Blog e neo-democrazia.
Semiotica del Web
di Paolo della Sala
da
Ideazione, settembre–ottobre 2005
Nel XVII secolo Tommaso Campanella immaginò per la sua Città del Sole
una cerchia di sette mura concentriche. Su ognuna di queste mura era
dipinta una parte dello scibile umano: una viva Enciclopedia Universale
proteggeva la città. A West Edmonton Mall, nel Canada, nel centro
commerciale più grande del mondo, vasto come cento campi di calcio, si
trova un mini-mondo: il più grande parco divertimenti coperto del mondo,
il più grande parco acquatico coperto – munito di un’intera flotta di
sommergibili –, 800 negozi, ipermercati, chiese, centinaia di
ristoranti, hotel da 300 camere. L’architettura delle strade riproduce
le principali città del mondo: «Abbiamo fatto tutto questo per non
costringervi ad andare a New York, a Parigi, a Disneyland o alle Hawaii:
le abbiamo messe tutte insieme in un solo posto, in Canada» (citato da
J. Rifkin, 2000). La cultura del web ha cambiato il mondo, diffondendo
la realtà “virtuale” anche in aspetti concreti della vita quotidiana,
come l’architettura. Tutto ciò è partito da angoli “nascosti” del
sapere: il seraf e la gematrya ebraici, tecnica combinatoria tra lettere
e numeri, oppure gli studi di Babbage, il quale nel 1834 trovò la
possibilità di computare non solo i numeri ma anche i simboli.
Il web consiste nella capacità di manipolare immagini e suoni e
combinarli con il testo. Possiamo considerare come principale fondatore
della sintesi tra numeri, parole e immagini il filosofo Leibniz, che
partì dal Thomas Hobbes di «Cogitatio est computatio» e dallo studio del
sistema binario degli I-Ching cinesi. L’informatica attuale consiste
nella creazione di un linguaggio basato su due segni soltanto. Possiamo
immaginare la portata di questa rivoluzione pensando che la società
umana usa, per comunicare normalmente, un insieme di una trentina di
suoni (fonemi), dodici suoni-frequenze per produrre musica, più colori,
linee, e centinaia di altri codici, e segni scritti, gestuali
(l’alfabeto dei sordomuti) e grafici. Se pensiamo che tutti i segni
codificati sono stati ridotti a due soli tipi di segnale (circuito
aperto/circuito chiuso, o Vero/Falso in termini logici), utilizzando
contemporaneamente la velocità della luce per le necessarie operazioni
di codifica/crittaggio e decodifica/decritaggio, si capirà la portata di
questa rivoluzione. Un secolo fa Giuseppe Peano provò a codificare
l’insieme delle lettere dell’alfabeto italiano e dei numeri, riducendoli
a fonemi e sillabe (ottenendo 65.536 combinazioni), ma senza
computazione elettrica anche il suo sistema binario naufragò e cadde nel
dimenticatoio (il primo link su Giuseppe Peano, tramite ricerca su
Google, è inglese).
La società del web ha rimescolato le carte, rendendo l’economia locale
sempre più globale. Non solo: ha cambiato la stessa produzione,
trasformando la merce in prodotto sociale e culturale. Ciò che la web
society scambia e vende sono oggetti o informazioni connotati
(rivestiti) da messaggi. Ciò è vero anche quando si sceglie una marca di
birra invece di un’altra. Gli stessi vestiti, in alcuni strati della
popolazione, sono un vettore attraverso il quale il soggetto comunica
agli altri la sua personalità, la sua disponibilità di denaro, il suo
gusto, il livello del suo sapere, e addirittura il suo senso etico e
religioso. Questa forma dell’essere/apparire è diventato sistema: il
look. Infine, il web ha reso possibile il trasporto di ogni genere di
messaggio in “tempo reale” in ogni parte del mondo. Ma è la stessa forma
del messaggio che è cambiata. Se infatti prima della codifica binaria
parole, suoni e immagini erano separati, e ogni sistema comunicativo
prevedeva uno studio specifico e competenze affidate a caste di artisti
o lavoratori (pittori, ragionieri, scribi, musicisti), oggi una parte
crescente della comunicazione (siano informazioni sul tempo, sms,
cultura) è diventata sinestetica: i prodotti, i messaggi, i pensieri e
le creazioni artistiche tendono a riunire parola, numero, suono,
immagine, allo scopo di essere più incisivi nel mercato globale ed
entrare nella memoria del maggior numero possibile di persone. Tuttavia
è proprio la crescita della componente iconica – che Peirce, fondatore
della semiotica moderna, chiamava index – ad aver creato problemi.
