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        Prigionieri di una
        piazzadi Davide Giacalone
 
 Si avvicina l'alba radiosa del girotondo e due sono le domande che è 
        utile porsi: a. perché un gruppo di persone di sinistra ha deciso di 
        scendere in piazza allo scopo di mettere in difficoltà la sinistra; b. 
        perché la sinistra politicamente organizzata è succube di 
        quest'iniziativa ed incapace di reagire? Chi organizza questo genere di 
        manifestazioni mostra di non avere, come si dice, elaborato il lutto, 
        non è riuscito a far la pace con il tramonto di certe ideologie. No, non 
        dico del comunismo, che ingenererebbe equivoci e facili (troppo) ironie, 
        ma, di certo, sentono il bisogno, come altri, di una modalità 
        totalizzante di leggere le cose del mondo. Per questo le ideologie non 
        sono morte affatto, ed i girotondini sono la dimostrazione di una 
        domanda costante. Se l'ideologia scolasticizzata era la grande cupola 
        sotto la quale si faceva vivere (Togliatti era un maestro) il realismo 
        politico, l'ideologia autoprodotta finisce con l'essere essenzialmente 
        antipolitica.
 
 Ecco perché i girotondini più li senti parlare e più ti ricordano i 
        tifosi di calcio: irragionevoli, acritici, fideistici, testoni, 
        insensibili al principio di contraddizione. Credono di scendere in 
        piazza contro Berlusconi e la sua accolita di malfattori e, invece, 
        finiscono con il manifestare contro Fassino ed il suo tentativo di far 
        politica. Non tolgono un solo consenso al centro destra, anzi, mentre 
        fanno traballare quelli a sinistra. Ma perché, allora, Fassino si unisce 
        a loro? Fassino girotonderà con a portata di mano il sacchetto per 
        difendersi dagli effetti della nausea. Non condivide nulla di quel che 
        succede attorno a lui, non lo condivide personalmente e politicamente, 
        ma ne è prigioniero. Sa benissimo che l'idea di manifestare a favore di 
        chi arresta e condanna (giustamente od ingiustamente, qui non importa), 
        e non per difendere le vittime dell'ingiustizia, della malagiustizia, 
        della persecuzione, della repressione, del controllo poliziesco 
        capillare, sa benissimo che tutto questo è figlio di una cultura di 
        destra, e non di sinistra. Sa benissimo che i girotondini di oggi hanno 
        occupato il posto lasciato libero dai post fascisti e dai leghisti 
        forcaioli del 1992, lo sa benissimo, ma è prigioniero.
 
 Prigioniero della menzogna raccontata sulla nostra storia recente, 
        prigioniero delle falsità propagandate come vangelo. Girotonda pur di 
        non fare i conti con se stesso, pur di non costringere i propri compagni 
        a far i conti con le micidiali balle che hanno e si son raccontate. Non 
        uscirà da questo girotondo suicida fino a quando non avrà il coraggio di 
        rompere l'incantesimo. E prevedo che non ne sarà capace, perché più 
        passa il tempo e meno ne ha la forza. Altri, come Massimo D'Alema, lo 
        hanno capito. Ma a loro non basterà attendere che Fassino stramazzi, 
        sarà comunque necessario che qualcuno sappia fare quello che a lui non 
        riesce. Brutta storia la menzogna, tiene i vivi legati ai morti. Poche 
        ore e l'alba radiosa sorgerà, poche ore ancora ed una parte del popolo 
        della sinistra scenderà in piazza a farsi del male. Battuta 
        azzeccatissima, ed autobiograficamente profetica.
 
 13 settembre 2002
 
 giac@rmnet.it
 
 (da L'opinione delle
        libertà, 10 settembre 2002)
 
 
        
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