| La lunga marcia verso Occidente di Barbara Mennitti
 
 La notizia che la Romania, insieme alla Bulgaria, non avrebbe fatto parte 
      della prima ondata dell'allargamento, non ha colto di sorpresa nessuno. Da 
      oltre un anno l'esclusione era accettata come un dato di fatto dagli 
      addetti ai lavori e si cercavano da entrambe le parti, soluzioni per 
      affermare con chiarezza che non si trattava di una bocciatura, ma soltanto 
      di un rinvio. I rumeni, anche per motivi di prestigio interno, hanno 
      insistito a lungo perché si fissasse in anticipo la data per l'adesione, 
      temendo ripercussioni sull'umore dei cittadini e, soprattutto, 
      l'ostruzionismo da parte dei nuovi membri (in particolare da parte 
      dell'Ungheria, con la quale i rapporti sono storicamente tutt'altro che 
      idilliaci). Il presidente Prodi ha trovato una soluzione di compromesso: 
      nel suo intervento nella miniplenaria al Parlamento Europeo il 9 ottobre 
      ha detto che "la Commissione prende atto del fatto che la Romania pensa di 
      poter chiudere i negoziati entro il 2004 e di poter entrare a far parte 
      dell'Unione entro il 2007". La palla passa ora, quindi, alla Romania.
 
 Ma qual è oggi la situazione politica di questa "isola latina nel mare 
      slavo"? Bisogna dire subito che, se è vero che molto resta ancora da fare, 
      tanto è stato fatto o è, almeno, in corso d'opera. La necessità di entrare 
      a far parte dell'Unione Europea non viene messa in discussione a nessun 
      livello, la classe dirigente appare compattamente tesa verso questo 
      obiettivo e la popolazione accetta con rassegnazione commovente i 
      sacrifici che le vengono richiesti, sperando che siano gli ultimi prima di 
      entrare, finalmente, in una nuova era. L'economia sta compiendo passi 
      avanti, il tasso di crescita è aumentato del 5 per cento negli ultimi due 
      anni e il settore privato è in continua espansione. Anche nel campo del 
      sociale sono stati compiuti progressi notevoli; politiche ad hoc di 
      inclusione sociale sono state adottate per gruppi emarginati come la 
      minoranza rom e i disabili e sono state eliminate dall'ordinamento 
      giuridico le sanzioni e le discriminazioni contro gli omosessuali. La 
      questione dei bambini abbandonati è stata affrontata con serietà e buona 
      volontà dalla classe politica con l'aiuto di operatori internazionali: i 
      grandi orfanotrofi vecchio stile stanno progressivamente chiudendo e 
      vengono sostituiti da famiglie ospitanti o da nuovi tipi di istituti, 
      concepiti in modo da venire incontro anche alle necessità emotive dei 
      bambini, che continuano ad offrire assistenza anche quando questi giovani 
      adulti si affacciano nel mondo del lavoro. A questo programma è stata 
      affiancata una martellante campagna mediatica per prevenire l'abbandono 
      dei minori e per sensibilizzare l'opinione pubblica.
 
 Ma molto rimane ancora da fare a livello politico per adeguarsi ai criteri 
      di Copenaghen e dotare così il paese di una struttura in cui si possa 
      sviluppare una cultura politica e sociale realmente democratica. Fra le 
      questioni più urgenti vi è ancora la riforma dell'amministrazione 
      pubblica, un leviatano burocratico che rallenta l'attuazione di tutte le 
      politiche e anche della capacità di assorbire i fondi comunitari e 
      internazionali. Il governo rumeno ha fondato un Istituto Nazionale per 
      l'Amministrazione per formare una nuova classe dirigente, ma sono 
      necessari anche degli incentivi di altro tipo (salari adeguati, 
      ristrutturazione delle carriere, aggiornamento continuo) per garantire una 
      vera svolta nella pubblica amministrazione. Anche per cercare di arginare 
      la corruzione che ancora dilaga (nonostante la creazione di un Procuratore 
      Nazionale Anti-Corruzione, istituito con grande pompa ma che ha dato 
      finora risultati trascurabili) e che costituisce un ostacolo enorme allo 
      sviluppo sociale ed economico del paese. Un altro problema scabroso, che 
      deve essere affrontato e risolto con urgenza, è la riforma del sistema 
      giudiziario che continua ad essere rimandata. La commistione fra esecutivo 
      e magistratura rimane ancora un rischio concreto, le procedure di 
      selezione dei membri dell'Alto Consiglio della Magistratura non sono 
      propriamente trasparenti e il Pubblico Ministero rimane gerarchicamente 
      subordinato al governo.
 
 La Romania, insomma è un paese in mezzo al guado, a cavallo fra un passato 
      disastroso, che ha lasciato una eredità pesantissima, e un futuro europeo. 
      L'Unione Europea, da parte sua, ha dimostrato di ritenere che essa debba 
      fare parte di questa nuova Europa allargata ed è pronta ad intensificare 
      gli sforzi e a permettere già da subito che essa invii i sui osservatori 
      al Parlamento europeo. Sperando di poterle dare il benvenuto come membro 
      effettivo nel 2007.
 
 22 novembre 2002
 
 bamennitti@ideazione.com
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