| New Hampshire: Kerry vince, Dean risale, Clark 
        crolla 
 E' il disastroso esordio del generale (in pensione) Wesley Clark il dato 
        di fatto più rilevante che emerge dai risultati delle primarie 
        democratiche del New Hampshire. Pur avendo snobbato i caucus in Iowa per 
        concentrarsi sul piccolo stato del New England, Clark non è riuscito ad 
        andare oltre al terzo posto, con il 13 per cento dei consensi, 
        praticamente alla pari con il senatore del North Carolina, John Edwards (12 
        per cento), già secondo in Iowa una settimana fa. Distanti, troppo 
        distanti, Howard Dean con il 26 per cento dei voti e John Kerry con il 
        39 per cento. Soltanto quinto, infine, l'ex candidato alla 
        vicepresidenza Joe Lieberman, con il 9 per cento, che qualcuno già vede 
        malinconicamente avviato verso il viale del tramonto insieme a Dick 
        Gephardt e agli altri candidati che si sono ritirati dalla competizione.
 
        Kerry, 
        insomma, sembra essere riuscito a capitalizzare con profitto la vittoria 
        della scorsa settimana, restituendo credibilità e vigore ad una campagna 
        elettorale che, soltanto qualche settimana fa, tutti gli analisti si 
        erano affrettati a dichiarare clinicamente morta. Oggi, invece, il 
        senatore del Massachusetts sembra lanciato senza freni verso la 
        conquista della candidatura democratica, soprattutto dopo le ultime 
        clamorose gaffe di Dean e l'insospettabile (ma non troppo) inconsistenza 
        di Clark. Lo spiritato ed irritante discorso (?) pronunciato dall'ex 
        governatore del Vermont dopo la sconfitta in Iowa, in particolare, 
        sembrava aver convinto la maggioranza dei democratici della sua palese 
        inadeguatezza nel ricoprire la carica di presidente degli Stati Uniti 
        d'America. Ma il crollo che molti si aspettavano non c'è stato. E tutto 
        sommato Dean è riuscito negli ultimi giorni a contenere le perdite, 
        resistendo in secondo posizione a scapito di un Edwards in crescita e di 
        un Clark in caduta verticale. Anche 
        Edwards può essere relativamente soddisfatto del proprio risultato in 
        New Hampshire, visto che tra una settimana si voterà anche in South 
        Carolina, lo stato che confina con il collegio che lo ha eletto senatore 
        e in cui il "populista sorridente" è ancora in vantaggio nei sondaggi 
        (32 per cento contro il 17 di Clark, il 16 di Dean e il 13 di Kerry, 
        secondo SurveyUsa; 21 per cento, contro il 17 di Kerry, il 14 di Clark e 
        il 9 di Dean secondo ARG). Inutile dire che, secondo i sondaggi, anche 
        in South Carolina Joe Lieberman veleggia in quinta posizione intorno al 
        5 per cento dei consensi.  Oltre che 
        in South Carolina (45 delegati per la convention di Boston), nel 
        prossimo Super-Tuesday del 3 febbraio si voterà anche in Missouri (74 
        delegati, Dean in testa), Delaware (15, Dean in testa), Oklahoma (40, 
        Clark in testa), Arizona (55, Kerry in testa), New Mexico (26, Dean e 
        Clark in testa) e North Dakota (14). Nei prossimi sette stati, insomma, 
        verranno eletti 269 dei 2161 delegati necessari per conquistare la 
        candidatura democratica alla Casa Bianca. Mentre in Iowa e New Hampshire 
        ne sono stati finora eletti appena 67 (34 per Kerry, 18 per Edwards e 15 
        per Dean). Una goccia nell'oceano, dunque, visto anche che gli altri 801 
        "super-delegati" (membri del Democratic National Committee, senatori, 
        governatori e leader locali del partito) non dovranno necessariamente 
        seguire le indicazioni emerse dal voto delle primarie. E' interessante 
        anzi notare come, sommando i super-delegates (almeno quelli che hanno 
        già espresso una preferenza) con i normali delegati eletti alle primarie 
        di Iowa e New Hampshire, Dean sia in testa alla classifica parziale dei 
        candidati con 112 voti (su 4321 totali), seguito da Kerry (95), Edwards 
        (36), Clark (30), Lieberman (25), Sharpton (4) e Kucinich (2). La 
        partita, insomma, è apertissima. E basterebbe una folata di vento per 
        cambiare, ancora una volta, le carte in tavola. 
         (a.man.) 
        
        28 gennaio 2004
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