| 
        
        Pacifismo, il trionfo della Moralpolitikdi Luciano Priori Friggi
 
 I venti di guerra che spirano di nuovo in questo inizio di secolo, 
        dall'Afghanistan all'Irak, impongono una riflessione sul tema della 
        pace. L'argomento è complesso da trattare in quanto se si facesse un 
        sondaggio in cui si chiedesse tout court se si è favorevoli o contrari 
        alla guerra avremmo un 99,9% di contrari, ma se si chiedesse se si è 
        favorevoli o contrari a una delle guerre che si sono combattute in 
        passato o che, forse, sono da combattere in futuro le proporzioni 
        cambierebbero radicalmente. Anche nell'antichità l'argomento fu al 
        centro della riflessione di filosofi e storici. La pax romana viveva su 
        un preciso presupposto. Ce lo ricorda Tito Livio quando afferma 
        “Ostendite modo bellum pacem habebitis” (mostrate di essere pronti alla 
        guerra e avrete la pace). C'è nell'antichità la convinzione che di 
        fronte ad un atteggiamento remissivo la guerra sia ineluttabile e che in 
        alcuni casi questa può essere evitata solamente mostrando di non avere 
        meno forze e determinazione dell'avversario.
 
 Nell'ultimo secolo si sono sviluppati orientamenti che hanno cercato di 
        impostare il problema della pace e della guerra in modo diverso. In 
        particolare ciò è avvenuto per merito del socialismo riformista. La 
        migliore esemplificazione di questo punto di vista ce l'ha data Filippo 
        Turati quando, in un discorso parlamentare del 1909, ebbe ad affermare 
        "il famoso si vis pacem para bellum (se vuoi la pace prepara [gli 
        armamenti per] la guerra, n.d.r.) non è che un giuoco di parole da 
        oracolo di Delfo. Torniamo signori al senso comune che dice si vis pacem 
        para pacem". Apparentemente le posizioni del pacifismo odierno sono 
        assimilabili a quelle turatiane, in realtà la faccenda è più complessa. 
        E' proprio sugli obiettivi che si creano delle differenze.
 
 Un primo filone del pacifismo è contro la guerra sempre e ovunque. E' un 
        pacifismo pre-politico che prescinde dall'evoluzione concreta delle 
        società e si appella continuamente ai popoli contro i loro governanti, 
        unici responsabili, secondo questo modo di vedere, del precipitare della 
        dialettica politica nello scontro militare. A costoro si addice molto 
        bene la definizione di Spinoza "la pace non è assenza di guerra: è una 
        virtù, uno stato d'animo, una disposizione alla benevolenza, alla 
        fiducia, alla giustizia". Questi pacifisti sono in genere 
        l'inconsapevole massa di manovra di un tipo di pacifismo ben diverso e 
        che è poi quello che gestisce la protesta e ne capitalizza in termini di 
        consenso politico i risultati di mobilitazione. Potremmo definire 
        quest'ultima tendenza pacifismo a senso unico.
 
 Le argomentazioni che provengono da questa parte nascono tutte da una 
        premessa di tipo sociale: "Le guerre sono il frutto della disuguaglianza 
        economica tra i popoli", quindi per evitarle bisogna eliminarne la 
        causa. In realtà con questa impostazione si possono commettere le più 
        nefande attività contro la pace. La premessa finisce infatti per 
        giustificare qualsiasi regime e qualsiasi azione contro il "ricco e 
        opulento occidente", per comodità identificato con Stati Uniti e (a 
        fatica, perché è bene non avvicinarsi troppo geograficamente) con la 
        Gran Bretagna. Si finisce persino per giustificare regimi come Cuba, 
        dove un dittatorello sudamericano da più di quarant'anni si è 
        impossessato dell'isoletta, vorrebbe che alla sua morte il potere 
        passasse al fratello, impedisce ai suoi concittadini persino di aprire 
        un bar, li fa vivere in condizioni miserevoli e poi li costringe a 
        subire i suoi discorsi sotto un sole cocente per sette/dieci ore per 
        spiegargli che la colpa è degli Stati Uniti. I più giovani forse non lo 
        sanno, ma questo campione dell'antimperialismo appena preso il potere 
        chiamò i sovietici e gli fece installare dei missili nucleari, 
        puntandoli contro l'America, con ciò riuscendo quasi a far scatenare uno 
        scontro armato tra le uniche due superpotenze di allora, dagli esiti 
        facilmente intuibili.
 
