CdL, consigli per il voto
di Mario Sechi*
[02 mar 06]
da Ideazione di marzo-aprile 2006
Programma. Parolina magica per chi fa politica e deve presentarsi
davanti agli elettori. Dilemma per i leader e i consiglieri politici a
caccia di ricette per catturare il consenso. A pochi mesi dalle elezioni
politiche 2006, il panorama italiano offre la seguente situazione:
l’opposizione più eterogenea di cui si abbia memoria si sente sicura
(troppo) di vincere e non ha ancora un programma, la maggioranza ha il
governo più longevo della storia repubblicana, ma deve aggiornare il
programma presentato nel 2001 e interpretare le sfide contemporanee.
Quello che deve affrontare la Casa delle Libertà è un percorso tra
continuità e cambiamento, essere ancora una volta rivoluzionari e
conservatori in un paese di restauratori. Non sarà facile. Il primo
segnale del centrodestra – la riforma della legge elettorale – a molti è
sembrato un passo indietro e non dobbiamo nascondere che i sostenitori
del maggioritario ne sono rimasti delusi. Tuttavia, la politica per
fortuna è fatta di idee e la legge elettorale è solo uno strumento.
Occupiamoci delle prime e del centrodestra in cerca di una riconferma.
La coalizione
Il centrodestra ha il vantaggio rispetto al centrosinistra di avere
un’alleanza più omogenea. Potrebbe sembrare una banalità, in realtà è il
punto di forza della cdl. Le distanze politico-culturali tra Forza
Italia, an, udc e Lega sono minori rispetto a quelle degli avversari. E
questo, quando si mette nero su bianco il programma, è fondamentale. In
questi cinque anni di governo, però, i partiti hanno subìto una
metamorfosi che ne ha modificato le impostazioni iniziali.
Forza Italia. Non è affatto un partito di plastica, ma è sempre il
partito di Silvio Berlusconi. Il contenitore azzurro è l’immagine del
premier: vario e multiforme. Dentro Forza Italia, è bene non
dimenticarlo, confluirono democristiani, socialisti, liberali, radicali,
ex comunisti, laici e cattolici, imprenditori e tecnocrati, liberi
professionisti e impiegati. Quel partito fin dalla sua nascita nel 1994
fu il mix vincente di padroni e operai che insieme al self-made man per
eccellenza, andò alla conquista di un Palazzo dove da tempo regnava
l’inverno. Per dieci lunghi anni Forza Italia è stata il reaganismo e il
thatcherismo importati in Italia, la cultura dell’efficienza e il
rifiuto della politique politicienne fine a se stessa. Con molti se e
ma, ha svolto una funzione storica di enorme importanza, tenere insieme
il blocco sociale moderato. Il suo programma oggi non può essere solo
quello di ieri, ma è vero che la casa del liberalismo è ancora in Forza
Italia, che lo scambio tra culture diverse può avvenire meglio in quel
partito piuttosto che in altri condomini politici.
Alleanza Nazionale. Seconda punta della coalizione, ha attraversato il
deserto, non guarda più al passato, è un partito moderno e ha un leader
potenziale da spendere nel prossimo futuro: Gianfranco Fini. Tuttavia,
oggi in An è assai meno chiaro di ieri l’orizzonte politico. Il suo
presidente ha accentuato un percorso di crescita personale e
differenziazione che, a volte, lo ha letteralmente diviso dalla
dirigenza del partito e dalla stessa base elettorale. Intendiamoci, gli
“strappi” di Fini in buona parte sono stati salutari, ma ora a pochi
mesi dalle elezioni, si sente il bisogno di un programma di destra di
largo respiro: moderno, europeo, identitario. La cifra complessiva del
partito non può essere soltanto quella delle “quote rosa” o della
posizione laica (non laicista) sull’embrione. an è molto altro (per
esempio: Europa, Mediterraneo, law and order) e se vuole essere
all’altezza del suo leader deve fare un salto culturale e proporre un
nuovo programma conservatore.
Udc. Il partito centrista ha superato la fase di dissenso organizzato
seguita dalla segreteria di Marco Follini, ha rilanciato la figura del
suo leader naturale, Pier Ferdinando Casini, ma non ha ancora del tutto
smaltito il follinismo, quella voglia di distinguersi che ogni tanto può
essere controproducente. L’udc è potenzialmente un partito che può
raccogliere i consensi dell’area cattolica meglio di tutti gli altri.
Per storia e tradizione (democristiana), per cultura dei suoi esponenti,
per la coesione del gruppo dirigente – e della stessa base elettorale –
sui temi etici: aborto, difesa della vita, biotecnologie, famiglia,
matrimonio, rapporto religione-politica. Casini aspira a diventare il
nuovo leader di un altro centrodestra. Ha appena compiuto cinquant’anni,
è già stato presidente della Camera, è un ottimo tattico, deve
dimostrare di avere una strategia. Un calendario italiano e un’agenda
globale. Un programma.
