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        Il doppio equivoco dei “socialisti di destra”di Carlo Stagnaro
 
 Un clamoroso equivoco. Ecco cos’è l’anti-americanismo di destra. Esso, 
        infatti, nasce da un doppio fraintendimento. Gli uni individuano nella 
        bandiera stars-and-stripes ciò che non rappresenta; gli altri hanno le 
        idee che hanno poiché sono, per così dire, una costola della sinistra. 
        Per comprendere i termini della questione, è dunque necessario in primo 
        luogo fare chiarezza: capire cosa siano, effettivamente, il “sogno 
        americano” e la destra.
 
 L’America, ha detto un tale, è più che una nazione: è un’idea, e questa 
        è la ragione per cui ha più patrioti all’esterno che all’interno dei 
        propri confini. L’America vera, profonda, genuina è quella dei Founding 
        Fathers, dei coloni che si sono cimentati con la difficile vita del 
        West, dei coraggiosi combattenti che si schierarono con il Sud e contro 
        l’imperialismo di Lincoln. L’autentico sogno a stelle e strisce, 
        insomma, è quello di una società libera, responsabile, in cui ogni 
        individuo abbia la possibilità di realizzarsi (attraverso il proprio 
        impegno, fantasia, fortuna). Quando certa destra alza gli scudi contro 
        il “Nuovo Ordine Mondiale” (espressione coniata da George Bush padre), 
        rivolge un’accusa giusta al bersaglio sbagliato. I progetti egemonici 
        che sono culminati negli otto, disastrosi anni della presidenza Clinton 
        sono quanto di meno “americano” esista. La tradizione statunitense è 
        gelosamente isolazionista: non accetta che nessuno si intrometta negli 
        affari interni del paese, e non pretende di impicciarsi dei fatti 
        altrui.
 
 Il tentativo di imporre al mondo intero un ordine nuovo – magari 
        mascherandosi dietro inesistenti propositi “umanitari” – è un 
        comportamento schiettamente “europeo”: tipico anzi dei regimi socialisti 
        continentali. Drammaticamente, gli Usa sono stati contagiati dal 
        terribile morbo imperialista: ma questo non significa che l’imperialismo 
        sia nel loro Dna, seppure molti presidenti (da Abe Lincoln a Bill 
        Clinton, passando per Woodrow Wilson e Franklin Delano Roosevelt) 
        abbiano fatto quanto umanamente possibile per determinare un drastico 
        cambiamento di rotta – in parte riuscendovi, sia ben chiaro. Eppure, 
        ogni volta che gli Usa aggrediscono qualcuno si alzano le proteste da 
        parte del popolo conservatore, libertario e anti-statalista (assai più 
        che dai sedicenti pacifisti). L’ipocrisia è talmente scoperta che ormai, 
        in barba alla Costituzione, la guerra viene mossa senza neppure essere 
        dichiarata.
 
 Se dunque chi identifica l’America con i progetti di dominazione globale 
        (di cui pure quel paese è, suo malgrado, strumento) compie un errore di 
        prospettiva, vi sono anche quanti detestano con tutto il cuore 
        l’American Dream. Sono gli esponenti di quella destra che si definisce 
        “sociale” ma sarebbe più onesto chiamare “socialista”: imbevuti di un 
        autentico pregiudizio anti-capitalista, costoro guardano con orrore alle 
        opportunità che il “paese della Coca Cola e di McDonald’s” offre, in 
        termini di libera iniziativa e di progresso umano, culturale e 
        tecnico-scientifico. Cantori di una “Tradizione” inesistente se non nei 
        loro deliranti manuali, essi odiano l’America perché la vedono, 
        correttamente, come un simbolo del libero mercato, della globalizzazione 
        e di ogni libertà individuale. In una parola, non riescono a concepire 
        una società in cui la creatività dell’individuo non sia subordinata ai 
        presunti bisogni della comunità, naturalmente affidati alle amorevoli e 
        interessate cure del potere politico.
 
 Non è un caso che, prima dell’ultima guerra, i fascisti (antenati in 
        linea diretta dei moderni “destri sociali”) provassero una sincera 
        ammirazione per le riforme keynesiane introdotte da Roosevelt. “La crisi 
        finanziaria del 1929 e la successiva Depressione – spiega Massimo 
        Teodori in “Maledetti americani” – avevano dimostrato, secondo alcuni 
        intellettuali fascisti, il fallimento del capitalismo sicché il New Deal 
        rooseveltiano, con l’interventismo pubblico nell’economia e nel lavoro, 
        rappresentava una specie di modello alternativo sia al socialismo sia al 
        capitalismo, molto simile all’assetto socioeconomico che il fascismo 
        stava realizzando, o aveva intenzione di realizzare, in Italia”. Seppure 
        la corrispondenza di amorosi sensi con il presidente americano si sia 
        incrinata a causa dell’intervento degli Usa nella Seconda guerra 
        mondiale, è del tutto evidente la vicinanza tra le politiche da lui 
        attuate e le richieste avanzate dalla “estrema destra” in Italia e negli 
        altri paesi europei.
 
 L’equivoco, questa volta, sta nell’etichetta che i fautori del welfare 
        state danno di se stessi. Se infatti con il termine “destra” indichiamo 
        la filosofia della libertà e dell’iniziativa individuale, è del tutto 
        evidente che essi si situano all’estrema sinistra dello spettro 
        politico. Nulla, se non il parafernale retorico, li divide da Fausto 
        Bertinotti. Tant’è vero che il nazional-socialismo e il socialismo 
        comunista sono in realtà figli legittimi della medesima mala donna: 
        l’ideologia statalista sgorgata dal catastrofico sisma della Rivoluzione 
        francese.
 
 La destra liberale non è e non può essere anti-americana, perché 
        l’America raccoglie in sé la migliore eredità della vecchia Europa – la 
        decentralizzazione, il federalismo, la tradizione liberoscambista, il 
        liberalismo integrale. Alla base dell’odio per il paese a stelle e 
        strisce, dunque, vi sono due clamorosi equivoci: il primo è la 
        confusione dei valori americani con il governo statunitense – che, come 
        tutti i governi, soffre di una irresistibile smania di accaparrare 
        sempre più potere; il secondo è il pregiudizio anti-capitalistico della 
        “destra di sinistra”. Come tutti i socialisti, anche quelli “di destra” 
        detestano lo spirito di libertà che, nel continente nordamericano, 
        soffia ovunque.
 
 24 maggio 2002
 
 cstagnaro@libero.it
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