 Ma questo tipo di pacifismo finisce per giustificare anche regimi di 
        estrema destra. Ancora una volta per i più giovani vogliamo ricordare 
        quanto successe alla vigilia della seconda guerra mondiale. Quando 
        Hitler decise di mostrare chiaramente i suoi intenti aggressivi verso il 
        resto d'Europa, per coprirsi le spalle, fece un accordo di spartizione 
        della Polonia con l'Urss di Stalin (nota 
        1). Cosa che poi avvenne di comune accordo (i due eserciti si 
        ricongiusero il 19 settembre 1939 a Brest-Litovsk). Questa fu la causa e 
        l'inizio della seconda guerra mondiale. Forse è bene che i giovani 
        sappiano anche questo: in Europa il proletariato, come allora si diceva, 
        fu mobilitato per la pace e contro la guerra, in appoggio alla patria 
        del socialismo e contro l'imperialismo dei paesi democratici.
 
 Il pacifismo a senso unico è pericoloso perché usa argomentazioni 
        capziose scambiando le cause con gli effetti In questo modo si finisce 
        per individuare il nemico da combattere nella democrazia, in particolare 
        laddove ha raggiunto il più alto grado di realizzazione (permettendo 
        quindi di raggiungere anche il più alto livello di vita). Con buona pace 
        di Turati non si vede, purtroppo, all'orizzonte una via diversa da 
        quella ipotizzata da Aristotele nell'Etica nicomachea (e che è alla base 
        di tutte le affermazioni simili successive): "Facciamo la guerra per 
        poter vivere in pace". La riflessione (la guerra come ultima chance) 
        veniva dal profondo della civiltà greca, dunque meditata e non 
        certamente estemporanea. E quella civiltà è il fondamento della 
        democrazia occidentale, al centro oggi del più terrificante attacco 
        degli ultimi secoli (l'obiettivo ultimo è la distruzione dell'intera 
        civiltà occidentale). Non ci sono alternative: oggi, con l'esplodere del 
        terrorismo, bisognerà arrivare al disarmo di tutte le nazioni 
        potenzialmente pericolose per la pace. Se ci sarà guerra o no dipenderà 
        dall'atteggiamento di queste ultime e da nessun'altro.
 
 11 ottobre 2002
 
 luciano.priorifriggi@tin.it
 
        
        (1) 
        PROTOCOLLO SEGRETO ADDIZIONALE(al patto Ribbentrop-Molotov - Mosca 23 agosto 1939)
 
 In occasione della firma del patto di non aggressione tra il Reich 
        tedesco e l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, i 
        plenipotenziari firmatari delle due parti hanno discusso in 
        conversazioni strettamente riservate il problema della delimitazione 
        delle rispettive sfere d'influenza nell'Europa orientale. Tali 
        conversazioni hanno portato al seguente risultato:
 1 - Nel caso di mutamenti territoriali e politici dei territori 
        appartenenti agli Stati baltici (Finlandia, Estonia, Lettonia, 
        Lituania), la frontiera settentrionale della Lituania rappresenterà la 
        linea divisoria delle rispettive sfere d'influenza della Germania e 
        dell'Urss. Al riguardo le due parti riconoscono l'interesse della 
        Lituania al territorio di Vilnius.
 2 - Nel caso di mutamenti territoriali e politici dei territori 
        appartenenti allo stato Polacco, le sfere d'influenza della Germania e 
        dell'Urss saranno approssimativamente delimitate dalla linea dei fiumi 
        Narew, Vistola e San. Soltanto in base ai futuri sviluppi politici sarà 
        possibile decidere in modo definitivo se gli interessi delle due parti 
        rendono desiderabile il mantenimento di uno Stato polacco indipendente; 
        in tal caso, debbono essere delimitate le frontiere di tale Stato. In 
        ogni modo i due governi risolveranno tale questione mediante un'intesa 
        amichevole.
 3 - Per quanto riguarda l'Europa sud-orientale, da parte sovietica si 
        sottolinea l'interesse per la Bessarabia. Da parte tedesca si dichiara 
        il totale disinteresse politico per questi territori.
 4 - Questo protocollo sarà tenuto rigorosamente segreto da entrambi le 
        parti.
 Mosca, 23 agosto 1939.
 Per il governo del Reich tedesco, v.Ribbentrop
 Per procura del governo dell'Urss. V. Molotov.
 |