| Gli USA compatti al fianco della Casa Bianca di Andrea Mancia
 
 La guerra si avvicina e l'opinione pubblica statunitense si compatta 
        intorno al suo presidente. Secondo l'istituto di ricerca Gallup, è 
        favorevole ad un intervento armato in Irak il 67 per cento degli 
        americani che hanno seguito il discorso di George W. Bush sullo Stato 
        dell'Unione (contro il 47 per cento favorevole prima del discorso). E i 
        leader del partito Democratico, che pure hanno criticato duramente il 
        programma di riforme economiche presentato da Bush nella stessa 
        occasione, hanno dichiarato il loro completo appoggio alla strategia 
        seguita dalla Casa Bianca in Irak.
  
        
        A parte qualche attempato "beatnik" come il sempre più isolato senatore 
        Edward Kennedy, che ancora si dice convinto dei "progressi compiuti 
        dagli ispettori Onu negli ultimi giorni", l'opposizione interna alla 
        guerra contro l'Irak si limita ormai a quegli ultrà pacifisti che stanno 
        organizzando la "grande marcia" del 15 febbraio a Seattle. Ma si tratta 
        di un dissenso fisiologico, in una grande democrazia, che sembra non 
        essere in grado di scalfire il fronte della fermezza, sempre più folto e 
        sempre meno caratterizzato ideologicamente. Mentre 
        l'Europa si spacca, insomma, l'America si compatta e si prepara ad 
        affrontare l'emergenza militare. La maggioranza dell'opinione pubblica Usa è convinta, insieme a Bush, che l'Irak rappresenti un pericolo "non 
        solo per i paesi della regione del Golfo Persico, ma - per la sua storia 
        e per i suoi legami con al Qaeda - anche per gli americani". Ed è decisa 
        ad agire di conseguenza. Perché, anche se qualcuno tra gli alleati 
        europei sembra averlo dimenticato, la guerra al terrorismo 
        internazionale è già iniziata da tempo e quella contro l'Irak sarebbe 
        soltanto una escalation del conflitto. Per il governatore dello stato di 
        Washington, Gary Locke, a cui è stata affidata la risposta "ufficiale" 
        del partito Democratico al discorso sullo Stato dell'Unione, Saddam 
        Hussein è un "tiranno sanguinario che deve essere costretto ad 
        abbandonare la produzione di armi di distruzione di massa". "Appoggiamo 
        l'operato del presidente nei suoi confronti - ha concluso Locke - e 
        dobbiamo convincere il mondo che Saddam non è soltanto un problema per 
        l'America, ma un problema per tutto il mondo". Anche la 
        presunta divisione tra "falchi e colombe" interna all'amministrazione 
        Bush è ormai un ricordo da archivio. Il segretario di stato Colin Powell 
        continua a tentare la strada dell'esilio per Saddam, ma i suoi margini 
        di manovra sono sempre più ristretti. Il dittatore iracheno non sembra 
        avere nessuna intenzione di mollare la presa. E le sue ultime bellicose 
        dichiarazioni non aiutano certo chi prova, disperatamente, a cercare una 
        soluzione diversa dall'impiego della forza militare. Gli uomini politici 
        e gli analisti che si erano aggrappati all'Onu per prendere tempo, ed 
        insistere sull'opzione diplomatica, sono rimasti colpiti dal durissimo 
        rapporto presentato nei giorni scorsi dal capo degli ispettori Hans 
        Blix, in cui l'Irak viene praticamente accusato di boicottare ogni 
        tentativo di accertare la verità. E si fa sempre più strada la teoria 
        secondo cui gli Stati Uniti e i loro alleati non hanno affatto bisogno 
        di attendere una risoluzione delle Nazioni Unite per essere autorizzati 
        ad usare la forza. Per il semplice motivo che risoluzioni di questo 
        genere sono già state scritte da tempo. "C'è un 
        solo motivo - ha commentato il popolare speaker radiofonico David 
        Limbaugh - per ritardare ulteriormente un'azione militare contro l'Irak: 
        dare al nostro esercito il tempo necessario per prepararsi a colpire". 
        
        31 gennaio 2003 
        mancia@ideazione.com |