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        Radicali con l’occhio oltre l’ombelico italianodi Barbara Mennitti
 
 I nostalgici della politica vecchio stile sono serviti. Dopo tanti 
        "congressi-vetrina", che non hanno sortito alcun risultato che non fosse 
        scontato già da prima dell'inizio dei lavori, finalmente un congresso 
        politico vecchia maniera con scontri, divisioni, tensioni e mediazioni. 
        Stiamo parlando del trentottesimo congresso del Partito Radicale 
        Transnazionale, tenutosi a Ginevra dal 4 al 7 aprile, che è stato così 
        turbolento da richiedere una soluzione "ad interim", fino alla seconda 
        fase congressuale che si terrà a novembre.
 
 Lo scontro, nato principalmente su questioni metodologiche e gestionali, 
        è stato fra due fazioni, da una parte il tesoriere Danilo Quinto, 
        l'eurodeputato Maurizio Turco e il segretario italiano Daniele Capezzone 
        dall'altra gli eurodeputati Benedetto Della Vedova, Gianfranco 
        Dell'Alba, Olivier Dupuis e i due consiglieri regionali Carmelo Palma e 
        Bruno Mellano. La soluzione che ha consentito di mediare lo strappo 
        accontentando un po' tutti e alla quale si è giunti solo alle cinque 
        della domenica mattina, dopo un'estenuante riunione, è stata l'elezione 
        di Marco Pannella a presidente-coordinatore del partito con i poteri di 
        segretario e di tesoriere. Lo storico leader radicale sarà affiancato da 
        un comitato di quattro presidentei eletti dal congresso: Olivier Dupuis, 
        presidente del congresso, Marco Perduca, presidente del consiglio 
        generale, Marco Cappato, presidente della direzione e Danilo Quinto, 
        presidente del senato.
 
 Questo, per quanto riguarda le beghe interne. Ma al congresso radicale 
        si è parlato soprattutto di politica. Cinquecento delegati radicali 
        hanno raggiunto la città svizzera sede delle agenzie Onu per i rifugiati 
        e per i diritti umani e della Croce Rossa, spesso mettendo mano 
        personalmente al portafogli, per rivendicare il loro pacifismo e la loro 
        non violenza militante, così diversi dal pacifismo no-global dei centri 
        sociali tanto in voga in questi mesi. "Pacifisti i quali manifestano in 
        favore dei dittatori, ma che - ha detto duramente Marco Pannella, 
        riferendosi all'attuale levata di scudi sulla situazione mediorientale - 
        invocando la pace producono sempre la guerra".
 
 Rispondendo allo slogan del congresso "Oppressi di tutto il mondo, 
        unitevi", ai congressisti radicali si sono mescolati una moltitudine di 
        rappresentanti di popoli oppressi e misconosciuti, che non godono della 
        popolarità mediatica di Yasser Arafat e dei suoi kamikaze: ceceni (da 
        questa settimana 400 radicali entreranno in digiuno per attirare 
        l'attenzione sulla loro situazione), tibetani, uguri, laotiani 
        (ricordiamo che a novembre cinque militanti si fecero arrestare in Laos 
        per aver esposto uno striscione con la scritta "libertà e democrazia") e 
        così via. Altri obiettivi prioritari della politica radicale saranno 
        l'ingresso di Israele nell'Unione Europea, oggi di drammatica attualità, 
        l'instaurazione della democrazia in Tunisia, l'integrazione dei paesi 
        balcanici e caucasici nell'Unione Europea e l'esportazione del sistema 
        democratico in Asia.
 
 Nuova linfa riceverà un'altra battaglia radicale storica: quella per la 
        legalizzazione delle droghe leggere. Su questo fronte i radicali contano 
        oggi un nuovo alleato e neoiscritto, l'europarlamentare inglese liberale 
        Chris Davies, che poco prima di Natale si fece arrestare vicino 
        Manchester per aver consegnato direttamente alla polizia una piccola 
        quantità di marjuana: un pannelliano (fino a ieri) inconsapevole.
 
 12 aprile 2002
 
 bamennitti@ideazione.com
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