Croazia, un'economia fondata sul turismo
di Alessandro Napoli
E' sabato, e la costa adriatica è ancora lontana. Siamo a Karlovac, dove
finisce l'autostrada, poco più di cinquanta chilometri a Sud di
Zagabria, al fondo di un imbuto dove migliaia di automobili con targhe
della repubblica ceca, slovacche, polacche e ungheresi stanno in colonna
da ore in attesa di pagare il pedaggio. I bambini piangono per il caldo,
le mamme scaldano i biberon, i padri alternano conversazioni al
telefonino con la ricerca di non sai mai che cosa nei carrellini
portabagagli che sono l'appendice obbligata di un'automobile su tre.
Scene da mass tourism che testimoniano quanto l'Europa centro-orientale
cominci ad assomigliare da vicino al resto del continente, o quanto meno
a come era negli anni Sessanta-Settanta.
Dove va tutta questa gente? Per rispondere non è necessario andare in
giro a fare domande, basta uno sguardo al genere di masserizie
trasportate: non meno di otto famiglie su dieci occuperanno camere o
appartamenti con uso di cucina in una delle innumerevoli case private
costruite attorno o dentro gli antichi villaggi e cittadine della costa,
la soluzione più economica. Le altre sono l'avant-garde della
neoborghesia generata dalla transizione o dalla fine della transizione.
Vestono Lacoste, viaggiano su fuoristrada dell'ultima generazione, si
portano appresso valigie Vuitton e qualcuno anche lap-top collegabili
con il telefonino, sono già abbronzati perché hanno già fatto una
settimana nei mari del Sud e non perché frequentino i solarium e le gym.
Le loro automobili non trainano carrellini portabagagli ma tutt'al più
imbarcazioni a vela dentro le quali è conservato il gioiellino del
momento, un monopattino smontabile in lega ultraleggera che funziona con
un motorino elettrico.
Per molti dei turisti occidentali - italiani, tedeschi, austriaci - che
pure stanno in coda (con camper che trainano gommoni) questi qui sono
solo mafiosi arricchiti nel marasma. Non è così: in genere si tratta di
dirigenti o quadri di multinazionali, commercianti, piccoli
imprenditori, avvocati, architetti, ristoratori. Solita storia,
irremovibile pregiudizio: se sei ricco o anche solo benestante ma sei
cittadino di un paese ex-socialista sei un delinquente o giù di lì. In
ogni caso, niente appartamentini e niente zimmer frei: questo popolo
neoborghese ama soprattutto la barca a vela, e se non ne ha una sua la
prende in affitto da una delle agenzie di charter di Cracovia, Praga,
Bratislava o Budapest. Una volta al mare si lascerà dunque alle spalle
le cittadine e i villaggi della costa, si infilerà in uno degli
efficientissimi marina dalmati e poi andrà verso le isole. Più lontane
dalla costa sono meglio è. Magari senza esagerare: l'immacolato
arcipelago delle Kornati va bene per qualche giorno, ma posti come Hvar,
emergente Saint Tropez adriatica, sono quello che ci vuole.
A Hvar, ma anche nei porti e nei marina di altre isole dove la guerra
non era mai arrivata, si può incontrare un altro popolo ancora. E' il
jet set internazionale che non viaggia in barca a vela ma su cabinati
d'altura lussuosissimi di costruzione italiana iscritti nel registro
navale dell'isola di Jersey. Apparentemente, sono tutti in vacanza come
gli altri, con la sola differenza che è impossibile incontrarli nei
ristoranti, anche in quelli più esclusivi che di solito stanno lontano
dalle banchine del porto, ricavati in qualche edificio storico nella
parte alta degli abitati. In realtà sono qui per affari, e affari in
questo caso vuol dire trattare l'acquisto di case antiche o addirittura
di intere piccole isole. Quando c'era Tito non si poteva comprare, a
meno di essere amici personali del maresciallo e ottenere una speciale
dispensa, come accadde a Sir Fitzroy Maclean, che acquistò una casa
nell'isola di Curzola. Sotto Tudjman gli investimenti immobiliari di
stranieri erano, se possibile, ancora più malvisti. Da quando invece il
mercato del real estate è stato liberalizzato, sulle piccole isole e su
certi edifici storici si è invece rivolta l'attenzione di uomini
d'affari di primo piano e dello star system di Hollywood, nomi come Bill
Gates e Sharon Stone, tanto per fare qualche esempio. Le isole sono le
più ricercate e i prezzi variano da caso a caso, ma sono alla portata di
chi ha redditi alti, anzi altissimi. L'isoletta di Daksa ad esempio, non
lontano da Dubrovnik, va sui 4 milioni di euro, un'isoletta delle
Pakleni, vicino Hvar, va sui due milioni e trecentomila, ma un'isoletta
tra Pasmano e le Coronate è stata quotata cinquanta milioni di euro.
Le reazioni dei locali di fronte a questo marcato interesse da parte di
wealthy foreigners variano da caso a caso. C'è chi teme che il fenomeno
finirà con l'allontanare le famiglie che per qualche settimana prendono
in affitto le due camere con cucina costruite a suon di sacrifici. Nelle
immobiliari al contrario si stappano bottiglie di spumante, mentre
qualche giovanotto sogna di essere arruolato come skipper e qualcun
altro come cameriere: tutti su yatch d'altura. Qualche sindaco è
incerto: basteranno pochi turisti ricchi a rimpiazzare tanti turisti
molto meno benestanti? Per i conti con l'estero della Croazia, la
Dalmazia è in ogni caso una benedizione: gli euro e i dollari servono,
anche perchè dietro la costa ci sono villaggi e villaggi ancora da
ricostruire dopo le rovine della guerra. Anche sulla lunga strada verso
il mare che fra poco percorreranno i vacanzieri ancora bloccati al
casello di Karlovac.
13 settembre 2002
snapol@tin.it
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