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        Elezioni. Europa, Ovest contro Estdi Domenico Mennitti
 
 L’Europa torna a dividersi tra Est e Ovest, quando mancano un paio 
        d’anni all’ingresso nell’Unione di dieci paesi dell’ex blocco comunista. 
        Tra le due parti del Continente sembra rialzarsi un Muro, questa volta 
        politico. L’Ovest va a destra, liquida le socialdemocrazie che hanno 
        guidato i governi nazionali nella seconda metà degli anni Novanta, 
        premia leader e coalizioni di orientamento liberal-conservatore. Con 
        l’eccezione dell’Inghilterra, guidata dal laburista riformista Tony 
        Blair, l’unico esponente della sinistra europea ad aver messo in 
        soffitta l’armamentario ideologico socialdemocratico, il cambio politico 
        ha investito molti paesi. Dall’Austria alla Danimarca, dall’Italia al 
        Portogallo, con l’aggiunta della conferma di Aznar in Spagna. Fino al 
        clamoroso risultato di Parigi che ha spazzato via il premier socialista 
        uscente, Lionel Jospin, e ha promosso al ballottaggio la destra moderata 
        di Jaques Chirac e quella estrema di Jean Marie Le Pen: destra contro 
        destra e per gli eredi di Mitterrand un amaro benservito.
 
 La prossima tappa elettorale è in Germania, dove in autunno il 
        conservatore bavarese Edmund Stoiber contenderà al cancelliere uscente, 
        il socialdemocratico Gerhard Schroeder, la poltrona della nuova Casa 
        Bianca di Berlino. Fino a qualche mese fa una vittoria di Stoiber 
        appariva impossibile. Oggi i sondaggi lo danno vincente e il risultato 
        del recente voto amministrativo in Sassonia-Anhalt (vittoria della Cdu e 
        dei liberali, crollo della Spd sorpassata anche dai postcomunisti della 
        Pds e debacle dei verdi) è un brutto presagio per il cancelliere. La 
        Germania soffre la più grave crisi economica degli ultimi decenni, una 
        crisi che appare strutturale più che contingente e alla quale le ricette 
        un po’ vetuste della socialdemocrazia tedesca sembrano dare il colpo di 
        grazia. La partita è riaperta: i cittadini potrebbero premiare Stoiber 
        che, alla guida del potente Land della Baviera, ha raggiunto risultati 
        economici di grande prestigio.
 
 L’Europa in rosa però, appassita in Occidente, torna a fiorire in 
        Oriente. Nelle stesse ore del voto in Francia e in Sassonia-Anhalt, a 
        Budapest gli ungheresi premiavano, dopo il ballottaggio con l’esponente 
        del centrodestra, il candidato della sinistra. Allineando l’Ungheria 
        alla Romania, alla Polonia, alla Repubblica Ceca, all’Ucraina, alla 
        Slovenia, alla Croazia, a parte delle Repubbliche Baltiche. Ad Est il 
        pendolo s’inverte e negli ultimi anni a finire sotto la scure degli 
        elettori sono stati leader e partiti di centrodestra. Uomini che hanno 
        puntato sulle riforme liberali, per accelerare il passaggio da economie 
        pianificate a economie di mercato. Salvo il caso dell’Estonia, però, i 
        nuovi leader non hanno saputo mettere in pratica le loro politiche, 
        fallendo sia nella gestione economica – recessione, paralisi delle 
        riforme, disoccupazione – sia in quella politica – disgregazione delle 
        coalizioni, dilettantismo, litigiosità interna - disorientando i propri 
        elettori che, appena ne hanno avuto l’occasione, li hanno liquidati.
 
 Nei paesi dell’Europa centro-orientale si è assistito (e si assiste 
        ancora) ad un ritorno delle élites politiche che hanno gestito gli 
        ultimi anni dei regimi comunisti. Opportunamente riciclate sotto le più 
        tranquillizzanti spoglie della socialdemocrazia, queste classi dirigenti 
        dimostrano di saper gestire con maggiore capacità la lunga transizione 
        dei loro paesi. Sono più affidabili, hanno gettato alle ortiche le 
        ideologie passate e abbracciato un pragmatismo al limite della 
        spregiudicatezza, conoscono a menadito la macchina dell’amministrazione 
        statale e hanno occupato i posti chiave dell’economia. I cittadini si 
        sentono rassicurati: se i profeti delle riforme non sono in grado di 
        realizzarle, meglio un andamento lento, senza salti nel vuoto, all’ombra 
        di un pallido benessere che lascia intravvedere qualcosa di 
        quell’Eldorado dorato che è l’Occidente.
 
 E così queste due Europe tanto divergenti sono in marcia verso la 
        riunificazione sotto le insegne dell’Unione Europea. L’appuntamento 
        tanto agognato, culmine del lungo processo di integrazione avviato con 
        lungimiranza all’indomani della caduta del Muro di Berlino, rischia di 
        avvenire su terreni non convergenti. E’ come se queste due metà, oltre 
        che viaggiare a velocità diverse, percorressero binari sfalsati l’una 
        rispetto all’altra. A Ovest si punisce quella sinistra refrattaria alle 
        riforme del mercato del lavoro e più in generale dell’economia, puntando 
        su un centrodestra dal quale ci si aspetta una politica più innovativa. 
        A Est si punta invece sulla socialdemocrazia per attenuare lo stress di 
        una transizione vissuta all’insegna della disillusione: ben vengano le 
        riforme ma senza esagerare. Di certo, quella che nascerà con 
        l’allargamento non sarà un’Europa politicamente monocorde. Ma non è 
        detto che questo renda più facile la convivenza.
 
 25 aprile 2002
 
        
        dmennitti@europarl.eu.int 
        
        (da Il Mattino) |