L’eccessiva offerta di informazione culturale ha prodotto ridondanza e
disinteresse.
La cultura, se non fa in tempo ad essere appresa e riprodotta dal
singolo, perde di appeal. Secondo problema: la perdita della memoria
individuale. Senza dimenticare Pico della Mirandola, bisognerà ripetere
che il sapere si è fondato sulla memorizzazione (parola, scrittura,
immagine). Plinio sapeva a memoria il nome di ogni cittadino di Roma;
Giordano Bruno poteva ripetere tutte le parole della Bibbia, dalla prima
all’ultima e dall’ultima alla prima; la Toscana era piena di cantastorie
che recitavano a memoria la Divina Commedia. Secondo Leibniz la sapienza
scolastica dev’essere ripartita in “capacità di ragionare” (logica),
“invenzione” (combinatoria), arte della memoria (mnemonica). Possiamo
immaginare città come Roma ed Atene come giganteschi hard disk, che
rinchiudono miliardi di informazioni e che richiedono vite intere per
essere lette e decodificate. Ma oggi la logica e la mnemonica sono
“esterne” all’individuo: i ragazzi non sanno fare le operazioni più
elementari, per colpa delle calcolatrici. Tuttavia è la mancanza di
logica a preoccupare di più, anche se essa è dovuta alla mancata
assimilazione della web society da parte di una scuola che non è ancora
in grado di offrire agli studenti il pieno possesso del linguaggio
moderno. Un tragico gap.
Ma c’è un’ulteriore componente critica nella civiltà del web: il dominio
delle immagini ha prodotto una nuova “Civiltà Barocca”. Se il corpo è un
significato il cui significante è il look (ciò che si vede), se quasi
tutta la realtà ha un suo doppio “virtuale”, qualche problema può
nascere. Marsilio Ficino nel XV secolo studia la realizzazione di
simulacri, idoli, e descrive la possibilità di costruire divinità
“reali”, in grado di parlare e agire. Ficino utilizza la magia, anche se
in chiave neoplatonica: attraverso dei riti appropriati, è possibile
fare in modo che le statue (come i dipinti) “imprigionino” le forze e le
idee. Inutile dire che siamo in un àmbito pagano, a una anticipazione
della figure pre-cibernetiche del golem e di Frankenstein. La web
society (inclusi cinema e tv) realizza ogni giorno ciò che Ficino
ipotizzò come arte alchemica. Oggi le immagini vivono, parlano,
agiscono, seducono. La chiave dell’utilizzo di raffigurazioni insieme a
testo e suoni, è la loro capacità seduttiva (il filosofo Jean
Baudrillard combatte la seduzione delle immagini in nome di una nuova
etica socialista). La lunga catena iconica che lega e promuove tutti i
media, è vissuta come un incubo dall’Islam tradizionalista.
Per l’Islam fondamentalista la civiltà occidentale è costituita da
pagani, che utilizzano idoli e apparenze per incantare il resto della
umanità. Sotto questa luce si potrà capire il “successo” e la attualità
del termine “infedele” riferito all’occidentale medio. Ogni riproduzione
pubblica di nudità, intimità, dal punto di vista del wahabismo, è
l’inferno in terra. La religione coranica, pur adorando la Pietra Nera,
si è fondata e costituita con un vero e proprio tabù nei confronti di
ogni genere di rappresentazione. La pittura islamica è inesistente.
Nelle moschee non ci sono disegni: l’astrazione geometrica e la
raffigurazione schematica della natura sono tutto ciò che è possibile.
Il tappeto “persiano” è l’unica forma artistica basata sul disegno, nei
paesi conquistati dai seguaci di Maometto. Uomini, donne, divinità non
possono essere duplicati, raffigurati. Soltanto la scrittura può
descrivere realtà e spirito. Applicando questa concezione ogni
raffigurato è automaticamente un idolo (eidos=immagine). Nella cultura
islamica, quindi, la parola è nettamente separata dall’immagine, il
contrario esatto della web society.
