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        “Sull’Islam i media italiani sono 
        irresponsabili”intervista a Omar Camiletti di Barbara Mennitti
 
 Le ultime settimane ci hanno proposto una serie di risse televisive, a 
        volte solo verbali, altre scadute in veri e propri incontri di lotta 
        libera, fra esponenti islamici italiani, opinionisti nostrani e 
        improbabili difensori dell’identità nazionale. Di fronte a questo 
        estremizzarsi del confronto abbiamo voluto ascoltare un esponente dei 
        musulmani italiani moderati, Omar Camiletti, portavoce della Moschea di 
        Roma, da sempre impegnato in uno sforzo di comprensione e di 
        integrazione fra la comunità islamica del nostro paese e le istituzioni.
 
 Chi sono questi personaggi che vengono presentati 
        come rappresentanti dell’Islam? Possono davvero essere considerati i 
        portavoce della comunità musulmana del nostro paese?
 
 Il problema è che l’Islam non ha una gerarchia ecclesiastica e tutti 
        possono parlare liberamente, soprattutto in Europa e in Italia dove non 
        esiste un vero e proprio riconoscimento. Basta farsi un po’ di 
        marketing, usare qualche espediente fittizio come una sigla altisonante 
        o un partito che è in realtà uno specchietto per le allodole, per venire 
        accreditati dai mass media.
 
 Perché parla di specchietti per le allodole?
 
 Perché in alcuni casi la creazione di un partito non rappresenta un 
        tentativo reale di calarsi nella dura arte della politica; abbandonarsi 
        a risse è piuttosto l’antipolitica. Spesso si tratta di personaggi il 
        cui lavoro all’interno della comunità islamica si limita alla 
        pubblicazione di pamphlet provocatori, con trovate da cabaret come 
        l’intimazione al papa di convertirsi. Ma se un noto giornalista invita 
        uno di questi personaggi in una trasmissione che è quasi una terza 
        camera del Parlamento, lo accredita automaticamente come interlocutore. 
        Grossa parte della responsabilità va, dunque, attribuita anche ai media, 
        trionfo del trash e regno del verosimile, dove hanno successo macchiette 
        che corrispondono esattamente agli stereotipi, alle maschere della 
        commedia.
 
 Come mai voi islamici moderati non sconfessate o, 
        quantomeno, prendete le distanze da questi personaggi?
 
 E’ un problema di democraticità, noi non possiamo smentire le iniziative 
        di un fratello musulmano. Ma nei confronti di noi musulmani moderati 
        esiste una specie di ostracismo dei media e anche della politica. La 
        sinistra ha i suoi interlocutori laici, che appartengono ad un Islam 
        secolista, e non vuole sentire parlare di aspetti religiosi. A destra 
        esistono forti contraddizioni ed è difficile trovare uno spazio fra le 
        posizioni intransigenti di Baget Bozzo e quelle ultra aperte di Franco 
        Cardini.
 
 Chi, secondo lei, ha interesse a far apparire solo 
        gli aspetti deteriori dell’Islam?
 
 Credo che esista un problema di fondo. Il fanatismo islamico ha 
        sostituito il comunismo nell’immaginario comune, diventando il capro 
        espiatorio di alcune situazioni, il nemico. Purtroppo bisogna aggiungere 
        che alcune correnti di pensiero americane hanno fatto delle scelte di 
        campo non del tutto plausibili nelle zone arabe. Io ritengo che il vero 
        problema nel mondo arabo sia ancora quello del controllo del petrolio: 
        sulla scia di quanto è avvenuto in Iran con lo Shah, alcune elités hanno 
        dato un manto religioso a quella che era solo voglia di arricchirsi.
 
 Sì, ma è anche vero che questa situazione si è 
        creata soprattutto in seguito a eventi come l’11 settembre. Oggi i 
        cittadini dei paesi occidentali, per esempio gli italiani, si 
        interrogano finalmente su queste comunità massicciamente presenti sul 
        loro territorio.
 
 In realtà da molti anni gli islamici moderati cercano di rendere 
        consapevoli i governi della massiccia presenza islamica in Italia, che 
        però è stata del tutto trascurata. Non c’è una regolarizzazione 
        dell’Islam, tre persone possono aprire una moschea e fare proseliti. Lo 
        stato se ne disinteressa completamente in termini di sicurezza ma anche 
        di diritti. Allo stato dei fatti, io vorrei che il governo italiano 
        prendesse un’iniziativa per far fronte a questo vuoto di comunicazione, 
        creando una commissione consultiva di musulmani italiani.
 
 Quali conseguenze crede che una eventuale guerra 
        contro l’Iraq con la partecipazione italiana potrebbe avere sulla 
        comunità islamica del nostro paese?
 
 L’Italia sarà comunque una retrovia del fronte e i musulmani saranno la 
        quinta colonna. Credo che si creerebbe sicuramente una situazione di 
        profondo malessere fra i fratelli musulmani ma non penso che nel nostro 
        paese vi possano essere fenomeni terroristici. Non esistono da noi 
        grandi movimenti di massa.
 
 Lei crede nello scontro di civiltà?
 
 Dipende da cosa si intende per civiltà. Io credo nel nichilismo della 
        tecnica e dei costumi e nelle tradizioni che si difendono. E’ uno 
        scontro fra l’antitradizione e la tradizione. L’Islam è la civiltà più 
        capace di mantenersi nelle sue costanti di tradizione. A questo 
        proposito vorrei sottolineare che il fondamentalismo è la parte 
        modernizzatrice e annichilente dell’Islam.
 
 Ma allora cos’è l’Islam?
 
 L’Islam è legato alle persone. E’ qualcosa di vivo, una rivelazione 
        divina che vive negli esseri umani.
 
 17 gennaio 2003
 
 bamennitti@ideazione.com
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