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      Parmalat al gusto d'Ulivodi Arturo Diaconale
 
 Tutti sanno che Calisto Tanzi è sempre stato vicino, prima alla sinistra 
      democrisiana e poi all’Ulivo. I rapporti tra il patron di Parmalat e 
      Ciriaco De Mita sono entrati nella leggenda. Sia quando l’intellettuale 
      della Magna Grecia è caduto nella polvere accontentandosi di essere un 
      semplice deputato del Ppi. Sia quando era al massimo degli altari 
      ricoprendo contemporaneamente la carica di presidente del Consiglio e di 
      segretario della Democrazia Cristiana. Tutti sanno, inoltre, che dopo 
      l’amicizia con De Mita l’artefice del più gigantesco ed incredibile buco 
      nero mai avvenuto nella storia delle aziende italiane era buon amico di 
      Romano Prodi. Al punto da entrare nella struttura di Nomisma, la società 
      di consulenze e di ricerche cara al leader dell’Ulivo.
 
 E’ moto, inoltre, che lo stesso Tanzi non abbia lesinato un suo contributo 
      a Forza Italia. Ma si è trattato di una largizione aperta, trasparente e 
      fin troppo ostentata. Quasi a voler rassicurare il maggior partito 
      dell’attuale maggioranza che la conclamata amicizia della Parmalat per gli 
      uomini di spicco dell’opposizione non doveva essere considerata come una 
      dichiarazione di ostilità e di guerra al centrodestra. Ora, nessuno è in 
      grado di ipotizzare se Tanzi abbia manifestato la sua simpatia per la 
      sinistra Dc e per l’Ulivo in maniera più concreta e diversa da quella 
      adottata per manifestare attenzione a Forza Italia. Uno dei magistrati che 
      indagano sulla bancarotta, ha affermato che nel corso degli interrogatori 
      degli imputati è stato affrontato il tema delle eventuali tangenti alla 
      politica ma non è emerso nulla di particolarmente rilevante.
 Ma basta questa battuta per dare una risposta all’interrogativo su quali 
      coperture di massimo livello pubblico abbia potuto contare il padrone di 
      Parmalat per portare avanti per circa una ventina d’anni il suo gigantesco 
      imbroglio ai danni degli investitori e dell’immagine complessiva del 
      “sistema Italia”. Con tutto il rispetto che si deve al magistrato in 
      questione, non è possibile liquidare il fatto con una semplice battuta. 
      Già una volta il capitolo delle tangenti di Tanzi è stato chiuso in 
      maniera frettolosa. Non è forse vero che il tesoriere della Dc Citaristi 
      rivelò l’esistenza di finanziamenti della Parmalat, senza però suscitare 
      alcun interesse tra gli inquirenti? Quella fretta superficiale non è più 
      riproponibile ed accettabile.
 
 Il bubbone scoppiato è troppo grande per poter pensare di non verificare 
      gli eventuali intrecci d’interesse tra l’azienda di Parma e la politica. 
      Di qui la necessità di fare luce su questo aspetto importante e fin troppo 
      inquietante della faccenda. E l’esigenza che il compito di realizzare 
      questa “operazione verità” non venga lasciato solo alla magistratura ma 
      venga portato avanti anche dal Parlamento. Con l’indagine conoscitiva 
      proposta da Marcello Pera e Pierferdinando Casini. Nessuno propone di dare 
      vita ad una nuova ondata giustizialista. Di cacce alle streghe ne abbiamo 
      fin sopra i capelli. Ma, nel rispetto delle garanzie di tutti, è 
      indispensabile fare luce e trasparenza. Per dimostrare che la legge è 
      effettivamente uguale per tutti. Anche per gli intoccabili della vecchia 
      nomenklatura.
 
 (da 
      
      L'opinione del 9/01/2004)
 
      
        16 gennaio 2004
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