questa particolare tipologia, 
      l’espressione ottimale e la più compiuta di questa annata. Io che manicheo 
      mi sforzo di non essere, e che per di più non perdo occasione per 
      manifestare la mia predilezione per questi vini che, ostacolati da una 
      scarsa fiducia degli stessi produttori nei loro confronti, faticano ad 
      imporre una loro immagine precisa e ad accreditarsi agli occhi di un 
      appassionato stanco delle solite cose e più disponibile di quel che si 
      pensi a ri-appassionarsi a prodotti veri e dotati di un accento personale, 
      in nome di quella “bio-diversità” che non deve essere solo uno slogan alla 
      moda, voglio pubblicamente scommettere che il 2004 possa essere, per chi 
      non ha l’anello al naso e non ha versato il cervello, e soprattutto il 
      palato, all’ammasso, un anno favorevole per scoprire i pregi, non 
      indifferenti, di un rosato fatto come Bacco comanda.
 
 Pregi non solo legati al prezzo, generalmente piuttosto contenuto, di 
      questi vini, il che con questi chiari di luna e con l’attuale timida 
      “propensione all’acquisto”, come i tecnici definiscono la scarsa voglia di 
      allargare i cordoni della borsa, non rappresenta di certo una nota 
      negativa, anzi, ma alla loro estrema versatilità e duttilità d’uso dovuta 
      alla freschezza, al basso contenuto di tannini, al gusto morbido, succoso 
      e fruttato. Con un buon rosato, servito alla giusta temperatura, fresco di 
      cantina o leggermente freddo, ma sicuramente meno rispetto ad un bianco, 
      si entra nel mondo di quei vini immediati e non complessi che possono 
      essere apprezzati sia come aperitivo non convenzionale, sia serviti e 
      abbinati, con grande soddisfazione, ad una vastissima gamma di piatti che 
      vanno dagli antipasti freddi a salumi, torte salate, ai primi piatti con 
      pomodoro, sino ad umidi di carne e di pesce, involtini e moltissimi altri 
      piatti, a base di verdure (come una parmigiana di melanzane o un’insalata 
      niçoise, una zuppa di cereali o di legumi) che fanno parte della cucina 
      normale di tutti i giorni.
 
 E poi, cari amici che in pizzeria, più che altro per abitudine, siete 
      soliti sposare le vostre margherita, capricciosa, quattro stagioni, ecc. 
      ad una birra, avete mai provato quale autentica goduria, gastronomicamente 
      parlando, possa essere il gustarsi un buon rosato fresco su una pizza? 
      Proprio su questo classico della cucina napoletana, diventato ormai un 
      piatto amato in tutto il mondo, ho gustato, eccome, il primo di una serie 
      di magnifici vini rosati annata 2003 che mi riprometto di proporvi 
      periodicamente nei prossimi mesi, un vino proveniente da una di quelle 
      regioni che meglio hanno saputo costruire una tradizione ed una cultura 
      dei rosati, ovvero l’Abruzzo, un profumatissimo Montepulciano Cerasuolo di 
      tredici gradi e mezzo, (altro che un vinello!), proposto da un’azienda 
      inspiegabilmente dimenticata dalle varie guide, sempre così attente, 
      quando vogliono, a segnalare ed incensare anche gli esordienti, quando 
      producano vini che rispecchiano l’estetica enologica dominante.
 
 Ciavolich, una dinastia attiva nel mondo del vino dal lontano 1853, solo 
      dal 1997 ha deciso di imbottigliare i propri vini e di uscire sul mercato 
      e l’ha fatto, oltre che con un Trebbiano molto corretto, soprattutto con 
      dei Montepulciano, inseriti nella linea denominata Divus, che non hanno 
      mancato di farsi apprezzare per la loro integrità e la piena volontà di 
      rispettare, con una vinificazione totalmente in acciaio, e senza ricorso a 
      quella barrique che troppo spesso in Abruzzo trasforma un buon 
      Montepulciano in un’insoddisfacente incompiuta, le caratteristiche 
      basilari, la naturale morbidezza e dolcezza di frutto, di questa magnifica 
      uva. Dai 36 ettari vitati dedicati al Montepulciano, posti in gran parte a 
      Loreto Aprutino nel pescarese e a Miglianico nel chietino, l’azienda, che 
      ultimamente ha posto sul mercato anche un Aries Colline Pescaresi Igt, a 
      base dell’intrigante vitigno Pecorino, elabora anche questo bellissimo 
      Cerasuolo, dallo spettacolare colore rubino corallo appunto…cerasuolo, 
      rilucente di riflessi luminosi, e dai profumi accattivanti super 
      fragranti, intensamente fruttati, che richiamano mora, ribes, lampone e 
      fragola, e dalle note floreali che evocano il geranio e la salvia.
 
 Equilibrio, piena gradevolezza, immediatezza e vivacità d’espressione 
      anche al gusto, intensamente fruttato, succoso, scoppiettante, ben 
      strutturato come è giusto che si presenti un vino, seppure rosato, del 
      2003, pieno, carnoso, ma retto da una buona acidità e da una ricchezza di 
      sale, da un nerbo sapido appunto, che rendono il vino un ottimale compagno 
      della buona tavola e fanno sì che la bottiglia si vuoti rapidamente ed in 
      allegria. Ma non è appunto questo, accidentaccio, il vero obiettivo che 
      ogni bottiglia riuscita e che ogni vino degno di questo nome deve 
      raggiungere?
 
      Azienda 
      agricola Ciavolich, Contrada Cerreto 18, 66010 Miglianico CHIETI, Tel. 
      0871958797 Fax: 0871958028. € 7,50
      
      
      info@ciavolich.com 
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      www.ciavolich.com 
      
      3 giugno 2004
 bubwine@hotmail.com
 
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