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        Scandinavia. I frutti del nuovo corso di Cristina Missiroli
 
 Una bella sterzata liberista fa bene all’economia. Lo dimostra la 
        performance dei paesi scandinavi che quest’ anno hanno tutti migliorato 
        la loro posizione della classifica dei paesi economicamente liberi 
        dell’Heritage Foundation. Come indica l’indice del 2003 di Danimarca, 
        Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia, il livello di libertà economica 
        della Scandinavia è migliorato notevolmente negli ultimi anni. Tutti i 
        paesi nordici hanno migliorato il loro punteggio rispetto allo scorso 
        anno. E oggi ben quattro su cinque sono stati classificati paesi 
        economicamente “liberi”. In particolare Svezia e Islanda sono stati 
        inquadrati tra i paesi “liberi” per la prima volta. Solo la Norvegia, 
        che pure ha adottato alcune riforme market-oriented, rimane nella 
        categoria dei paesi “mostly free”, per lo più liberi. I paesi scandinavi 
        hanno raggiunto un simile livello di libertà economica puntando su 
        politiche economiche che sono riuscite ad incrementare opportunità di 
        impresa e attrarre investimenti. Risultati ottenuti attraverso la 
        diminuzione delle tasse, la deregulation, la privatizzazione di molte 
        imprese di Stato, la riduzione della spesa pubblica e l’abbattimento 
        dell’intervento dello Stato in economia.
 
 Risultati tanto positivi non vengono dal nulla, ma si inseriscono in una 
        storia politico-economica solida. Stabilità politica, stato di diritto e 
        protezione delle proprietà privata hanno certamente assicurato terreno 
        fertile per la buona riuscita delle riforme più recenti. Persino la 
        retorica socialista sbandierata in passato da molti di questi governi 
        sembra essere stata almeno un poco accantonata. E quasi nessuno urla più 
        contro il thatcherismo. Almeno da quando le nuove politiche economiche 
        hanno cominciato a dare i loro frutti. In alcuni paesi, come la 
        Danimarca, sostenitori del libero mercato fanno parte della coalizione 
        di governo. Il nuovo esecutivo norvegese sta dimostrando apertura verso 
        le privatizzazioni e la libera competizione. Cambiamenti che promettono 
        di portare ulteriore crescita economica nel prossimo futuro. Ovviamente 
        c’è ancora da migliorare. Uno dei maggiori problemi che i paesi 
        scandinavi devono affrontare è di certo quello dell’eccessiva 
        tassazione. Il carico fiscale in Danimarca (59 per cento per la fasce di 
        reddito più alte) e in Svezia (60 per cento) è tra i più elevati del 
        mondo. Ma continuano ad essere necessari per alimentare il welfare 
        scandinavo storicamente molto pesante. Benché le economie nordiche non 
        siano ancora completamente libere, i cambiamenti politici che questi 
        paesi hanno compiuto negli anni recenti sono notevoli e promettono 
        ulteriori miglioramenti.
 
 Molti dei cambiamenti positivi possono essere attribuiti ad una nuova 
        cultura che va affermandosi e in molti casi anche a cambiamenti di 
        leadership politica. In Danimarca, il governo di coalizione, eletto nel 
        novembre del 2001, non è guidato dal partito socialdemocratico, ma dal 
        partito liberale con Fogh Rasmussen che ha pubblicato un libro 
        programmatico dal titolo “Dalla società del Welfare alla sociatà 
        minimalista” che il settimanale inglese “The Economist” ha salutato come 
        il nuovo manifesto del libero mercato. Il primo ministro islandese, 
        David Oddsson, ha reso noto che intende trasformare il suo paese in 
        paradiso fiscale per gli investitori stranieri. Nel 2001 la Finlandia è 
        stata classificata come l’economia più competitiva al mondo e il governo 
        sta pianificando un ulteriore abbattimento delle tasse. In Norvegia, il 
        nuovo governo eletto nell’ottobre 2001 con il primo ministro Kjell Magne 
        Bondevik (cristiano-democratico) dovrebbe ripensare per intero il ruolo 
        dello Stato nell’economia e sembra dimostrare già una maggior attitidine 
        alla privatizzazione e alla competizione rispetto al governo precedente. 
        Solo la Svezia continua a guardare con sospetto alla nuova scuola 
        market-oriented che sta conquistando la Scandinavia intera. Il partito 
        socialdemocratico (al potere dagli anni ’30 tranne che per brevi 
        parentesi) ha innescato qualche riforma, ma pianifica di mantenere 
        un’alta tassazione necessaria per pagare il suo pesante stato sociale.
 
 6 dicembre 2002
 
 missiroli@opinione.it
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