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      I mille gusti del rosato in libreriadi Franco Ziliani
 
 E’ singolare che il volume “I vini rosati del Gambero Rosso” (115 pagg. 10 
      euro 
      libri@gamberorosso.it) sia edito proprio da quella casa 
      editrice che, sulla carta, appariva come la più lontana dal nutrire 
      interesse per questi vini. Pur riconoscendo l’indubbia qualità del lavoro 
      fatto dall’autore Di Cintio, che ha assaggiato e selezionato 284 vini (54 
      dell’Abruzzo, 49 della Puglia, 43 della Lombardia, 23 del Veneto, 16 del 
      Trentino, 15 della Calabria e della Sardegna, 14 della Toscana, 12 
      dell’Alto Adige, 8 della Sicilia, 7 della Campania, 5 delle Marche e 
      dell’Emilia Romagna, 3 della Liguria, 2 della Basilicata e del Piemonte, 
      uno della Valle d’Aosta), e ha messo a disposizione degli appassionati un 
      repertorio completo di riferimento, non posso esimermi dal rilevare che si 
      poteva fare ancor meglio, se il volume non fosse stato limitato in una 
      gabbia editoriale troppo angusta, che ha costretto l’autore a selezionare 
      meno vini di quanto, credo, avrebbe voluto.
 
 La rappresentativa campana è ad esempio troppo ristretta, mancando vini 
      puntualmente segnalati da un altro bravissimo collega, Luciano Pignataro, 
      nel suo nuovo lavoro “la Carta dei vini della Campania e della Basilicata 
      2004” (284 pp. 14 euro) pubblicato dalle Edizioni dell’Ippogrifo (info@edizionidellippogrifo.it 
      tel. e fax 081 5177000), come l’ottimo Cerasuolo Baios Pompeiano IGT dei 
      Vini della Sibilla, il Crote rosato Irpinia IGT di Colle di Castelfranci, 
      il Lacryma Christi rosato di aziende come Grotte del Sole, Cantina del 
      Vesuvio, Saviano 1760. E manca anche, in Puglia, il nuovo rosato, Piccoli 
      passi, di Candido, oppure, in Alto Adige, La Rose de Manincor della Tenuta 
      Manincor.
 
 Va benissimo la scelta di presentare, procedendo da Nord all’estremo Sud, 
      dalla Valle d’Aosta alla Sardegna, i migliori rosati, comprendendone 3 per 
      pagina con tanto di etichetta e di tutti i dati utili sull’azienda. Resto 
      perplesso sulla scelta di fornire una scheda di degustazione di ogni vino 
      – analisi organolettica corredata da informazioni che più sintetiche non 
      si può sul produttore e da qualche consiglio di abbinamento ai piatti. 
      Sarebbero state preferibili meno descrizioni delle note di ciliegia, 
      fragola di bosco e ribes, e più informazioni sul vino ed sul tipo di 
      vinificazione, corredate da una serie di indici (nel libro ci sono solo 
      quelli dei vini e dei produttori) che mancano. Per esempio un indice dei 
      vini in base al tipo di uve utilizzate, un indice secondo le fasce di 
      prezzo (a proposito: i prezzi che sono indicati nella scheda di ogni vino 
      sono prezzi medi in enoteca o prezzi di vendita in azienda?), segnalando i 
      vini più economici e quelli dal più vantaggioso rapporto prezzo-qualità.
 
 Interessante, per il consumatore, sarebbe stato disporre di un indice che 
      presentasse i vini secondo la loro tipologia (giovani, freschi e floreali, 
      corposi e fruttati, affinati in legno, spumanti). Non è consigliabile 
      mettere, com’è stato fatto, i vini fermi insieme agli spumanti, ai quali 
      sarebbe stato opportuno riservare una sezione speciale.Sarebbe stato 
      utile, inoltre, distinguere dagli altri quei rosati particolari (tipo il 
      Vigna Mazzì di Damiano Calò, il Rogito della Cantina del Notaio, il 
      Molmenti di Costaripa, il Grayasusi etichetta argento di Ceraudo), che 
      prevedono un affinamento in legno, interrogando i produttori sui motivi di 
      questa scelta. Il libro sarebbe stato più completo con un’introduzione 
      meno generica, che delineasse la particolare “filosofia” dei rosati e che 
      trovasse complemento in una sezione di taglio gastronomico (magari con il 
      contributo di qualche chef) dove fornire consigli pratici di abbinamento 
      dei rosati ai cibi, suggerimenti che avrebbero più facilmente indotto il 
      consumatore a tentare la via dei rosati e a sperimentarne la duttilità a 
      tavola.
 
 Infine un’annotazione che suonerà paradossale da parte di chi, come me, 
      contesta il sistema di “pensiero” e di valutazione che vincola il valore 
      di un vino al numero di bicchieri, stelle, grappoli, centesimi che ha 
      ricevuto su guide e riviste. Nell’introduzione ci viene detto che circa 70 
      delle 284 etichette selezionate hanno “raggiunto punteggi piuttosto alti, 
      in alcuni casi molto vicini ai 90 centesimi”. Bene, ma allora perché non 
      dirci chiaramente, con un simbolo o un indice quali questi vini siano e 
      quali punteggi abbiano rispettivamente ottenuto? Perché non contrassegnare 
      con un simbolo quelli dotati del migliore rapporto prezzo-qualità? Una 
      cosa è chiara: se i migliori vini si sono solo avvicinati alla fatidica 
      soglia dei 90/100 e non l’hanno raggiunta e superata, anche nell’edizione 
      2005 della guida Vini d’Italia, di cui questo utilissimo e agile volumetto 
      è in qualche modo un’appendice, nessun rosato conquisterà un “tre 
      bicchieri”. E se non li si premia quest’anno, che sono stati di livello 
      superiore, che sono stati “sdoganati” e sono usciti dal ghetto, al punto 
      da diventare persino di moda, quale fantasmagorico ed incredibile evento 
      si aspetta?
 
      
      21 settembre 2004
 bubwine@hotmail.com
 
 
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