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      Cattivi pensieri. Autotramvieri, basta 
		chiacchiere!di Vittorio Mathieu
 
 In antico lo sciopero era un atto di guerra, quindi è logico che fosse 
		selvaggio. Oggi è un rituale, quindi è logico che sia regolamentato. 
		Però, con Cossiga, non mi indigno se qualche volta lo si riporta 
		all’antico, con qualche giustificazione. Purché, naturalmente, anche la 
		controparte abbia gli stessi diritti: ad esempio, di licenziare tutti 
		gli scioperanti. Lo sciopero dei trasporti di Milano ha avuto, se non 
		altro, il merito di attirare l’attenzione su un problema dei servizi 
		pubblici che i rituali, al contrario, tendono ad occultare. Non tutti i 
		servizi sono uguali. Pensate a che cosa diverrebbero le operazioni 
		chirurgiche, se un giorno tutti gli infermieri iniziassero uno sciopero 
		alle 9, senza preavviso.
 
 Il contratto degli autotramvieri può darsi che presenti particolari 
		difficoltà, ma probabilmente arriverebbe più presto in porto se entrambe 
		le parti pensassero allo scopo della loro impresa: servire il pubblico, 
		non i propri amministratori e dipendenti.
 Interesse del pubblico è sapere con ragionevole certezza quando e con 
		che frequenza passerà un mezzo. Nel traffico è difficile prevederlo, ma 
		qualche accorgimento potrà giovare. La prima cosa da evitare è che due o 
		anche tre mezzi della stessa linea circolino in convoglio, a distanza di 
		pochi secondi, lasciando poi un intervallo triplo. L’inconveniente oggi 
		è frequentissimo e sarebbe facile attenuarlo. Basterebbe che il 
		conducente che arriva in ritardo al capolinea riparta subito, 
		rinunciando al riposo.
 
 Naturalmente si obietterà che, se i conducenti guidassero stanchi, 
		aumenterebbe il numero dei morti in incidenti stradali: pura invenzione. 
		La stanchezza comincia ad incidere dopo molte ore (se si è giovani e 
		allenati dopo almeno 7 o 8), e gli orari dei conducenti potrebbero 
		essere ridotti ben al di sotto. Del resto gli autobus in convoglio sono 
		frequenti anche in ore in cui un traffico intenso non c’è. E la ragione 
		la si capisce facilmente quando si è fermi ad un capolinea: i minuti di 
		riposo servono a conversare, e per questo si deve essere in più di uno. 
		Ma tra la conversazione e il trasporto c’è incompatibilità. Dunque, 
		paghiamo bene i conducenti, riduciamo gli orari, ma per le conversazioni 
		prepariamo circoli ricreativi. Così accoglienti da non far rimpiangere 
		il salotto della contessa Maffei.
 
 5 dicembre 2003
 
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