Lega. È il partito che più di tutti nella cdl ha mostrato la sua carica
rivoluzionaria. Il voto finale sulla riforma della seconda parte della
Costituzione, quel federalismo cercato fin dalle origini e oggi
raggiunto fino al punto di esser sottoposto a referendum, è un grande
risultato politico. Potrebbe anche arrivare un no dal voto popolare, ma
il percorso del Carroccio – da Pontida allo Stretto di Messina – è
esemplare. Il suo gruppo dirigente ha superato lo shock della malattia
di Umberto Bossi, ha costruito intorno alla sua debolezza fisica un muro
di cinta per salvare il partito e la figura carismatica del Capo, ha
continuato a portare avanti – quasi in solitudine – temi che oggi sono
nell’agenda globale: immigrazione, euroburocrazia e moneta unica, Cina.
Qualcuno dirà che non si governa solo con queste idee: è vero, ma senza
la Lega non ci sarebbe stato in questi anni alcun governo di
centrodestra, sarà ancora una volta decisiva al Nord. E ha già il suo
programma per il suo elettorato.
Le idee
Se questo è lo stato dell’arte nella Casa delle Libertà, la traduzione
di queste posizioni in movimento sul teatro politico è un grande gioco
che richiede fantasia, intuito, cultura e naturalmente machiavellica
fortuna.
A proposito dell’autore del Principe, un suo grande lettore, Karl Rove,
il consigliere politico di George W. Bush, dovrebbe collaborare alla
campagna elettorale di Silvio Berlusconi. Rove darà il suo contributo e
nessuno più di Ideazione sa quanto valga e quanto sia stato determinante
nella rielezione di Bush. Tuttavia, occorre dire che il Texas non è
l’Italia e – soprattutto in questo momento – l’Europa purtroppo non è
l’America. Nella percezione globale, il sentimento del Vecchio
Continente è lontanissimo da quello americano su temi come guerra al
terrorismo e armi di distruzione di massa, democrazia e Medio Oriente,
multilateralismo e Nazioni Unite, Africa e paesi poveri, ambiente e
sviluppo industriale (protocollo di Kyoto, per intenderci), lavoro e
barriere economiche, religione e politica. Detto (e scritto) questo, in
un brain storming le idee di Karl Rove ci stanno bene, sarà uno stimolo
in più. Quando si scrive un programma politico l’aspetto più pericoloso
è che la faccenda rischia di finire in mano ai tecnici che, di solito,
non ne azzeccano mai una. E così spesso ci si ritrova a leggere
programmi che sono l’arida elencazione di “cose da fare”, ma senza
alcuna cornice culturale e neppure una vaga idea politica a sostegno
dell’azione. Dunque, venga prima la politica con i politici. E le idee
politiche e non tecniche.
La domanda chiave è: come sta l’Italia? La risposta ce la dà il censis
nel suo recentissimo rapporto per il 2005: «Quest’anno vanno evidenziati
innanzitutto segnali di ripartenza economica:
- nell’affiorare di schegge di vitalità economica; solo una parte
minoritaria dei settori produttivi è in una fase di crisi di
competitività e di bassa crescita;
- nella spinta del terziario; i servizi crescono dimensionalmente, e a
fronte di un incremento medio dello 0,7 per cento le imprese con oltre
50 addetti sono aumentate del 10,3 per cento;
- nei consumi che volano verso l’immateriale; crescono a un tasso medio
dall’1,3 per cento, ma i servizi di comunicazione aumentano fino al 19,1
per cento e i servizi legati ai consumi culturali e ricreativi
presentano un incremento di molto superiore alla media della spesa
interna e pari al 7,6 per cento;
- nella fioritura di eccellenze nella ricerca; tra le 500 imprese
europee che più investono in ricerca e sviluppo 149 sono del Regno
Unito, 100 della Germania, 66 della Francia e 44 della Svezia. L’Italia,
all’ottavo posto, è rappresentata da 17 aziende. Il nostro paese è
dodicesimo in Europa in quanto a spesa pro capite per la ricerca;
- nella scommessa della professionalità; i laureati nell’ultimo anno
sono stati 268.821, +30,9 per cento rispetto all’anno precedente. Il
numero di corsi universitari fra gli ultimi due anni accademici è
cresciuto del 13,2 per cento.
