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        Maledetti americani, storia di un pregiudizio 
        ideologicodi Cristiana Vivenzio
 
 “Maledetti americani” non esce casualmente oggi, a qualche mese 
        dall’attentato alle Torri Gemelle, dalla dichiarazione di guerra 
        all’Afghanistan, dall’evoluzione dello scenario internazionale prodotto 
        dalla lotta al terrorismo. Questo libro esce oggi proprio perché quegli 
        eventi del recente passato – che condizioneranno il nostro più prossimo futuro – 
        hanno rafforzato, più che riaperto, un dibattito all’interno del mondo 
        politico, e più in generale della società italiana, mai realmente 
        portato a conclusione. Massimo Teodori – uno dei maggiori conoscitori 
        del sistema politico statunitense, oltre che docente di Storia 
        dell’America all’Università di Perugia – nel suo libro ripercorre le 
        tappe della nascita e del perdurare del pregiudizio antiamericano nel 
        nostro paese, confrontandosi con un vecchio tema dalla scottante 
        attualità politica. “Paradossalmente – scrive Teodori – più gli italiani 
        si americanizzavano, sentendosi affini alla cultura di massa degli Stati 
        Uniti, più crescevano le ostilità nei confronti degli Usa, che rinverdivano 
        e rinfocolavano quelle radicate matrici politiche e ideologiche che 
        hanno alimentato per tanto tempo settori tutt’altro che marginali delle 
        classi dirigenti”.
 
 Perché, allora, l’antiamericanismo ha attecchito e attecchisce con tanta 
        facilità in Italia, e quali sono le sue radici storiche, remote o 
        recenti? Perché l’opposizione incondizionata agli Stati Uniti, che 
        prende le mosse da una valutazione pregiudiziale nei confronti del 
        modello economico, politico e sociale del colosso americano, ancora vive 
        nella società italiana e continua ad investire e accomunare ceti colti e 
        popolari? Perché il sentimento antiamericano travalica i confini 
        dell’ideologia politica, intesa in senso stretto, assumendo un connotato 
        di trasversalità, che soltanto in altri rari casi raggiunge tali 
        proporzioni? Nel ricostruire la parabola del sentimento anti-Usa, 
        Teodori affronta il tema dell’antiamericanismo inquadrandolo da due 
        angoli di prospettiva, che riassumono, in definitiva, la doppia 
        vocazione dell’autore, che è storico e saggista politico. Il primo 
        livello di analisi indaga la storia più recente,  è legato agli 
        avvenimenti dell’attualità politica internazionale e ai riflessi che 
        questi hanno avuto sulla politica interna. Il secondo livello porta caratteri 
        più marcatamente storici, e analizza diacronicamente il perché il 
        sentimento antiamericano si sia radicalizzato nella cultura e nella 
        società italiane siano esse schierate a sinistra, dalla parte della 
        destra radicale o del mondo cattolico.
 
 Quello antiamericano, infatti, è certamente un tema che a lungo è stato 
        caro alla cultura politico-ideologica egemone in Italia, ma non è 
        riconducibile solo a quella radice culturale. Questo sentimento 
        perdurante che serpeggia nella società italiana è sentimento proprio 
        della sinistra e dei suoi intellettuali, ma è anche sentimento 
        della destra neofascista e populista, dei cattolici militanti politici e 
        non, dei terzomondisti antiglobali, dei pacifisti – a qualunque 
        schieramento essi appartengano – degli ambientalisti. Si è antiamericani 
        perché contro il capitalismo, contro il liberismo, contro la società dei 
        consumi, contro l’individualismo. Si è antiamericani perché contro il 
        profitto, contro l’utilitarismo, contro il potere finanziario, contro la 
        “guerra imperialista”, contro la tecnocrazia. Almeno un italiano su tre, 
        scrive l’autore, ama l'America ma almeno uno su tre avrebbe 
        manifestato la propria riluttanza nel dichiarare con decisione e 
        convincimento “io sono americano”.
 
 Tutto ciò non è passato senza produrre conseguenze pesanti per il 
        sistema politico italiano e per la nostra società. Dal pregiudizio 
        ideologico nei confronti della modernità, che ha dovuto attendere il 
        crollo dell'impero sovietico per essere definitivamente superato, 
        all'ambiguità di molta politica italiana, fino al fatto che forse, come osserva Sergio Romano nella 
        prefazione, fra i molti danni prodotti dall’antiamericanismo, il 
        peggiore è che ci impedisce di avere un rapporto di alterità nei 
        confronti dell’America aperto e schietto. Ma, come come conclude Teodori, 
        il sentimento antiamericano, che nasce e cresce con le ideologie 
        radicali e con i fondamentalismi sconfitti dalla storia, e che non è 
        altro che la malattia psicologica dei perdenti che sono condannati a 
        confrontarsi con una realtà viva, come quella americana, è forse "un 
        anticorpo utile a bilanciare il successo di un liberalismo che anche in 
        America, per continuare ad essere efficace e vincente, deve rimettersi 
        incessantemente in discussione".
 
 24 maggio 2002
 
 c.vivenzio@libero.it
 
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