Germania. Al voto un paese diviso e incerto
dal nostro inviato Pierluigi Mennitti
BERLINO. Freddo, uragani e inondazioni. E' il bilancio meteorologico di
questa estate tedesca che sarà ricordata come una delle più
catastrofiche di tutti i tempi. Ma potrebbe essere anche il barometro
della politica, mai così turbolenta e contrastata negli ultimi vent'anni.
La campagna elettorale che si concluderà il 22 settembre con il rinnovo
del cancelliere e del Bundestag viene combattuta dai due contendenti -
il cancelliere uscente Gerhard Schröder (Spd) e lo sfidante Edmund
Stoiber (Cdu-Csu) - in un clima di forte conflittualità. La Germania ha
perso la sua verginità. Scandali e dimissioni a catena in politica,
recessione e disoccupazione a livelli record in economia. Questa non è
più un'isola felice ma un paese grande e grosso con mille problemi da
risolvere. Resta certo il più ricco del continente. Ha al suo interno
tutte le risorse umane e materiali per cavarsi fuori dagli impacci, come
tante volte ha fatto nella sua tragica storia. Ma i politici sembrano
aver smarrito le chiavi del successo, la formula magica che ha fatto
della Germania la locomotiva d'Europa, prima che i suoi motori
cominciassero a rallentare. Sono quattro anni che l'economia arranca ma
gli ultimi due sono stati i più difficili e l'ultimo addirittura
drammatico se si pensa alla contrazione delle esportazioni dopo l'11
settembre.
La situazione internazionale pesa molto su un paese che fa dell'export
di qualità la sua principale ricchezza. Ma il dubbio si insinua oltre la
contingenza. E se fosse una crisi di modello? Se le cause di questa
frenata, evidenziata da una congiuntura sfavorevole, fossero in realtà
sistemiche? E' forse giunto il momento di ripensare il "Modell
Deutschland", l'economia sociale di mercato, cinquant'anni di stabilità
e successi legati a quello strano capitalismo noto al mondo come
"renano", fatto di crescita lenta ma costante, benessere diffuso, pace
sociale e welfare. Elementi che non sembrano reggere il confronto con la
globalizzazione.
Prendiamo il sistema delle relazioni industriali. L'economia globale
impone velocità nelle decisioni dei manager, flessibilità nelle
dimensioni dell'azienda, dinamicità nell'adattarsi a condizioni che
mutano rapidamente. In Germania, invece, resiste come un dogma la "Mitbestimmung",
l'istituto della codecisione paritetica con i consigli di sorveglianza
da parte dei rappresentanti dei lavoratori e dell'impresa. Anzi, il
cancelliere Gerhard Schröder ne ha ampliato le competenze scontentando
gli imprenditori. O prendiamo la natura estremamente rigida del rapporto
banche-imprese, con queste ultime che tendono a reperire il capitale
prevalentemente tramite il sistema bancario e in misura minore
attraverso il mercato borsistico. Questo ruolo centrale esercitato dalle
banche sulla conduzione dell'impresa, banche che a livello regionale
sono spesso di proprietà pubblica, è poco compatibile con la dinamica
del mercato aperto. Ma nei programmi elettorali dei due candidati non
v'è traccia di queste riforme, che inciderebbero a fondo nel tessuto
sociale della Germania.
D'altro canto la politica sembra essere stata scaraventata in una
lavatrice e sballottata da una centrifuga impazzita. La stabilità che
aveva caratterizzato i lunghi anni della Repubblica di Bonn è svanita.
E' come se Berlino, la nuova sede del mondo politico, avesse voluto
trasmettere ai nuovi arrivati la propria ansia di velocità, di
movimento, di trasformazione. Con il risultato di rendere il quadro
politico caotico e instabile. La compagine governativa che giunge al
traguardo dei suoi primi quattro anni si presenta diversa da quella che
aveva preso il via nel 1998: otto ministri hanno rassegnato le
dimissioni, per divergenze con il premier, per incompetenza o per
scandali più o meno gravi, che hanno però coinvolto anche esponenti
politici legati al centrodestra. L'ultimo caso, solo un paio di mesi fa,
è stato quello del ministro della Difesa Rudolph Scharping, un pezzo
grosso dell'Spd. I dati dell'economia, confrontati con quelli ereditati
dalla tanto vituperata era Kohl, sono sconfortanti: crescita dello 0,6
per cento contro il 2 per cento del 1988, tasso d'inflazione al 2,5
contro lo 0,7, la disoccupazione ha superato la soglia critica dei 4
milioni. La tanto sbandierata modernizzazione del paese non ha fatto un
passo in avanti e anche la promettente riforma delle tasse che sarebbe
dovuta partire alla fine di quest'anno è stata prorogata per finanziare
la ricostruzione delle aree alluvionate. L'alleanza rosso-verde tra Spd
e Grünen, che ha a stento superato le divergenze specie sul piano della
politica estera in occasione degli interventi militari in Kossovo e in
Afghanistan, non è riuscita a trasformarsi da cartello elettorale e di
governo in un progetto politico di ampio respiro per il paese: a livello
regionale, dove prevalgono i governi di centrodestra, l'Spd governa due
Länder con i postcomunisti, due con i cristianodemocratici (Grosse
Koalition) e due con i verdi. I rapporti tra maggioranza e opposizione
sono molto tesi e il confronto è spesso aspro e violento. Così un paese
diviso e incerto si presenta alla prova decisiva del voto politico. Il
compito per chi vincerà le elezioni sarà molto difficile. E non sarà più
possibile, come avvenne quattro anni fa, scaricare tutte le colpe sul
proprio predecessore.
13 settembre 2002
pmennitti@hotmail.com
|