La sfida di George W. Bush. Four more years
da Ideazione, settembre-ottobre 2004
Ci siamo chiesti a lungo se fosse necessario, all’inizio di questa
sezione dedicata alle presidenziali americane, esprimere la posizione di
Ideazione rispetto ai due candidati. L’ambito politico-culturale cui
questa rivista fa riferimento lo renderebbe superfluo. Certo, come è
tradizione di Ideazione, l’analisi che conduciamo sfugge a una mera
testimonianza di parte indagando con sincerità le varie anime che
agitano l’America di oggi e che non sono necessariamente “anime
repubblicane”. Ma il punto è chiaro: siamo per Bush. E allora a che
serve questo endorsement?
Il motivo è tutto italiano. Non abbiamo la presunzione di ritenere
l’appoggio di Ideazione un atto di una qualche rilevanza nel dibattito
politico statunitense. Ma in quello italiano sì. La sfida che il
terrorismo islamico ha lanciato all’Occidente, e che l’attacco dell’11
settembre 2001 ha reso solo più drammatica, è stata raccolta da un solo
uomo: George W. Bush. Pur con gli inevitabili errori tattici che una
lunga guerra comporta (il polemista Norman Podhoretz parla di «quarta
guerra mondiale»), la reazione americana in Afghanistan e in Iraq ha
interrotto la sciagurata politica di contenimento, utile a contrastare
il comunismo sovietico ma del tutto inefficace contro il terrorismo
islamico. E questa reazione ha un solo nome: George W. Bush. L’Italia è
stata tra le poche nazioni europee a comprendere la gravità del
conflitto e ad assumersi responsabilità concrete (e conseguenti,
gravissimi rischi) partecipando a quella coalition of willings che sta
difendendo sul campo valori, interessi, istituzioni di quel che
chiamiamo Occidente. Non ci fidiamo dell’antiamericanismo di ritorno.
Non ci fidiamo delle politiche di appeasement. Non ci fidiamo di
candidati come Kerry che fanno il lifting al proprio passato,
presentandosi per quello che non sono. Non ci fidiamo, in politica
estera, di quelli che si dichiarano amici di Kerry. Siano a sinistra o a
destra (e quanti ce ne sono, anche a destra, sospinti
dall’antiamericanismo!) Sì, ci sono motivi sufficienti per schierarci,
anche in Italia.
(p.men)
20 settembre 2004
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