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        Ma per il tandem la strada è in salitadi Paolo Zanetto
 
 Diciamolo chiaramente: l'economia italiana - e internazionale - non va 
        bene. E quando il prodotto interno lordo non tira, per il governo il 
        lavoro diventa tutto più difficile. Uno studio condotto da Richard 
        Wirthlin, il mago dei sondaggi di Ronald Reagan, dimostra chiaramente il 
        rapporto tra crescita dell'economia e indice di gradimento dei leader: 
        in America i presidenti uscenti sono sempre stati rieletti quando sono 
        riusciti a garantire un aumento del Pil pro capite di almeno il 2%, e 
        sono stati sconfitti in tutti gli altri casi, con la sola eccezione del 
        '76 sull'onda del caso Watergate. Qualcosa di simile vale anche 
        nell'Italia di questi giorni.
 
 L'Europa non cresce, l'America procede lentamente, e le previsioni per i 
        prossimi anni non sono esaltanti. Il governo ha presentato una 
        Finanziaria rigorosa, che riesce nel difficile incastro di risorse 
        limitate e necessità di investimento. L'opposizione chiede le dimissioni 
        di Tremonti per i motivi più bizzarri, critica in modo generico 
        l'impostazione della legge, ma non dice nulla di sostanziale. Il 
        centrosinistra non ha niente di importante da dire nemmeno sulla 
        politica industriale: il caso Fiat, le dismissioni nel settore bancario, 
        privatizzazioni e dismissioni, a partire dall'Enel. I commenti dei 
        parlamentari di Ds e Margherita sono pacati e vagamente polemici con il 
        centrodestra, ma non dicono niente di nuovo. Poiché loro stessi non 
        avrebbero potuto fare di meglio.
 Chi dice cose importanti, piuttosto, sono quelli fuori dal Parlamento. I 
        girotondini, i radical-chic, i lettori dell'Unità, i discepoli di 
        Cofferati, gli scioperanti di professione. Questi signori hanno una 
        ricetta per tutto e per tutti: abbasso Berlusconi, Tremonti nelle fogne, 
        opposizione senza attributi maschili. Ci vuole Cofferati. Ci vuole 
        Moretti. Peccato che nessuno dei due abbia la più vaga idea di cosa fare 
        per far ripartire l'economia. I manettari amici del regista hanno tutt'al 
        più una ricetta giacobina per la giustizia. I cigiellini potranno avere 
        qualcosa da dire sull'acquisizione di Fiat Auto da parte di General 
        Motors ("il Piave mormorò / non passa lo straniero"). Ma intanto urlano, 
        strepitano, accusano. Specie tra le fila del centro-sinistra.
 
 Povero D'Alema: l'economia non riparte. Se fossimo ancora ai tempi beati 
        della new economy, forse Cofferati e Moretti starebbero al loro posto - 
        rispettivamente alla Pirelli e alla Sacher - piuttosto che nelle piazze. 
        Se l'economia andasse meglio, forse il dibattito politico potrebbe 
        tornare sui temi importanti per lo sviluppo del paese, piuttosto che su 
        ricette improvvisate e decisamente improbabili proposte dai nuovi 
        tribuni della plebe. Se l'economia andasse meglio, le menti più 
        brillanti dell'opposizione, dal leader Massimo a Giuliano Amato, 
        potrebbero essere al centro di un impegno bipartisan, di spirito 
        riformista, per influenzare l'azione del governo Berlusconi, 
        nell'interesse di tutti.
 
 Ma così non è. L'economia non tira più. John Belushi nel mitico film 
        Animal House incita i suoi compagni a dare battaglia con una frase 
        rimasta storica: "Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a 
        giocare". Forse l'avrà detto anche Berlusconi ai suoi ministri. Certo è 
        che il centrodestra si presenta compatto per affrontare le nuove sfide 
        all'orizzonte. Mentre il centrosinistra deve fare i conti con i 
        piazzaroli e con Rutelli. Gli ulivisti perbene tuttavia hanno ancora una 
        speranza: il ritorno di Romano Prodi, previsto per il 2004. Manca ancora 
        un anno e mezzo. Chissà che per allora l'economia non possa ripartire, 
        aprendo la strada a un confronto tra gente seria, Berlusconi e Prodi in 
        testa. Allora sì che il gioco si farà duro.
 
 22 novembre 2002
 
 zanetto@tin.it
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