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        Immigrazione, il conflitto dei prossimi annidi Pierluigi Mennitti
 
 A Pim Fortuyn, uomo politico assai difficile da etichettare, dava 
        fastidio essere chiamato il Le Pen o l’Haider d’Olanda. Lui, omosessuale 
        raffinato, amante dell’arte e dell’Italia, difensore dei diritti dei gay 
        e delle donne, antiislamico perché antitotalitario, era un dandy della 
        politica olandese, un uomo naif e fuori dagli schemi. Cavalcava, con 
        argomenti tutt’altro che rozzi, la battaglia anti-immigrazione, il tabù 
        dei tabù per la benpensante intellighenzia chic. E invece la stampa 
        europea, questo nuovo mostro dell’ignoranza continentale, ha appiccicato 
        etichette mentre ancora Fortuyn lottava fra la vita e la morte nel letto 
        di ospedale, dopo esser stato crivellato dai colpi sparati da un 
        fanatico ambientalista, in una uggiosa giornata di Hilversum. Indovinate 
        i titoli? “Ucciso il Le Pen d’Olanda”, “Ammazzato l’Haider di 
        Rotterdam”, “Attentato al leader xenofobo”. Non sono stati solo i 
        giornali di sinistra a proporre questi luoghi comuni in forma di titoli. 
        Fortuyn se la sarebbe presa a male.
 
 Questo strano politico europeo aveva messo il dito nella piaga che 
        inquieta tutto il continente: l’immigrazione. Non aveva il tono 
        tribunizio di Le Pen, né il carisma fascinoso di Haider, anche se bucava 
        il video come nessun’altro in Olanda e spesso si compiaceva di 
        sbalordire tutti con frasi intolleranti e fuori dalle regole del 
        politicamente corretto. Dunque uno strano, fuori dal cliché del razzista 
        becero, del populista un po’ grossier che arringa le folle contro gli 
        immigrati. Eppure il suo partito, il Leefbaar Nederland (Olanda 
        vivibile) veleggiava sull’onda di sondaggi favorevoli che lo 
        proiettavano attorno al 17 per cento alle elezioni della prossima 
        settimana. E nelle amministrative di Rotterdam, lo scorso marzo, aveva 
        sbancato con lo slogan “l’Olanda è piena” che stava replicando con 
        successo in tutte le piazze del paese.
 
 Questione-immigrazione, dunque, che deflagra in maniera drammatica 
        proprio laddove meno lo avremmo atteso. In Olanda, in Francia e poi in 
        Belgio in Germania e in Inghilterra, nelle valli isolate di Austria e 
        Svizzera o nelle distese gelide della Scandinavia. Non esplode negli 
        stati di giovane immigrazione, come l’Italia o la Spagna o la Grecia, ma 
        in quelli di più antica tradizione, dove si riteneva - evidentemente a 
        torto – che l’integrazione fosse ormai un dato di fatto. E invece no. In 
        ogni piazza, strada, condominio o bar di periferia di questa Europa 
        centro-setentrionale, il contatto tra indigeni e immigrati diventa un 
        momento di potenziale conflitto. La convivenza è andata a farsi benedire 
        e i partiti che cavalcano sentimenti xenofobi riempiono le loro bisacce 
        di voti e consensi. E questo accade laddove la popolazione immigrata 
        raggiunge percentuali elevate della popolazione complessiva, o dove il 
        passaggio dalla vecchia economia industriale alla nuova economia dei 
        servizi getta sullo stesso, incerto mercato del lavoro un ceto medio 
        europeo impoverito e una massa di disperati disposti a tutto. Quella 
        fascia sociale d’Europa che vive direttamente sulla propria pelle, ogni 
        giorno, la forte concorrenza della forza lavoro immigrata, reagisce. 
        Votando i Le Pen o gli Haider.
 
 E’ la nuova questione europea. Si chiama immigrazione. E merita 
        un’analisi del tutto nuova perché sarà il terreno di confronto dei 
        prossimi anni. Quando la reazione non coinvolge soltanto un gruppo 
        ristretto di ultra-nazionalisti o di skinhead ma tracima fino a 
        raccogliere il venti per cento dell’elettorato, si deve cambiare la 
        lettura del fenomeno. Devono farlo soprattutto le forze politiche della 
        destra moderata, che i cittadini stanno chiamando al governo in tutta 
        Europa e che hanno l’obbligo di dar risposte serie impostando una 
        politica dell’immigrazione di tipo nuovo. Devono farlo se non vogliono 
        soccombere rispetto al consenso crescente delle forze populiste: come 
        dimostra la tragica vicenda di Pim Fortuyn, il tema è rovente e può 
        innescare azioni e reazioni di inaudita violenza.
 
 10 maggio 2002
 
 pmennitti@hotmail.com
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