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        Bari lancia l’Osservatorio sul Mezzogiorno di 
        Ideazionedi Alessandro Bezzi
 
 Un Mezzogiorno in chiaro scuro, ricco di casi positivi da studiare e da 
        additare ad esempio e di realtà depresse da studiare per capire come 
        risanarle. Con un principio: i meridionali devono recuperare lo spirito 
        di responsabilità. E una speranza: riportare la questione meridionale al 
        centro del dibattito politico nazionale. Ci sta provando la Fondazione 
        Ideazione e, a giudicare dai risultati del convegno di Bari (per qualità 
        degli interventi e per quantità di partecipazione), la strada appare 
        oggi meno impervia. Due giorni di discussione, dati alla mano, con i 
        responsabili istituzionali nazionali e regionali: il viceministro con 
        delega al Mezzogiorno Gianfranco Micciché in rappresentanza del governo, 
        il governatore della Puglia Raffaele Fitto accompagnato da una lunga 
        schiera di assessori regionali, i rappresentanti degli enti locali di 
        Calabria, Campania, Abruzzo e Molise. Un faccia a faccia tra i 
        componenti dell’Osservatorio sul Mezzogiorno (la struttura di studio 
        appena rilanciata dalla Fondazione Ideazione) coordinati dall’economista 
        Massimo Lo Cicero e i politici che non è stato privo di momenti di 
        acceso dibattito, quando dall’analisi della situazione si è passati al 
        novero delle proposte.
 
 Di seguito forniamo ampio stralcio degli interventi principali, con le 
        posizioni espresse dal viceministro Micciché e dal governatore Fitto. 
        Qui basti ricordare che l’Osservatorio ha posto tre punti all’attenzione 
        delle istituzioni: il rilancio delle infrastrutture, l’assenza di un 
        sistema creditizio meridionale, le incentivazioni fiscali. Tra le 
        ipotesi, l’idea di trasformare Sviluppo Italia, un’agenzia che ricorda 
        da lontano il vecchio sistema delle partecipazioni statali, in una banca 
        di affari e di investimenti, capace di stimolare l’imprenditoria 
        meridionale e di creare quel sistema creditizio locale che è uno dei 
        buchi neri del Mezzogiorno.
 
 A lungo si è discusso del divario tra Sud e Centro-nord, di certo non 
        diminuito nel corso degli anni Novanta: “Se si leggono bene le 
        statistiche - ha detto Lo Cicero - si osserva che quando si dice che il 
        Sud cresce più del Nord è solo a causa di un effetto ottico. Questo 
        accade solo in periodi di crisi edconomica, quando il Nord decresce più 
        del Sud che è invece aiutato dall’assistenza statale. Si tratta di un 
        confronto fra gamberi, fra chi è meno in crisi, ma quando l’economia 
        torna a tirare il Nord prende il volo e il Sud arranca”. Grave resta la 
        situazione dell’occupazione: a fronte di un Nord-Est che chiede 
        manodopera, vi è un Sud che la respinge: e si tratta soprattutto di 
        giovani. Interessante infine la distinzione tra Est e Ovest, anche 
        all’interno del nostro paese e del Mezzogiorno. Esiste un corridoio 
        della crisi che va da Torino a Napoli a Termini Imerese, che corre lungo 
        il versante occidentale del nostro paese: è il modello assistenziale 
        della grande impresa italiana, che oggi vive la crisi simbolica e 
        immensa della Fiat. E poi c’è il corridoio del capitalismo garibaldino, 
        che si snoda dal Nord-Est alle Marche e riesce in parte a lambire anche 
        la Puglia. E’ il cosiddetto “modello Adriatico”, un sistema vivace e 
        selvatico che però ha bisogno di maturare e di crescere attraverso le 
        istituzioni economiche liberali le condizioni di un capitalismo più 
        evoluto e maturo.
 
 29 ottobre 2002
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