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		I rapporti Cia-Vaticano tra realtà e leggendadi Stefano Magni
 [11 apr 05]
 
 Cia e Vaticano furono per decenni il bersaglio polemico di tutta la 
		propaganda di sinistra. Cooperarono veramente? I due uomini che, più di 
		altri, contribuirono al collasso dell’Unione Sovietica, Reagan e 
		Giovanni Paolo II, effettivamente furono complici: una fortuna per 
		decine di milioni di cattolici oppressi al di là della Cortina di Ferro. 
		Dal 1981 al 1989, vi fu una certa, indiretta cooperazione fra Cia e 
		Vaticano per proteggere la dissidenza in Polonia. Questo è quanto si 
		deduce dalle testimonianze raccolte dal giornalista statunitense Peter 
		Schweizer. Appena insediatosi alla Casa Bianca, Reagan si convinse che 
		sarebbe stato Giovanni Paolo II a determinare il futuro della Polonia. 
		Lo aveva intuito per vari motivi: vedendo milioni di Polacchi che erano 
		accorsi ad accogliere il Pontefice nel corso della sua prima visita 
		oltre-cortina, assistendo al discorso del Papa in Messico contro la 
		Teologia della Liberazione (la branca della Chiesa più vicina al 
		marxismo che in Nicaragua appoggiava il regime comunista e nel Salvador 
		era dalla parte della guerriglia filosovietica) e soprattutto leggendo 
		le pubblicazioni cariche di odio nei confronti del Vaticano che venivano 
		diffuse dal regime sovietico.
 
 I sovietici, avevano paura che il Papa riaccendesse il dissenso 
		cattolico, non solo in Polonia, ma anche all’interno dei loro stessi 
		confini, in Ucraina e Lituania. Questo è confermato da una serie di 
		pubblicazioni paranoiche pubblicate per volontà di Mosca, come il 
		pamphlet “Al servizio dei neofascisti”, diffuso in Ucraina, che 
		attaccava frontalmente il nuovo Pontefice con parole di fuoco e 
		argomenti cospirativi: “Revanscisti e nemici della democrazia e del 
		socialismo guardano con speranza al nuovo Papa per il suo sforzo di 
		riunificare i Cattolici di tutto il mondo in un’unica forza 
		anticomunista. E questo non è dettato dall’ansia per il futuro 
		dell’umanità, ma per imporre l’autorità religiosa in tutto il pianeta”. 
		Fu per questo che Reagan inviò immediatamente il nuovo direttore della 
		Cia, Bill Casey in missione in Vaticano, ma il primo incontro con il 
		cardinal Casaroli (allora segretario di Stato del Vaticano) abortì. 
		Ufficialmente l’incontro non vi fu per motivi di prudenza. Mancava una 
		richiesta presidenziale ufficiale e la cosa avrebbe allarmato troppo i 
		sovietici. Bill Casey, personalmente, spiegò l’appuntamento mancato con 
		motivi diplomatici, cioè il fatto che il cardinal Casaroli volesse 
		portare avanti una politica di normalizzazione dei rapporti nei 
		confronti dei regimi dell’Est. Fatto sta che, comunque, un contatto ci 
		fu, sebbene informale, tra Casey e un assistente di Casaroli. Non vi fu 
		alcuna promessa di collaborazione, ma le informazioni sulla Polonia che 
		il Vaticano passò al nuovo direttore della Cia, furono fondamentali per 
		consentire a Reagan di conoscere la situazione interna al regime 
		comunista di Varsavia. Più precisamente Reagan seppe che il cardinal 
		Wyszynski stava morendo e che, con la sua morte, si sarebbe rotto quel 
		sottile equilibrio tra Solidarnosc e il regime comunista che fino a quel 
		momento aveva impedito la legge marziale e la repressione.
 
 Un contatto più diretto fra Cia e Vaticano fu concordato nel gennaio del 
		1982, quando la situazione era decisamente peggiorata: in Polonia era al 
		potere il generale Jaruzelski, la legge marziale era in vigore e 
		Solidarnosc, dichiarata fuori legge, era stata decimata dagli arresti. 
		La Chiesa, comunque, non divenne mai partner della Cia nella politica 
		segreta che quest’ultima conduceva in Polonia. Secondo la testimonianza 
		dell’ammiraglio John Poindexter, allora consigliere militare nel 
		Consiglio di Sicurezza Nazionale: “Semplicemente avevamo obiettivi in 
		comune in Polonia. E ne traemmo vantaggio, quando lo potemmo fare, sia 
		per raccogliere informazioni, sia per divulgarle in Polonia”. Non si 
		andò oltre questo tipo di collaborazione e la Chiesa non fu coinvolta in 
		alcuna attività che risultasse illegale in Polonia. Ad esempio fu 
		proposto di utilizzare il clero polacco per distribuire materiale di 
		contrabbando che serviva al movimento Solidarnosc, ma l’idea fu respinta 
		in partenza dallo stesso Casey. In compenso, il 7 giugno del 1982 Reagan 
		ebbe udienza dal Papa e una politica comune nei confronti della Polonia 
		fu, in un certo senso, formalizzata. Il vicesegretario di Stato William 
		Clark espose ai funzionari del Vaticano quale fosse la linea politica 
		ufficiale statunitense nei confronti del regime di Varsavia: fermezza 
		nella condanna della repressione, ma mantenimento di un canale di 
		trattativa aperto, per evitare che Jaruzelski si spingesse ulteriormente 
		nelle braccia dell’Urss. Fu poi la volta di Casey stesso, che fu 
		ricevuto dal Papa in un incontro a porte chiuse di quaranta minuti. Non 
		esistono relazioni di quell’udienza, ma lo scopo del viaggio di Casey in 
		Vaticano era quello di informare il Papa della politica americana in 
		appoggio alla resistenza di Solidarnosc. Una politica che era stata ben 
		sintetizzata da Reagan, nella sua dichiarazione rilasciata il 7 giugno 
		1982: “Attraverso secoli di sofferenze, la Polonia è sempre stata un 
		bastione della fede e della libertà, per il cuore della sua gente, ma 
		non per quello di chi la governa. Noi auspichiamo un processo di 
		riconciliazione e riforma che faccia sorgere una nuova alba per il 
		popolo polacco”.
 
 11 aprile 2005
 
        
		stefano.magni@fastwebnet.it 
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