Anche la cultura ebraica e il protestantesimo hanno sviluppato una
idiosincrasia per le immagini, ma hanno distinto le immagini religiose
da quelle laiche, contribuendo anzi decisamente alla diffusione e alla
crescita della pittura e del cinema. Il passaggio alla comunicazione
televisiva è una conquista recentissima per l’Islam. Rispetto alla
conoscenza e comprensione della comunicazione visiva, i paesi di
tradizione coranica hanno un gap secolare. Anche il “realismo
socialista” affonda nell’incomprensione della civiltà del web. «Viviamo
in tempi millenaristi» profetizza Alberto Abruzzese – studioso della
relazione immagine-informatica –, in un saggio del 1994 (La scena
immateriale, Costa & Nolan). Abruzzese si scaglia contro i comunisti
come Alberto Asor Rosa, autore di Fuori dell’Occidente (1992):
«L’assunto finale del saggio è dunque la convinzione che tra “il
pensiero e le parole si è aperto un abisso”, e cioè che le
manifestazioni (=immagini, ndr) del mondo non abbiano senso per
l’individuo e questi debba quindi fuggirle e chiudersi in sé».
Il blog, o la rinascita dell’individuo nel web
Non si indaga abbastanza sulla natura semiologica del blog, un mezzo che
finalmente permette uno scambio di informazione compiuta, da Emittente a
Ricevente e viceversa. Un blog è un diario in linea sul web, nel quale
ognuno ha la possibilità di pubblicare i suoi scritti, disegni, suoni, a
costo zero. Il ventaglio delle possibilità aumenta esponenzialmente se
pensiamo che un blogger ha successo solo per ciò che scrive e per come
lo scrive, e che non dipende da nessuno. Il passo successivo è la
aggregazione dei blogger in villaggi e tribù virtuali: l’apparentamento
delle idee. Come funzionava la comunicazione classica (incluso il web)
prima della nascita del blog? Si può utilizzare – modificato – uno
schema di Eco (1975): Emittente > Codifica > Canale > Segnale >
Decodifica > Messaggio > Ricevente. L’insieme di regole che stabilisce
la relazione tra uno o più segni e un significato si chiama Codice; il
Canale è il mezzo di trasmissione del messaggio codificato (soggetto a
Disturbo e a Saturazione). Si ha una comunicazione completa quando il
Ricevente è in grado di invertire la direzione del Messaggio, tramite
una Risposta.
Il blog – come nuovo genere letterario – porta ad alcune conseguenze
radicali. Per cominciare, è un sistema comunicativo bidirezionale.
Possiamo dedurre che i mass media del Novecento hanno finito il loro
ciclo? Il “secolo breve” si è espresso attraverso la radio e il cinema
nei primi cinquant’anni, mentre nella seconda metà ha utilizzato
soprattutto il linguaggio televisivo. Questi media hanno permeato il
secolo scorso con una comunicazione imperfetta e potenzialmente
totalitarista, perché unidirezionale: una forma emotiva, subliminale,
utile per impartire comportamenti e opinioni. Anche la stampa da sempre
utilizza dei Codici e un Canale per rivolgersi a un Ricevente passivo,
perché privo di risposta e impossibilitato a trasformarsi a sua volta in
Emittente. Tuttavia la parola scritta, rispetto a quella orale e alle
immagini in movimento, dà al lettore una possibilità in più: quella del
tempo di riflessione. Il Novecento è stato il secolo delle masse, e
queste sono portate a prediligere dittatori e burocrati, dopo che hanno
raggiunto un numero tale da non poter permettere la democrazia diretta
né il dialogo interpersonale. Finito il periodo delle piazze dove ci si
incontrava per discutere, quello passato è il secolo di Piazza Venezia e
della Piazza Rossa, luoghi dove tutti i cittadini si inchinavano a una
sola voce, richiamo quasi irresistibile per nuovi Ulisse incatenati
all’albero della propria nave.
Le masse del Novecento, secondo Ortega y Gasset, amavano essere guidate:
«Molti uomini ritornano ad avere nostalgia del gregge. L’odio per il
liberalismo non procede da altra fonte» (La ribellione delle masse, il
Mulino 1962). Il Novecento ha prodotto il disfacimento degli stessi
luoghi fisici dove si scambiavano idee alternative a quelle del potere e
dei media passivizzanti. La Agorà è stata affidata a una voce dominante,
o attore, amplificata dalla tecnica, mentre il dialogo tra tutti i
singoli saturava i canali, relegandoli infine al ruolo di spettatori.
Nel contempo la lettura di testi (libri e giornali) non bastava più a
combattere il dominio della comunicazione unidirezionale, seduttiva
grazie al suo impatto liturgico, fatta di slogan ed efficace nel
restringere il campo semantico, semplificandolo fino al messaggio
unidirezionale più tipico e semplice: l’ordine, mutuato dal linguaggio
militare. Questo è il linguaggio che ha formato il Novecento. Oggi
l’individuo torna a comunicare in un modo bidirezionale: Internet è la
reincarnazione migliorata di Gutenberg?
