La Shoà celebrata tra quadri fascisti e
saluti romani
di Dimitri Buffa
[27 gen 05]
A paradosso si risponde con paradosso: se Gramazio era andato
fino al Muro del Pianto in Israele per spararla grossa sulla
presunta innocenza fascista nella deportazione degli ebrei, la
Comunità ebraica di Roma ha tenuto il 26 gennaio un concerto
commemorativo nella sala Sironi del palazzo degli invalidi
dell'architetto Piacentini, tra bassorilievi riproducenti il
celeberrimo "fascio di combattimento" e di fronte a un quadro
dello stesso Sironi raffigurante il saluto - ovviamente romano -
al milite ignoto.
Un quadro che
prende un'intera parete con tanti soldati emulati poi da Paolo di
Canio. C'è da dire che andando avanti nel tempo gli incidenti di
questo tipo sono destinati a diventare sempre più frequenti: una
cosa è la memoria, un'altra l'ossessione e la retorica. Non che la
cantante Charlette Shulamit Ottolenghi non avesse preparato con
cura il recital strappalacrime in tedesco intitolato "Dalle
profondità - Canti di donne della Shoah". Scegliendo quasi
esclusivamente brani di Ilse Weber, una compositrice internata con
due bambini e morta con uno di loro Ad Auschwitz. Ma tutta la
serata, in quella cornice, assumeva inevitabilmente un tono
grottesco e le sedie scomode stipate alla bene e meglio facevano
il resto.
La musica alla
fine è risultata commovente, basti pensare all' "Auschwitz
lieder", uno dei capolavori composti dai tanti musicisti internati
che clandestinamente scrivevano musica dai campi di
concentramento. Però nessuno si sarebbe mai aspettato che la prima
rappresentazione dei loro piccoli capolavori di sofferenza sarebbe
stata eseguita in un palazzo fascista.
27 gennaio 2005
|