Linee di discontinuità sociale rivelano:
- l’emergere del corto orizzonte dei nuovi ricchi; nei primi 8 mesi del
2005, le immatricolazioni di auto di lusso sono cresciute del 12,6 per
cento, arricchendo il parco macchine dei Paperoni d’Italia di circa
6mila nuove vetture dagli 80.000 euro in su; secondo le stime del World
Wealth Report, gli italiani che hanno una ricchezza individuale
superiore al milione di dollari (escluso il valore dell’abitazione di
proprietà) sarebbero aumentati del 3,7 per cento, passando da 188 a
195.000; le famiglie italiane titolari di patrimoni in gestione
superiori ai 500.000 euro sono cresciute dell’8 per cento, arrivando a
quota 702.000 (circa il 3,3 per cento delle famiglie italiane);
- il disagio, dall’altra parte, dei senza-patrimonio; il 10 per cento
delle famiglie più ricche possiede quasi la metà (45,1 per cento)
dell’intero ammontare della ricchezza netta; l’82 per cento delle
famiglie italiane dispone di un’abitazione di proprietà, di questi il 13
per cento dispone di almeno una seconda abitazione; ma c’è un 13,5 per
cento di italiani che è rimasto fuori dal giro dei proprietari di casa e
vive in abitazioni in affitto; il 45,3 per cento degli affittuari
dichiara di percepire un reddito basso o medio basso, per il 34 per
cento l’affitto ha un’incidenza che supera il 30 per cento del reddito
complessivo e per il 13,4 per cento è maggiore al 40 per cento (è
considerato sostenibile un canone che si aggira attorno al 20 per cento
degli introiti mensili);
- l’impotenza delle risposte individuali; il 57 per cento degli italiani
afferma di non riuscire ad influenzare quello che gli succede intorno,
contro un dato europeo del 47 per cento; inoltre, la maggioranza degli
italiani (65 per cento) esprime una valutazione negativa del sistema di
welfare, quasi 600.000 famiglie a reddito medio e medio-alto in un
biennio hanno vissuto un ridimensionamento economico».
La lunga citazione della ricerca del censis è dovuta. Il materiale
prodotto è davvero interessante, si tratta di un efficace controcanto
alla letteratura del declino che oggi è in voga nel centrosinistra (e
tra gli industriali meno dinamici a caccia di contributi a fondo
perduto). Se la fotografia del paese è questa – parziale quanto si vuole
ma almeno fondata su uno studio sociologico e non sulle chiacchiere da
bar – la politica deve interpretare e dare risposte rapide. Berlusconi
ancora una volta ha dimostrato intuito e ben prima che il censis
rendesse pubblica la sua ricerca annuale, aveva puntato sul problema
della casa. È un tema che interessa gli italiani e i sondaggi mostrano
consenso per l’idea del premier di varare un piano di edilizia nazionale
che venga incontro alle famiglie meno agiate. La casa, le rassicuranti
mura domestiche e la capacità di dare risposte all’inquietudine sociale
per quella larga parte di popolazione (57 per cento) che non può
influenzare quello che gli succede intorno, saranno due temi chiave
della campagna elettorale.
Il fattore B16
Lo lasciamo per ultimo, ma come suol dirsi last but not least, è il
fattore Benedetto XVI che giocherà un ruolo chiave nella politica dei
prossimi mesi. La linea della Chiesa sui temi etici ormai è chiarissima:
non rinuncerà a difendere il perimetro del fatto religioso e non
arretrerà di un millimetro sui temi sociali. pacs, aborto, biotech,
famiglia, matrimoni gay, religione e politica, avranno il loro posto
nell’agenda istituzionale della Santa Sede. E nei programmi dei partiti.
L’azione della Chiesa e in particolare della Conferenza episcopale
italiana e del suo presidente, il Cardinale Camillo Ruini, sarà
incisiva. Nelle ultime settimane i vescovi hanno fatto sentire la loro
voce praticamente ogni giorno. Con toni sempre più fermi e un chiaro
invito ai credenti a operare nella società con determinazione: per il
Cardinale Ruini il «grande compito» che hanno i cristiani laici è quello
di essere «uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano
Dio credibile in questo mondo» e infine il richiamo all’alleanza tra
laici e cattolici con la «convergenza tra cattolici, laici e credenti di
altre confessioni che in Italia è diventata particolarmente visibile in
occasione del referendum sulla procreazione assistita», «non è certo
limitata al nostro paese e si verifica anche su terreni diversi da
quello dell’etica pubblica».
Un programma politico già chiaro e compiuto, per ora, sembra averlo solo
la Chiesa.
02 marzo 2006
* Mario Sechi, giornalista, vicedirettore de il
Giornale, si occupa di politica interna e attività parlamentare. Segue
con particolare interesse le vicende degli Stati Uniti.
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