Gli scribi stanno tornando di moda ma, a differenza dei tempi antichi,
essi non sono una casta di pochi privilegiati. Gli scribi siamo noi,
tutti noi, a partire dalla scrittura frammentata degli sms telefonici,
ridotti a volte a una funzione meramente assertiva: “Io esisto”. Il
cittadino non è obbligato ad essere un muto ricettore: se vuole può
scrivere, pensare, riflettere, utilizzare una propria griglia narrativa,
uno stile personale. Rispetto a pochi anni fa, il passo è decisivo. Se
la semiotica (cioè ogni linguaggio), secondo Umberto Eco, è «la
disciplina che studia tutto ciò che può essere usato per mentire»
(Trattato di semiotica generale, Bompiani 1975), il web fornisce lo
strumento perché un numero sempre maggiore di persone possa mentire o
dire la verità, e non più una persona o una élite soltanto. Pertanto,
restituendo la totalità del linguaggio ai cittadini, il livello di
menzogna potrebbe diminuire. Il giornalismo on line, nella forma
letteraria del blog, ci renderà tutti dei moderni scribi? Nel dubbio,
una certezza: ricominciando a dirci e scriverci saremo più democratici.
Il mezzo ora c’è.
Aggregazioni pensanti
Se l’individuo torna a pensare e comunicare ad altri, assisteremo in
breve a diversi fenomeni: a) i media tradizionali, vettori
dell’imitazione di massa (inclusi gli atti criminali), alla quale essi
forniscono un palcoscenico mondiale, avranno un minore impatto
psicologico; b) l’esistenza di un format per la scrittura di un “diario”
pubblico, restituisce all’individuo lo spazio-tempo della riflessione
individuale. Ma il blog è anche vicino al giornale: questo collegamento
con la cronaca crea una forma di autoapprendimento basata sulla lettura
di più fonti, non necessariamente omologhe. Ciò può offrire nuova forza
al pluralismo liberale. Inoltre la nuova macchina comunicativa,
migliorando lo scambio tra gli individui, può produrre un calo di
pressione psicologica, e controbilanciare i nefasti “effetti massa”
indotti dai media tradizionali; c) Il possesso, da parte dei singoli, di
una macchina in grado di creare un linguaggio nuovo, diretto, formato da
parole e immagini, offre la possibilità di creare una rete di persone,
non necessariamente concittadini o connazionali. Si tratta di
aggregazioni culturali potenzialmente in grado di incidere sui
comportamenti e le opinioni di massa, affiancando i media tradizionali.
I partiti politici, per avere successo, dovranno utilizzare e conoscere
questi nuovi meccanismi. Innanzitutto, bisognerà ricordare che il
fattore culturale determina sempre più ogni azione sociale, dal voto al
viaggio turistico: stiamo uscendo dalla peste marxista dell’homo
oeconomicus.
Nascono nuovi insiemi di persone, connotati dall’appartenenza a
cittadinanza “del sapere”. Una nuova forma di tribù, diversa dai vecchi
gruppi legati alla politica rivoluzionarista, alla moda, alla musica e
al look. Beat, bande giovanili inglesi, hooligans: subculture figlie di
una comunicazione imperfetta, che potevano solo rivendicare la loro
separatezza dal corpo sociale e ostentare l’impossibilità di essere,
cioè di comunicare. Al contrario chi oggi ha la capacità di scambiare il
pensiero in Rete, unificare e aggiornare in continuazione tecnica e
creatività, ha la chiave del linguaggio universale e del successo nella
polis. Potremo ad esempio assistere alla formazione di associazioni
culturali in diversi angoli del paese. Si tratta infatti di riversare
nel territorio le idee prodotte all’interno delle aggregazioni di
blogger, contribuendo alla alfabetizzazione politica dei cittadini
esclusi dal web, creando altri tipi di aggregazioni: per esempio, con
l’economia locale e i suoi rappresentanti (corporate blog). Una
associazione che diffonde su bacheche murali i messaggi del web, ha alte
probabilità di massimizzare gli scopi del testo. Anche l’utilizzo della
radio può essere un mezzo ideale per tradurre i contenuti delle
aggregazioni. Queste forme di comunicazione sociale, mix di tecnologia
moderna e antica, potranno contribuire a creare la neo-democrazia
liberale, compassionevole, non burocratica, di cui abbiamo bisogno. E’
il compito che attende il gruppo nato attorno a Tocqueville.
25 ottobre 2005
Paolo della Sala, giornalista, esperto di comunicazione.
Titolare del blog
Le Guerre Civili. |