Il lungo addio del Papa venuto dall'Est
di Pierluigi Mennitti
[01 apr 05]
Ci sono molti modi per immedesimarsi nelle ultime, sofferte ore della
vita eroica di un Pontefice come Karol Wojtyla. Una è quella di
ripercorrere con la memoria i luoghi e i tempi che lo hanno visto
nascere e formarsi. Le terre solide e aspre della Polonia meridionale, i
luoghi della riflessione mistica di Czestochowa, il calore provinciale
della città natia Wadowice, l’eleganza e la raffinatezza della Cracovia
che ne segnò la formazione e lo vide arcivescovo negli anni difficili
del regime comunista. E poi gli scenari selvaggi degli amati Monti
Tatra, dove da giovane si misurava in gare sportive e da Papa amava
spendere qualche momento di relax.
Per ventisette lunghi anni abbiamo seguito le vicende di un pontificato
che è già entrato nella storia, che ha visto (e fatto) cadere i muri del
comunismo europeo, che ha viaggiato in lungo e in largo per il mondo
sostanziando di straordinari bagni di folla la sua vocazione pastorale.
Ma solo entrando nel cuore dei suoi segreti, dei suoi compaesani, dei
suoi luoghi si capisce la tempra che lo ha sostenuto negli anni,
dall’impeto trascinante dei primi discorsi che le tv ci stanno
riproponendo in questi giorni, alle ultime ore sofferte tra tubi e
sondine, fino all’ultima ribellione: rifiutare l’ennesimo ricovero al
Gemelli e spegnersi serenamente tra le mura vaticane. Quando tre anni fa
arrivammo a Cracovia per l’ultima sua visita in Polonia, toccammo con
mano l’affetto della sua gente, il rispetto e l’amore che gli portavano,
come fosse un vecchio amico che ritornava per l’ultimo addio. Scherzò,
già gravemente malato, ricordando ai giovani che lo ascoltavano commossi
la pasticceria all’angolo della strada, le paste alla crema mangiate a
chili e qualche marachella mai confessata: “Ne combinavamo di tutti i
colori”, ammiccò divertito.
Noi, l’addio di Karol Wojtyla l’abbiamo già visto quell’estate di tre
anni fa, quando il portellone dell’aereo papale si chiuse alle spalle
del Pontefice sofferente sulla pista dell’aeroporto di Cracovia. Giù
erano rimasti i suoi fedeli, quei polacchi e quelle polacche che ancora
oggi pregano nei santuari e nelle chiese inginocchiati sui gradoni,
rapiti da una fede che non è ostentazione ma incredibile forza
interiore. Quel giorno, su quella pista, un intero popolo tornato alla
storia grazie al suo Papa, lo salutava sapendo che era l’ultima volta.
La pioggia bagnava i volti come e più delle lacrime. Un addio
silenzioso, commosso ma dignitoso. Così se ne va il papa più grande del
secolo.
Per ricostruire il significato di uno storico papato, Ideazione.com
ripropone in questa edizione speciale una selezione di articoli apparsi
negli ultimi anni sulla rivista bimestrale. Si tratta di analisi di
giornalisti, studiosi ed esperti che descrivono le novità impresse da
Giovanni Paolo II nei decenni del suo pontificato e che hanno cambiato
il corso della Chiesa. Cambiamenti con cui dovrà fare i conti anche il
Pontefice che verrà.
01 aprile 2005 |