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        Lula, il sogno carioca del Cinesedi Fausto Carioti
 
        
        L’uomo della Provvidenza c’è anche a sinistra. Quando crolla ogni 
        speranza nel futuro, quando i migliori mancano di convinzione e i 
        peggiori sono pieni di appassionato fervore, insomma, quando la destra 
        governa da un pacco d’anni e la sinistra non sa più a che santo votarsi, 
        la Rivelazione è un sindacalista con la barba. Lo scrive Sergio 
        Cofferati, mica una barba qualunque. E lo scrive proprio sull’Unità, il 
        quotidiano della sinistra che non sa più a che santo votarsi. Può 
        sembrare un intervento un pochino interessato, e magari lo è pure. 
        Cofferati però - almeno per ora - non si riferisce all’Italia, ma al 
        Brasile, dove Ignacio Lula, il Cofferati carioca, ha vinto le elezioni e 
        si prepara a governare (parola del Cofferati italiano) "con saggezza, 
        come già si vede". E "con fermezza" Lula spiegherà agli uomini della 
        Finanza e agli imprenditori "che conviene a tutti risanare e 
        contemporaneamente far crescere l’economia" (come noto, finanzieri e 
        imprenditori sono a favore della recessione economica).
        
         
        
        Cofferati, per chi non lo sapesse, ha una rubrica sul quotidiano fondato 
        da Antonio Gramsci. Si chiama "Lettera dalla Bicocca", che poi sarebbe 
        il palazzo della Pirelli dove è andato a lavorare (si fa per dire) dopo 
        aver lasciato, almeno da un punto di vista formale, la guida della Cgil. 
        E il suo intervento di sabato 9 novembre raccontava "La leggenda del 
        santo tornitore" (a proposito di Provvidenza), che poi sarebbe, appunto, 
        Ignacio Lula. Il quale, ci fa sapere Cofferati, ha iniziato sgobbando al 
        tornio, quindi è stato militante "nella formazione giovanile del Partito 
        des Trabajadores" (non è vero: il PT è stato fondato dallo stesso Lula, 
        assieme ad altri sindacalisti, nel 1980, quando Lula aveva 35 anni. Non 
        proprio un puttino, quindi. E poi si scrive Partido dos Trabalhadores: 
        tre errori in tre parole. A conferma del fatto che trovare un ghost 
        writer decente è dura per tutti). Comunque sia, prosegue la farraginosa 
        ricostruzione, da qui Lula è passato al sindacato dei metalmeccanici, e 
        quindi alla leadership del PT. Dove ha trascorso qualche decennio 
        prendendo schiaffoni dal partito moderato, sin quando le disuguaglianze 
        hanno spinto molti "a non accettare più il condizionamento della 
        propaganda dei centri di potere finanziario", a "ritenere che forse è 
        meglio tentare di cambiare con l’esperienza e l’entusiasmo dell’ex 
        sindacalista piuttosto che sottostare a condizioni sempre meno 
        vivibili". 
        
        Ogni somiglianza con la descrizione che Cofferati – e l’Unità e i 
        girotondi e i no-global… – fanno dell’Italia di Berlusconi è puramente 
        voluta. Lui stesso, come impone il prevedibile copione da Cincinnato che 
        si è imposto, ha iniziato negando ogni velleità politica. Poi ha fatto 
        un passettino avanti, definendosi un "ufficiale della riserva", pronto a 
        scendere in campo se necessario. Sabato 9 novembre, intervistato da 
        Avvenire (vedi sempre alla voce Provvidenza), rispondendo alla solita 
        domanda su quando entrerà in politica, si è spinto un po’ più in là: 
        "Spero tanto che non ce ne sia bisogno". Vuol dire che se ce ne sarà 
        bisogno lo farà. E visto lo stato tragico in cui versa la sinistra 
        italiana, il bisogno è scontato. Prepariamoci dunque all’Avvento. Certo, 
        il Lula brasiliano è stato trombato quattro volte prima di riuscire a 
        vincere le elezioni. Ma il Lula italiano è giovane e ha tutto il tempo 
        di seguirne l’esempio.
 8 novembre 2002
 
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